di Riccardo Favaro
regia di Riccardo Favaro e Alessandro Bandini
con Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Flavio Capuzzo Dolcetta,
Marta Malvestiti e Petra Valentini
Vincitore Premio Scenario 2019
Milano, Teatro Bruno Munari 29 novembre 2019
Il capro che canta per primo
Il mese dei santi e dei morti conclude i suoi due ultimi giorni con le prime rappresentazioni di Generazione Scenario 2019 ospitate al Teatro Bruno Munari. Solo morti, niente santi: potrebbe essere questa la riduzione di "Una vera tragedia". Favaro propone un nuovo codice, uno stile a catena in cui ogni battuta si inserisce perfettamente nello schema drammaturgico e potenzia la successiva pur conservando un incalzante ritmo. Il linguaggio apparentemente semplice di un teatro ribaltato dove il testo scorre di fronte a chi lo guarda tentando a desideri perversi o giudizi perentori: se gli attori inciampano sulla battuta, se rispettano la sintassi, se danno senso a quei puntini di sospensione... In ogni caso, lo spettacolo non accondiscende ma oscilla costantemente fra illusione e proiezione. Contorna l'essere umano nel suo stato di perenne angoscia involucrata, costretta nell'apparenza di una camicia abbottonata o di un caschetto addomesticato; colpisce il mondo nel suo punto morto, creando una foschia pinteriana che trattiene tutti. Ciascuno ricerca sé stesso, in un mondo fatto di periferie uguali e centri uguali, e il suo angolo di spazio in una terra liscia e levigata. Curata insieme a Bandini, la trasposizione registica non permette e ottiene, promette e non mantiene. Obbliga a implodere le proprie risate, a nascondere lo stupore, a reprimere sentimenti spontanei dando fintamente per scontato che non sia una delle cose che l'uomo sia in grado di fare meglio. La scena zittisce pubblico e attori rendendoli passivi spettatori di una storia che ha fretta di finire, di una tragedia che deve definirsi 'vera' per non perdere la sua identità. Un'identità occulta che fugge dai nominales, si stacca dal suo concetto più astratto e si identifica in vita o in morte, che fluttua fra legami di sangue, passato e presente. In una società come quella odierna, in cui l'individualità è munita di login e password, totalmente burocratizzata, temporanea come i suoi codici di accesso, inconsapevolmente moltiplicata, a volte, la tragedia che si consuma è grottescamente auto-risolutiva e non più controllabile. Nel paradosso della discussione da salotto borghese, pacchianamente arredato, lo stato di incomprensione si rigenera ogni volta dando a marito e moglie la sensazione di essere doppelgänger sempre fuori posto, sempre inadeguati. La qualità psichedelica della scena universalizza questa dimensione, estendendola a tutti gli uomini e donne, rendendo il loro dialogo un copione già sentito e visto. Lo spazio è frammentato da un coordinamento rapido e tagliente, alternando i parametri classici da palcoscenico a strumenti di qualità contemporanea. L'abilità di Favaro e Bandini di scavare e ricercare a fondo nella natura umana e servirla, cesellata, in modo così intelligente, perspicace e fresco è doppiamente apprezzata per la giovane età dei due artisti e sta creando uno stile originale destinato a lasciare un'impronta indelebile nel suo percorso. Il sexting del testo di Favaro, in potenza e atto, ricorda "Il candidato" di Pinter e scoperchia una personalità che va via via scemando, che perde di senso nel momento stesso in cui viene pronunciata, che quando viene rivelata porta alla catarsi. Edipico. Forse così potrebbe essere definito "Una vera tragedia": il filo che si è ingarbugliato nell'evoluzione antropologica.
Giovanni Moreddu