di ELIO GERMANO E THEO TEARDO
liberamente tratto dal capolavoro di Louis-Ferdinand Céline
con Elio Germano, voce, Theo Teardo, chitarra e live electrionics,
e le musiciste Laura Bisceglia al violoncello, Ambra Chiara Michelangeli, viola, e Elena De Stabile, violino
MUSICHE THEO TEARDO
PERGINE VALSUGANA (TRENTO), 6 luglio 2019, nell'ambito di "Pergine Festival" 2019
Il viaggio immaginario tratto liberamente da Céline e andato in scena a Pergine Festival in un teatro Comunale tutto esaurito, è un pugno nello stomaco che fin da subito prende una direzione precisa e più che reale attraverso i mali sempre purtroppo attuali dell'uomo. Attraverso alcuni estratti emblematici di questo capolavoro letterario il duo Germano - Teardo, voce e musica, compiono tripli salti mortali continui di bellezza. Che porta da un lato il tormento del protagonista, dall'altro l'estasi dello spettatore, in uno spettacolo che proprio grazie alla fusione tra la sempre più incredibile bravura dell'attore con le composizioni del musicista pordenonese riesce completamente, va addirittura oltre esplorando il presente ma allo stesso tempo l'infinito con delle iperbole di struggente lucidità, paradosso dei paradossi. Atmosfere cupe e sonorità dalla forza vibrante a più non posso integrano la disperazione del protagonista Ferdinand, che anche attraverso un distorsore amplifica le impressioni e il proprio vissuto sofferente, al quale Elio Germano dà visibilità e forza espressiva, provocando emozioni a non finire nel suo alternarsi tra pacate considerazioni e l'altra parte di sé stesso, più presente, desolata disperazione. Un ansimare, il suo, rapportabile ai momenti lugubri della peggior specie, un viaggio immaginario che "tutti possono fare ma del quale è ben consapevole. L'intensa drammaturgia dello spaccato vivere di Ferdinand/Germano è un tutt'uno con le meravigliose musiche di Theo Teardo, suonate dal vivo assieme a tre archi di altrettanta intensa bellezza, in un crescendo destabilizzante che poi rientra, e poi ricresce, e così via. Il pessimismo acuto del protagonista che afferma che "è degli uomini, da loro soltanto che bisogna avere paura" scava in profondità le barbarie umane, in fin dei conti "si è tutti marci dalla nascita", e come tentare di contraddire questo? Tutto si contrappone e si pone, la guerra e l'imbarbarimento, nel bel mezzo del colonialismo, la bassezza delle persone, la rassegnazione delle stesse rinchiuse in vite non loro appartenenti, nelle catene di montaggio americane e non nella pienezza, e nella bellezza, del termine vita. Desolazione, rabbia e incognite varianti vivono e trasudano nell'irrequietezza disperata che Germano mette al suo protagonista, con ripetuti pugni sullo stomaco al pubblico che non ne può uscire indifferente. Capolavoro il testo, grandiosa l'interpretazione dell'attore romano, rasoiate incancellabili le note di Teardo. Uno spettacolo così dà allo spettatore la forza di uscire ribellandosi all'indifferenza, e lo fa incamminare sulla via della ricerca di equità, di cosiddetta normalità. Teatro di eccezione, questo, che conferma Elio Germano sempre più garante della riflessione, che invita ad avere un'inesauribile e assoluta voglia a pensare, a non fare del teatro un gioco noioso o impacchettato. E basta tutto questo per credere sempre di più al teatro come forma di espressione libera e fruibile a tutti? Si, e non solo, è addirittura determinante mi verrebbe da dire. Innovazione e respiro, creatività artistica, poetica e grande voglia di raccontare proprio, appunto, per far riflettere. C'è sempre bisogno di questo, e vedere un teatro che percorre questa direzione altro non può fare che bene al cuore e alla mente. Il numerosissimo pubblico, composto da moltissimi giovani, ma non solo, ha decretato un successo sincero, vivo, con insistenti applausi a tutti e cinque i protagonisti sul palco, che Pergine Festival ben farà a tenersi stretto come un vanto speciale. L'inferno descritto da Céline e raccontato da Elio Germano altro non rispecchia che i tempi bui degli esseri umani, spesso ancor di più tetri, purtroppo limpidi nella loro tragicità. E trovarsi immersi in questo può dare un passaggio consapevole, una sveglia definitiva dal torpore.
Francesco Bettin