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WINSTON VS CHURCHILL - regia Paola Rota

"Winston vs Churchill", regia Paola Rota. Foto Noemi Ardesi "Winston vs Churchill", regia Paola Rota. Foto Noemi Ardesi

Con Guseppe Battiston e Maria Roveran
Regia Paola Rota
Da "Churchill, il vizio della democrazia" di Carlo G. Gabardini
Scene Nicolas Bovey
Costumi Ursula Patzak
Luci Andrea Violato
Suono e musica Angelo Longo
Castelfranco Veneto (Treviso), Teatro Accademico, 1 marzo 2019

www.Sipario.it, 3 marzo 2019

Il vociare iniziale, quella serie di frasi dove spicca il pronome "io" più di tutto, sono significativi, quasi a voler evidenziare da subito l'impronta dello spettacolo, quanto di più chiaro per mostrare la spiccatissima e forte personalità del politico, della sua vita. In una sala gremita fino all'inverosimile, lo splendido gioiello settecentesco del teatro Accademico in quel di Castelfranco Veneto, è approdato lo spettacolo "Winston vs Churchill", con Giuseppe Battiston nel ruolo del titolo, con Maria Roveran co-protagonista. Un testo tratto da "Churchill, il vizio della democrazia" ("L'Europa ha un cuore di leone, ora dobbiamo darle il ruggito") di Carlo Gabardini, pubblicato per Rizzoli, che racconta degli ultimi giorni dell'anziano statista Churchill, qui visto in una veste più intima, quello di uomo svestito (ma nemmeno più di tanto a guardar bene) del suo ruolo di stratega e politico di importanza internazionale, piuttosto invece alle prese con la sua segretaria Margareth, colei che lo accudisce e con la quale scambia un dialogo a più strati. Nella bella scena circolare di Bovey dove trova spazio la sua poltrona, sulla quale si abbandona a rimuginare, e a riposare, e un mappamondo-simbolo, Churchill si muove abbastanza a suo agio nonostante gli acciacchi dell'età, con la ruvidezza palese di chi non deve chiedere niente a nessuno. La regia di Paola Rota bene mette in scena quello che dal testo di Gabardini arriva, come per esempio questa lotta contro tutti che Churchill fa comunque vedere anche a quell'età, sia se si tratta di fare i conti coi dolorosi ricordi di guerra (e le conseguenti tragicità), sia cercando con durezza di contrastare e contestare la sua infermiera, che con estrema pazienza cerca (sono passati solo 11 giorni dall'assunzione) di acclimatarsi. Vuole rendersi antipatico e, in un secondo momento, provare a spiazzarla continuamente, in un gioco che va verso l'annientamento psicologico. Ma Margareth è tosta, regge molto bene e con una certa arguzia l'importante personalità, para i colpi e contrattacca a sua volta, con pacatezza e deciso savoir faire. "Quando chiamo scattano tutti", le tiene a precisare Churchill , considerandola davvero irritante (cosa peraltro ricambiata), fino a che il "gioco" tra i due non si stabilizza, e allora vengono fuori ferite, sensazioni ed emozioni di forte natura, che diventano uno dei percorsi principali dello spettacolo. Battiston è un bravo attore, giustamente a pochi minuti dall'inizio spettacolo si infastidisce e richiama uno spettatore che ha osato scattare una foto, pur rimanendo impassibile nella sua recitazione, come fosse lo stesso Churchill che sta parlando e riprendendo le battute da dove lasciate, con un sangue freddo che lascia per un attimo intimoriti. Interpreta molto bene Churchill, rendendolo a tratti simpatico, gioviale, calandosi nel personaggio con una certa meticolosità. Certamente vien fuori, passando al setaccio il suo vivere, che ora (almeno ora) la depressione lo attanaglia, come afferma lo stesso protagonista proprio in uno di quei momenti di confessione a Margareth, ed è "l'unica cosa che gli ha fatto più paura di Hitler". Churchill è impegnato a tenere alto il carisma posseduto, conscio comunque di non averlo mai perso, ma è uno sforzo, a quel punto della vita, intenso da fare, soprattutto di fronte ai suoi fantasmi di guerra (e quindi di morte), alle sue debolezze sopraggiunte e che forse ormai lo imprigionano. In più, come se non bastasse, la dolce Margareth, alla quale dà vita una bravissima Maria Roveran, attrice molto raffinata che costruisce alla perfezione il suo personaggio, tiene testa al dualismo, che fa tenere col fiato sospeso dal primo all'ultimo minuto della rappresentazione, con un pubblico che (incidente fotografico a parte, del quale solo il responsabile deve prendersi la colpa) scruta attentamente ogni parola detta, ogni movimento dei due, accompagnandoli nel proseguo del tempo che scorre, nei loro confronti verbali, nel collocamento della storia, e che storia. Una Roveran che oltretutto sorprende non poco nei suoi canti sottofondo, valore aggiunto allo spettacolo, saggia intuizione registica da non tralasciare. Come incanta in un modo tutto suo la parte finale di quando, per non morire, i due giocano alle ultime parole proprio prima dell'eventuale andarsene. Come pure nei due blocchi dove Margareth riporta il dolore struggente in primo piano ricordando il padre, e quella sua ammirazione originale per lo statista britannico, o quando lo stesso Churchill ritorna a fare i conti con altri fantasmi e altri ricordi, le voci dei genitori. Molto interessante anche l'alternanza musicale, che sottolinea i confronti della mente. I tanti applausi agli attori, al termine, e le numerose chiamate sono stati il giusto tributo, che ha riconosciuto l'ottimo lavoro fatto.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Marzo 2019 19:59

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