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Juri Ljubimov 1917 - 2014

Juri Ljubimov Juri Ljubimov

Un ritmo incredibile, spesso frenetico, contraddistingue la lunga carriera di Jurij Petrovic Ljubimov e ne rende quasi impossibile una sintesi. È probabilmente il massimo regista teatrale russo contemporaneo, unanimemente ritenuto l'erede diretto dei grandi che segnarono il panorama russo degli inizi del secolo. Segnatamente di Mejerchol'd, maestro e modello – come lui - non solo di un modo di far spettacolo, ma soprattutto di un modo di intendere e concepire l'arte. Ljubimov ha trasferito nel teatro un ideale di umanismo e libertà che troppo spesso si è voluto far tacere; come Mejerchol'd, Ljubimov ha resistito per anni a censure e vessazioni di ogni tipo, vere torture psicologiche, culminate poi nell'esilio suo e di tutta la sua famiglia (la moglie Katya e il figlio Peter, appena nato, che lo hanno accompagnato negli anni terribili delle sue peregrinazioni fuori patria). In quegli anni, è un piacere ricordarlo, l'Italia fu la prima nazione ad offrire a Ljubimov ospitalità ed asilo. Da ormai quattro anni Jurij Petrovic trascorre le sue vacanze a Santo Stefano e qui, in un clima che ritiene ideale per la salute e la concentrazione, sono nati i suoi ultimi, clamorosi successi: da Il secolo d'argento a Fermate il progresso, al recentissimo (2005) Souf(f)le.

Attore cinematografico notissimo e molto amato dal pubblico, premio Stalin nel 1951, nel 1959 Jurij Petrovic diventa insegnante del prestigioso Istituto Vachtangov, dove, nel 1963, realizza con un gruppo di allievi un storica messinscena di L'anima buona del Se-zuan, di Brecht, che lo porta al trionfo. Dotato quant'altri mai di un senso incredibilmente denso del ritmo, di un'istintiva capacità di frazionare e collazionare i testi per procedere poi ad un montaggio vertiginoso dei quadri, riesce rapidamente ad imporre il suo stile provocatorio e dissacrante in un universo segnato dalla stanca ripetizione degli spettacoli classici. Nelle sue mani, il teatro si trasforma in un'arma pericolosa, sempre tesa a colpire e a mettere in discussione la realtà del tempo. Divenuto regista stabile e direttore del "Teatr na Taganke", avvia la collaborazione con Vladimir Vysockij, attore altrettanto istintivo e geniale, pronto a trasformare in tessuto di nervi e rabbia le immagini di spettacolo concepite insieme, con piani meticolosi, sempre più precisi, sempre più intensi. Si susseguono i successi, dall'Amleto a Pugacëv, a I dieci giorni che sconvolsero il mondo, a Ascoltate! Majakovskij, a Vita di Galileo, a Il giardino dei ciliegi...

Intanto Ljubimov trasforma in modo sempre più radicale la sua visione della regia. Innovazione e sperimentazione di soluzioni sceniche sempre più incredibili (realizzate in collaborazione con lo scenografo D. Borovskij), contaminazioni progressive dei testi, montaggi azzardati con fili scopertissimi che legano i testi alla realtà sovietica di quegli anni. Nascono le eccezionali riduzioni da romanzi, Delitto e castigo, Il maestro e Margherita, Živago (dottor). Fucina di talenti, la Taganka inizia a far scuola. Lo "stile" interpretativo di Ljubimov è tutt'ora perfettamente riconoscibile nella Demidova, in Šerbakov, nell'infinita serie di giovani che corrono al Taganka da ogni parte dell'URSS per lavorare col "Maestro". Per i gerarchi l'esistenza stessa di Ljubimov diventa un incubo. Non basta censurarne gli spettacoli e bloccarne l'esecuzione (Caligola, Marat-Sade, Il Suicida...): Ljubimov è un "corpo estraneo" (è l'atto di accusa concepito contro Mejerchol'd) da espellere al più presto, allontanandone il contagio dall'URSS. Il suo successo internazionale, consolidato con la messinscena de Al gran sole carico d'amore di Luigi Nono, alla Scala, nel 1975, e dai prestigiosi premi (il BITEF per l'Amleto, 1976, assieme a P. Brook e R. Wilson) sono motivo di imbarazzo. Infine, vigliaccamente, approfittando della sua chiamata a Londra per realizzare Delitto e castigo (1984), Ljubimov sarà espulso dalla Russia assieme alla sua famiglia: il direttore del teatro Taganka è in esilio...

Peregrino di teatro, seminatore eccellente di fermenti, neppure nell'esilio Ljubimov si fermerà. Bologna, Londra, Milano, Vienna, Varsavia, Bonn, Chicago, Stoccolma... La traccia della sua multiforme attività è sempre più incisiva: se lo si voleva far tacere, si è invece ottenuto di moltiplicarne la presenza in tutto il mondo. Quest'uomo, che non ha casa, sembra essere dappertutto! Finalmente, nel 1989, in piena perestroika, torna a Mosca, riabilitato. Ricostruisce, letteralmente, il suo teatro. Lo rende di nuovo "spazio liberato" in cui è possibile ricercare, costruire, sperimentare il nuovo. Con l'aiuto dell'infaticabile Katya, Ljubimov torna, in breve, ad essere il "maestro" indiscusso del teatro moscovita.

Ljubimov ci ha lasciato il 5 ottobre 2014.

Ultima modifica il Giovedì, 16 Dicembre 2021 09:59
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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