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LA SALA D'ATTESA - di Stefania De Ruvo

LA SALA D'ATTESA
Dramma in due atti sulla violenza contro le donne
di Stefania De Ruvo

Quando si parla di violenze sulle donne alcuni pensano che si tratti di una divisione inutile della violenza. Io credo che la violenza sulle donne abbia una “peculiare” unicità. Femminicidi, stupri e violenze domestiche hanno una caratteristica comune che si fonda sul rapporto tra uomo e donna e che vanno oltre le inclinazioni violente del singolo. E’ e rimarrà una violenza di genere. La sala d’attesa è una sorta di limbo dove un gruppo eterogeneo di donne si ritrova ad aspettare sempre qualcosa di diverso, non avendo consapevolezza di dove si trovano. Tutte queste donne sono state vittime della violenza degli uomini fino ad arrivare all’estrema conseguenza: la morte e rimarranno nel limbo fino alla presa di coscienza e all’attribuzione della colpa all’uomo in questione. Questo passaggio si otterrà con il ritrovamento della memoria. Infatti caratteristica comune di tutte le donne è l’assenza della memoria del proprio vissuto, chi solo degli ultimi giorni, chi di interi anni. L’uscita dalla sala d’attesa è il simbolo della liberazione dal senso di colpa e di responsabilità che accompagna e tiene imprigionate molte donne che subiscono violenza. La pièce è strutturata in dialoghi e monologhi. Questi ultimi, anche se riguardano la storia di donne diverse, vanno a formare un’unica successione, perché tutte le storie di violenza hanno caratteristiche comuni: l’inizio felice della relazione, il periodo di tensione ed infine la violenza. Durante lo svolgimento dell’opera le sei donne ricorderanno la loro storia raccontandola alle altre ed usando il tempo presente, perché rivissuta dalle protagoniste man mano che viene ricordata, senza essere contaminata dal ricordo finale della violenza.  La scelta di non dare un nome a queste donne è voluta per facilitare il processo di immedesimazione dello spettatore e per rappresentare il senso di smarrimento che si subisce con la violenza, infatti solo all’uscita dalla sala d’attesa le donne torneranno in possesso del proprio nome. Nel finale, uno spiraglio di speranza che queste tragedie possano, se non scomparire, almeno ridursi di numero.

Ultima modifica il Martedì, 04 Dicembre 2018 21:18
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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