La Compagnia del Violangelo di Violetta Chiarini, ha concluso a Casperia (RI) le manifestazioni, per la stagione teatrale in corso, del progetto "Teatro in Provincia- anno II: 14 Teatri x 30 Autori", promosso dal Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea (Ce.N.D.I.C.), diretto da Maria Letizia Compatangelo, che ha per scopo la valorizzazione degli autori di teatro italiani viventi e la diffusione delle loro opere nel mondo. Il progetto, ideato da Duska Bisconti, con la collaborazione di Antonia Brancati e Paolo Valentini, ha avuto un ottimo riscontro ed è stato presentato prima in 10, poi in 14 teatri di altrettante città italiane, per due stagioni consecutive.
A Casperia – suggestivo borgo medioevale della Sabina e la più piccola delle città partecipanti alla kermesse teatrale, per la maggior parte capoluoghi di provincia – il successo dell'iniziativa è stato particolarmente brillante, grazie al livello artistico delle mises en éspace curate da Violetta Chiarini presso il Centro Culturale Piccolo Teatro del Violangelo, da lei creato e diretto, cui hanno partecipato validi e apprezzati professionisti della scena teatrale italiana, alcuni dei quali pure noti volti televisivi, ed anche giovani talenti del territorio sabino. Tra i primi ricordiamo Liliana Paganini, Stefano Skalkotos, Vito di Bella, Emanuele Vezzoli, Alberto Patelli, Marina Vitolo, Cristina Fondi, Daniela Igliozzi, Nicola Caccavelli, Patrizia Casagrande, Andrea Rettagliati, Angelo Grieco. Tra gli attori sabini ricordiamo i giovanissimi Gioele Donati, Giuliano Maria Bonci e Mario Sabatino; inoltre: Simona Balducci, Nicola Pensabene, Jessica Fainelli, Andrea Gesmundo, Serena Sciarra, Fabiana e Daniele Cocchi, Lucia Donà, Benito Bocci, Miranda del Sasso. E non dimentichiamo la partecipazione, nelle prime manifestazioni del 2013, dei musicisti Teresa Peruzzi e Max Costanzi del Conservatorio Briccialdi di Terni e Carlo Posio del Notturno Italiano di Radio RAI. Un nutrito manipolo di interpreti, sempre festeggiati dal pubblico locale e da quello romano, data la vicinanza di Casperia alla Capitale, per dare corpo e voce a testi di una schiera variegata di autori.
Gli ultimi presentati nella serata conclusiva del 25 aprile scorso sono stati Enrico Luttman, Guglielmo Masetti Zannini, Paolo Puppa, Francesco Randazzo e Angela Villa. Anche stavolta le musiche di scena erano songs, lieder e romanze cantati da Violetta Chiarini e tratti dal suo repertorio di canzoni e di musica classica leggera. Dopo un famoso brano d'operetta a mo' di sigla, la performance si è aperta con "Alice" di Francesco Randazzo, dialogo al telefono tra un lui e una lei, interpretati da Stefano Skalkotos e Violetta Chiarini, che hanno saputo evidenziare in chiave brillante l'ambivalenza di un rapporto erotico al suo nascere. La regia della Chiarini ha valorizzato un aspetto peculiare del testo, quello che ripropone, in chiave inusuale e raffinata, l'antico genere del "contrasto", l'amore a dispetto. Chiosa musicale la canzone "Alice", come il titolo del testo.
E' seguito poi il monologo "Concetta ricorda" di Guglielmo Masetti Zannini: una signora siciliana settantenne racconta la sua disavventura al cimitero, dove ha passato in rassegna numerose tombe prima di salire con una scala al primo piano del colombario e trovare quella del cugino Rocco, carbonizzato in un incidente aereo, circostanza di morte che lei rifiuta di accettare. Per sfuggire alla giustizia, un picciotto ricercato si è rifugiato in un loculo e Concetta scambia la sua voce per quella di Rocco, secondo lei sepolto vivo. A questo punto cade dalla scala battendo la testa e scambia la spoglia stanza d'ospedale dove è stata ricoverata per la sua camera da letto di casa, che lei crede trasformata e privata di mobili e oggetti a lei cari ad opera della figlia Gemma. Tra ricordi confusi, la signora realizza alfine di essere all'ospedale, si sente guarita, affrancata dal pensiero ossessivo di Rocco ed esprime la volontà di tornare a casa e di pensare di più a se stessa. Un testo fine e garbato nella sua originalità, pervaso di bizzarre e piacevoli atmosfere siciliane, cui l'interpretazione di Violetta Chiarini ha conferito il valore aggiunto di una delicata malinconia, mista ai toni divertiti e divertenti di un personaggio svanito e incapace di sapersi collocare nel tempo e nello spazio, ma con frequenti accenti di autoironia. La stessa che si ritrova nella strofa di "Rassettando le vele", la canzone a commento che conclude il corto.
E' seguito un estratto da "Ponte all'Angelo" di Paolo Puppa, con due personaggi: un archeologo veneziano sessantenne e un suo amico venticinquenne morto trent'anni prima e inconsapevole di esserlo, riapparso in forma di angelo con tanto di ali. Il professore, turbato dalla vista del fantasma, che se ne sta altezzoso in alto sul ponte veneziano dell'Accademia, si domanda se egli stesso sia vivo e se la sua testa funzioni a dovere, anche perché non sente la voce dell'angelo. Questi, invece, lo ascolta e, con toni sempre più aggressivi, fa commenti canzonatori e sprezzanti sul professore, che racconta episodi di quando il ragazzo era in vita e filosofeggia ed elucubra sull'Aldilà. I due dialogheranno, comunque polemicamente, solo alla fine della scena, quando il professore chiederà invano al fantasma, che continua nel suo linguaggio salace e scurrile, la spiegazione del mistero che li circonda. Un testo, come altri di Puppa, peraltro apprezzati sul piano letterario, di ridotta dimensione teatrale, tuttavia non privo di fascino, potenziato dalla regia con la chiosa di un lieder di Mahler. Molto applaudita la vivificante interpretazione di Stefano Skalkotos, nel doppio ruolo del professore e dell'amico morto.
E' seguito "Scusami amore" di Enrico Luttman, un dialogo-scontro, ambientato in un treno, tra un marito-padrone e una moglie sottomessa, incinta di quattro mesi, che lui accompagna ad abortire. Lei sente che non sta per fare la cosa giusta e prega in silenzio la Madonna perché le mandi un segno di conferma. Il treno si blocca inaspettatamente e riparte nella direzione opposta. Lei tenta in tutti i modi di comunicarlo al marito che sonnecchia russando, ma ogni volta lui glielo impedisce e le impone il silenzio, salvo poi a rinfacciarle di non averlo avvertito in tempo. E quando lei riesce a dirgli della sua preghiera e del significato di quel provvidenziale contrattempo, lui, che teme di non riuscire a realizzare il suo progetto abortivo, la maltratta e si prepara a scendere e a farla scendere dal treno. Finalmente lei ha un moto inaspettato di ribellione, soffocato però sul nascere dal crescendo della collera incredula di lui. La donna dovrà soccombere di nuovo, mentre ripeterà, ancora una volta, "Scusami, amore!"?? A nostro avviso il finale è aperto in questo crudo interessante testo in cui Luttman dipinge con rade pennellate a tinte forti certi aspetti della condizione femminile e del rapporto uomo-donna. La coppia era formata anche stavolta da Skalkotos e dalla Chiarini. Di grande efficacia l'attore italo-greco nel ruolo del marito collerico e violento e l'attrice-regista in quello della moglie inconsapevolmente succube, che lo giustifica per amore. Momento interpretativo particolarmente felice quello in cui il personaggio di lei ha un sussulto di autocoscienza e di coraggiosa dignità, privo tuttavia di forza per una reazione di riscatto. Chiusura musicale appropriata il refrain di "Surabaya Johnny", dall'opera "Happy end" di Brecht-Weill - cantato in tedesco da Violetta Chiarini - che nella traduzione italiana conclude: "Tu non hai cuore, Johnny, ma io t'amo così tanto!"
E' stata poi la volta di "Materdei", un corto di Angela Villa sul personaggio della madre davanti al cadavere del figlio per il riconoscimento. Tre momenti drammatici resi con diversa valenza interpretativa da Violetta Chiarini, che ha dato vita a tre madri straziate dallo stesso dolore, pur nella differenza del modo di manifestarlo e delle circostanze esterne. La prima madre è una moldava, ingannata dall'uomo in cui ha creduto, che l'ha obbligata a prostituirsi e l'ha portata a partorire in una struttura dove lei scopre un traffico di organi di bambini che vi entrano e non escono più. Il suo bambino ha fatto la stessa fine e lei, una sera in cui l'uomo trafficante la picchia per costringerla ad andare in strada, riesce a difendersi e lo uccide con un coltello da cucina, come ha visto fare con i maiali al suo Paese. Chiamata per il riconoscimento dichiara senza difficoltà di essere lei l'assassina. L'attrice ha dato al personaggio la forza del dolore rabbioso che sfocia nella violenza giustiziera. La seconda madre si rifiuta di riconoscere, nel corpo che ha davanti, il proprio figlio omosessuale, ucciso a calci e pugni da un gruppo di giovinastri omofobi. Lei vuole conservare l'immagine del figlio vivo, ma alla fine dovrà accettare la realtà. In questo personaggio l'attrice ha espresso il dolore come ferita che sanguina, resa più insopportabile da conflitti, dubbi e rimpianti per quello che la madre avrebbe potuto o dovuto fare in merito alla condizione del figlio. La terza madre, infine, ha scoperto la morte del figlio riconoscendone gli effetti personali tra i resti del treno Novecentoquattro, dilaniato dalla bomba di un commando terrorista. La Chiarini ne ha dato un'interpretazione asciutta, di madre impietrita in un dolore disperato, ma lucido, che inaridisce in lei il gusto della vita. Versi poetici vestiti di note, ora duri, ora elegiaci, sono stati intermezzi canori nel monologo delle tre madri e "Domani potendo", una poesia pacifista in musica, è stata il commento finale del trittico e la sigla di chiusura dello spettacolo. "Materdei" di Angela Villa ha ottenuto il maggior numero di voti dal pubblico attento e caloroso che, come nelle serate precedenti, al termine della manifestazione - registrata in video dal giovanissimo filmmaker Emanuele Lotti - ha votato il testo preferito.
Fernando Bevilacqua