(Peine d'amour perdue)
da Love's Labours Lost
di William Shakespeare
regia: Emmanuel Demarcy-Mota
con Muriel Inès Amat, Vítor D'Andrade, Ana Das Chagas, Valérie Dashwood, Cláudio Da Silva, Nuno Gil, Sarah Karbasnikoff, Heitor Lourenço, Horàcio Manuel, Aurélie Meriel, Nelson Monforte, Miguel Moreira, Marco Paiva, Maria João Pinho, Elmano Sancho, Gustavo Vargas
Napoli Teatro Festival Italia - Prima nazionale
Napoli, Maschio Angioino, dal 20 al 22 giugno 2008
Non si fa fatica ad essere d'accordo con un anglista del calibro di Gabriele Baldini: «Pene d'amor perdute» è «la prima opera di Shakespeare che ci dia, se non la misura, la garanzia e anche il carattere del suo genio». Tuttavia non si tratta di una commedia molto frequentata. E venendo a noi - ovvero a «Tanto amor desperdiçado (Peine d'amour perdue)», il suo allestimento in portoghese e francese che il Napoli Teatro Festival Italia ha presentato nel cortile del Maschio Angioino per la regia di Emmanuel Demarcy-Mota - c'è da chiedersi perché proprio i cugini d'oltralpe siano i più numerosi e assidui fra i pochi adepti citati. Ricordo, infatti, che appena cinque anni fa un altro regista francese, Dominique Pitoiset, realizzò al Carignano di Torino una messinscena di «Pene d'amor perdute» con i giovani usciti dalla scuola di Ronconi. E certo, a spiegare la faccenda concorre la circostanza che qui le fonti di Shakespeare sono quasi tutte rintracciabili, per l'appunto, nella storia di Francia: nei suoi «Mémoires», per esempio, Margherita di Valois racconta di una propria missione presso l'ex marito, Enrico di Navarra, in compagnia della madre Caterina de' Medici e di un «escadron volant» di altre dame. E a sua volta, lo sappiamo, il Bardo racconta di come il re di Navarra, Ferdinando, e i di lui compagni Berowne, Dumain e Longaville - tradendo il giuramento di votarsi per tre anni soltanto allo studio - perdano la testa per la principessa di Francia e le sue dame Maria, Caterina e Rosalina. Credo, però, che - a parte le circostanze d'ordine esterno - «Pene d'amor perdute» affascini i francesi soprattutto perché la commedia rivela il forte influsso di John Lyly e dell'eufuismo da lui imposto, con il fittissimo intreccio di artifici retorici e di elaborate metafore che quella maniera letteraria comporta: in breve, sospetto che i francesi scorgano nel testo in questione l'anticipazione del gusto rococò di un Watteau. Non a caso, del resto, Watteau e lo Shakespeare del quale discorriamo trassero entrambi ispirazione dalla Commedia dell'Arte, di cui ricorrono in «Pene d'amor perdute» i tipi fissi del soldato spaccone, del pedante e dello zanni. Ebbene, da tutto questo Demarcy-Mota ha tratto uno spettacolo nello stesso tempo rigoroso ed agile: che, tanto per dirne solo una, rende perfettamente i preziosismi del testo attraverso i movimenti circolari, come di un valzer, spessissimo attribuiti agli attori. E il tutto si esalta ulteriormente grazie alle sonorità non meno squisite che nascono dal mescolarsi del portoghese e del francese. Sulla bravura degl'interpreti, poi, s'imprime anche il sigillo di un'ironia demistificante, con quelle missive-rotolone che, nel corteggiamento, diventano più importanti dei canonici regali.
Enrico Fiore