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MARE DESERTO di Emilia Ricotti. Sinossi in italiano

MARE DESERTO
di Emilia Ricotti

"Mare deserto”, attraverso il lungo monologo di Danhaile e il lamento di una donna, emblema delle madri dei caduti nel Mediterraneo, entra nell’anima di uno dei tanti barconi dei migranti, quello in questione parte il 25 marzo 2011 dalla Libia con 72 persone a bordo e rimane alla deriva per quattordici lunghissimi giorni.
Il dramma dei nove sopravvissuti pone pressanti interrogativi, va alla ricerca di precise responsabilità e ripercorre il lato oscuro della storia dell’Occidente.
Da “Mare deserto” DANHAILE
“Noi abbiamo tagliato le bottiglie di plastica d’acqua vuote, e ci abbiamo bevuto dentro la nostra orina,
pausa breve
capisci?
L’abbiamo bevuta per quindici lunghi giorni, abbiamo miscelato acqua di mare, orina e dentifricio per togliere all’acqua il sapore del sale e l’abbiamo bevuta!
E’ orribile! Lo capisci?
Ed io voglio spiegarti che a berla ti senti l’ultimo degli uomini sulla terra, devi vincere l’orrore, perché non c’è un sodato o un gerarca che ti porge una bottiglia e ti dice: dai bevi!
No, non c’è, lui non c’è!
Non c’è nessun lui!
Sei tu che hai ancora voglia di vivere, di continuare a vivere, nonostante il gelo di notte, la luce accecante di giorno, il cibo che manca, il mare che rulla, per raccontare la morte in diretta, e quel calice amaro che non ti porge nessuno , ma che quasi cerchi con furia, non è una storia balorda, una sfida da bulli.
E’ l’opera di fantasmi lontani che non puoi toccare con mano, guardarli negli occhi, né mentre bevi dal calice riempirti la bocca e sputargliela in faccia.
Sono fantasmi lontani, con giacca, cravatta, valigetta; fantasmi impeccabili che stanno alla luce del sole, seguiti, ossequiati, beati e tu con la morte in diretta per 342 ore, per quattordici lunghissimi giorni, tallonato, scortato, scrutato, l’hai vista! Lei veniva, andava e tornava, e non dimenticava la barca, era padrona assoluta! Tampone in mano, lancette indietro e quando il torace scoppiava, rimaneva signora di quei petti squassati, se ne andava, ma per poco!
Poi tornava prepotente sempre in cerca di una mente che traballava e la aiutava ad oscurarla, di un cuore che accelerava e lo spingeva a scoppiare, lei era fatta di queste corse continue, un andirivieni incessante, a volte non la vedevi arrivare, come quando ti si accostava impaziente e ti addormentava col gelo, e ti lasciava disteso e lo capivano gli altri solo con la prima luce del giorno che quello era il sonno dei sonni.
La morte in diretta che ti alitava sul collo e tu l’avresti voluta abbracciare, per finirla col mondo, per non restare a guardare, ma forse, chissà qualcuno me l’ha scostata dal collo, perché raccontassi 342 ore sul mare. (con tono determinato) È per questo che devo raccontare, devo raccontare! E qualcuno, scusami se dico devo, ma deve ascoltare e immaginare di essere stato su quella barca e su quella di tutti i migranti.”

Ultima modifica il Mercoledì, 30 Ottobre 2013 18:08
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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