Milano, Piccolo Teatro
In memoria di Roberto De Monticelli,
a trent'anni della sua scomparsa.
Bene hanno fatto tutti a ricordare, a trent'anni dalla scomparsa, il critico teatrale militante Roberto De Monticelli, critico del "Corriere della Sera" nell'ultima parte della sua attività, ma il suo percorso parte da lontano come cronista, poi critico teatrale di giornali poco conosciuti, per giungere infine per un lungo periodo al "Giorno".
Bene ha fatto la famiglia De Monticelli a chiedere al Piccolo Teatro di Milano di concedere la sala di via Rovello (dove De Monticelli non perdeva occasione per stare vicino a Giorgio Strehler per studiarlo, indagarlo, promuovere i suoi attori e l'Istituzione dell'Ente pubblico, cioè il Piccolo Teatro, che allora concentrava tutte le sue produzioni in quel singolare e piccolo spazio sottratto a memorie indicibili di tortura, con i suoi "fiorettati" articoli) per questo tuffo nella memoria per "non dimenticare"; bene ha fatto l'editore Garzanti a ripubblicare il libro "L'Attore", editato per la prima volta nel lontano 1988, a dimostrazione di quanto amore, passione, l'uomo, il critico De Monticelli provasse per gli attori, centro determinante dell'azione scenica e protagonisti del "sentimento della parola".
Bene hanno fatto gli addetti al teatro, attori, amici, operatori culturali, pubblico eterogeneo a darsi appuntamento numerosi e commossi al rito del ricordo di Roberto De Monticelli nella sede del Piccolo Teatro.
Eravamo in molti, tutti attempati, alcuni acciaccati dal tempo, altri ancora con la voglia di sorridere, di guardarsi negli occhi, di ritrovarsi, cambiati, ma felici di rivedersi.
Peccato che non abbiamo visto i giovani che studiano teatro sia presso il Piccolo che nelle tante scuole di Milano, che aspirano al mondo dello spettacolo e che "conoscere" dovrebbe essere una loro necessità, un loro dovere, una loro responsabilità. Peccato!
Bene ha fatto il figlio di De Monticelli a montare un evento tutto teatrale: tre attori e due attrici (Giorgio Bongiovanni, Guido De Monticelli, Pia Lanciotti, Tommaso Minniti, Sara Zanobbio), molte proiezioni, che agiscono sul palcoscenico, già pronto con le scene della prossima ripresa di "Arlecchino servitore di due padroni" con l'inossidabile Ferruccio Soleri, protagonista storico, a cui tutti, istituzioni e pubblico, dovrebbero fare un monumento, con sotto scritta una semplice frase: "Grazie, Ferruccio!"
La serata si è articolata sulle parole scritte da De Monticelli, ricavate dai tanti articoli comparsi sia sui quotidiani che sui settimanali, e montate con sapiente alternanza.
Che De Monticelli amasse gli attori lo testimoniano i tanti articoli che ha scritto, usando un linguaggio forbito, quasi poetico per ciascuno di loro: li ha ricordati tutti, consapevole che passassero a futura memoria: Vittorio Gassman, "Mostro, sì, ma anche sacro", (Corriere della Sera del 5 febbraio del 1980); Sara Ferrati, "Uno scomodo mostro sacro" (Corriere della Sera del 5 marzo 1982); Dario Fo, "Un giullare del popolo" (Corriere della Sera del 14 giugno del 1974); Tino Carraro, "Una nostalgia di Navigli nella voce umida di Carraro" del 1981; e di tanti altri.
De Monticelli era un critico che non disdegnava anche le nuove formazioni, era curioso, attento a tutte le metamorfosi in atto di quel travagliato periodo che oscilla tra gli anni '60-'70, dove prevalevano più i linguaggi gestuali, gli spazi alternativi, a scapito della parola da lui tanto amata.