scritto e diretto da Maria Letizia Compatangelo
con il Trio Metamorphosi
Angelo Pepicelli / Rudolf Serkin - pianoforte
Mauro Loguercio / Adolf Busch - violino
Francesco Pepicelli / Hermann Busch - violoncello
Roma – Teatro Tor Bella Monaca 21 maggio 2023
Per chi non è di Roma, è bene raccontare il quartiere di Tor Bella Monaca. Una delle periferie nota alle cronache per episodi incresciosi. Un tempo luogo dove vivere era davvero difficile. Non che oggi sia tutto rose e fiori, ma certamente le condizioni nel quotidiano sono di gran lunga migliori. E a non poco, è lecito pensare, il Teatro Tor Bella Monaca è giovato. Ovunque vi sia un palco, un sipario, una platea e una compagnia di attori più o meno numerosa, ecco risorgere quel desiderio di ricerca del meglio, quella volontà di scoprire orizzonti nuovi, quella brama di far luce ad ogni costo anche quando il buio appare impenetrabile e infinito.
E non vi sarebbe potuto essere palco migliore di questo per ospitare uno spettacolo davvero delizioso, capace di creare ed evocare un’atmosfera di intimità, di condivisione autentica, di potenza che scaturisce da anime belle che di arte si sono sempre nutrite e questo vogliono raccontare al mondo, null’altro che questo. Lo spettacolo in grado di aver dato vita a tale magia è Beethoven in Vermont.
Una storia che rievoca quella raccontata da Claudio Magris nel suo Lontano da dove. Due ebrei mitteleuropei si incontrano. Uno ha la valigia in mano, pronto ad emigrare negli Stati Uniti d’America. “Vai lontano”, gli dice l’ebreo che resta. E l’altro: “Lontano da dove”?
Una storia degna d’un Joseph Roth, quella di tre noti musicisti – Adolf Busch, Hermann Busch e Rudolf Serkin – fuggiti dalla follia nazista, che hanno avuto il coraggio di rinunciare alla cittadinanza tedesca e che nel 51, negli Stati Uniti d’America, al Marlboro Music Festival, debbono inaugurare un nuovo modo di fare e insegnare musica, all’insegna della libertà. Come fare? Quale musicista scegliere? Attingere alla tradizione della Germania? E quale altra, poiché l’hanno nel loro animo. Non vi è altra possibilità. E fra i tanti compositori? Lui, ovviamente, l’immenso Beethoven. E non un’opera qualsiasi, ma la 97, L’Arciduca, dove sono contenuti in potenza i suoi capolavori futuri, tutti all’insegna della collaborazione e della fratellanza tra popoli.
Al di là della bravura esecutiva del Trio Metamorfosi – Angelo Pepicelli, Mauro Loguercio, Francesco Pepicelli –, dell’intensità dei vari brani interpretati, quello che ha stupito è stata la capacità di proiezione della potenza contenuta in un microcosmo che ha letteralmente investito il pubblico. E lo ha fatto con una discrezione ed una dolcezza davvero uniche. Malgrado la recitazione non perfetta del Trio, la sensazione di passione per la propria musica, i valori irrinunciabili dell’arte, la ricerca del bello come unica via di ricostruzione dell’animo umano bruttato da anni di guerra fratricida: tutto questo, è stato presente e il pubblico lo ha avvertito in pieno.
Ciò è potuto accadere perché il Trio Metamorfosi ha recitato, seppur senza un grande ritmo nell’agire teatrale, nel solo modo loro possibile: rendendosi tramite della potenza della storia che stavano interpretando.
Eccome se ci sono riusciti!
Pierluigi Pietricola