Uno spettacolo di Ferzan Ozpetek
Francesco Pannofino, Iaia Forte, Erasmo Genzini, Carmine Recano
e con Simona Marchini, Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Eduardo Purgatori
Scene: Luigi Ferrigno
Costumi: Alessandro Lai
Luci: Pasquale Mari
Teatro Diana di Napoli dal 6 al 24 aprile 2022
Cosa accade in una famiglia tradizionale del Sud Italia quando un figlio, anzi due, entrambi maschi, decidono di rivelare ai genitori la loro omosessualità? Questo tema tanto caro al regista Ferzan Ozptek è alla base della commedia Mine Vaganti. Per il regista turco si tratta della sua prima regia teatrale e lo ha fatto mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi lavori cinematografici più riusciti qual è Mine Vaganti, uscito nel 2010, grazie al quale ha ottenuto diversi premi. In effetti proprio la prima esperienza teatrale di Ozeptek non è in quanto nel 2012 ha allestito “La traviata”, l’immortale opera lirica musicata da Giuseppe Verdi che ha poi riproposto anche negli anni successivi.
Nella rappresentazione scenica la vicenda è ambientata in una cittadina del napoletano perché “una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo” come spiega lo stesso Ozpetek nelle note di regia. Protagonista è sempre la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, (forse per questo il regista ha immaginato Gragnano in quanto la cittadina è molto conosciuta per la produzione di pasta artigianale di alto livello e per il famoso “Panuozzo”) con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli.
Francesco Pannofino ha dichiarato che tra i motivi che l’hanno portato ad accettare di interpretare questo personaggio c’è stata la volontà di omaggiare il suo amico Ennio Fantastichini, scomparso nel 2018, che nella versione cinematografica interpretava proprio il ruolo del pater familias retrogrado.
Il livello degli attori è alto, bravo Erasmo Genzini, originario di Gragnano, nei panni di Tommaso figlio minore di Stefania e Vincenzo Cantone che torna da Roma nella sua città Natale per liberarsi finalmente del fardello del suo segreto ma viene preceduto dal fratello Antonio, interpretato da Carmine Recale, che lo batte sul tempo confessando la sua omosessualità alla famiglia innescando una bomba fatta di paura del pregiudizio dei compaesani, sconforto ed il continuo chiedersi “Ma come ho fatto a non accorgermene?”. Tra loro però ci sono mine vaganti fra cui spicca la nonna paterna, interpretata con amabile compostezza e naturalezza da Simona Marchini, che va oltre ciò che pensa la gente, oltre ciò che si vuole o meno per i propri cari ed accetta la realtà come è se questa offre la felicità a chi la rincorre. Anche lei a suo tempo ha dovuto accettare quello che le veniva imposto ed è stata condannata all’infelicità, per questo è comprensiva con i nipoti ai quali consiglia di vivere la propria vita anche fuori dagli schemi ma come loro desiderano. Iaia Forte riesce a trasmettere le ansie di una madre del sud che non accetta questa verità ma allo stesso tempo è pronta a difendere a spada tratta i figli; brillante Pannofino che regala momenti di spensieratezza e riflessione anche se non rende fino in fondo nei panni di una napoletano. Spassosa Mimma Lovoi che interpreta la cameriera ficcanaso che non manca di dire in giro quello che accade nella casa in cui presta servizio, giurando poi di non averlo fatto! Nel complesso lo spettacolo è godibile, interessante la scelta del regista di far interagire gli attori con il pubblico presente in sala e di rendere la platea parte integrante della scenografia. Va anche detto però che la piece teatrale non rende come il film, forse perché mancano alcune scene fondamentali che avrebbero regalato le emozioni cinematografiche o forse perché più che uno spettacolo teatrale ha la resa di un adattamento in teatro di una pellicola ed il linguaggio scenico non è tradotto in modo chiaro fino in fondo.
Simona Buonaura