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XXIX edizione di RAVENNA FESTIVAL - "Lo splendore di Aleppo". - di Giulia Clai

Ravenna Festival - Lo splendore di Aleppo Ravenna Festival - Lo splendore di Aleppo

LO SPLENDORE DI ALEPPO
Canti d'amore e di lode delle comunità siro-cristiana, armena, musulmana e giudaica
Razek-François Bitar controtenore
Salim Saroueh violino
Nabil Hilaneh oud
Georges Saade riqq e darbuqa
narrazione Paolo Scarnecchia
Ravenna Festival, Chiostro della Biblioteca Classense, 15 giugno 2018

Lo splendore di Aleppo: un viaggio tra i canti d'amore e di lode della Siria

Aleppo, simbolo della musica di tutto il Vicino Oriente, soprannominata La capitale del Nord in Siria, città culturale e cosmopolita, ha origini che affondano indietro di 5000 anni, con documenti che la citano negli archivi degli Ittiti, di Mari e di Ebla del II millennio a.C., dove appare come capitale del regno amorrita di Yamkhad. Venerdì 15 giugno, alla Biblioteca Classense, è stata celebrata dal Ravenna Festival ricordandola attraverso i canti d'amore e di lode delle comunità siro-cristiana, armena, musulmana e giudaica.
Simbolo della musica di tutto il Medio Oriente vantava fino a cinque anni fa una popolazione variegata che includeva arabi, armeni, curdi, circassi e turchi, inoltre, con 300.000 cristiani di dieci diverse confessioni, era la terza maggiore città cristiana del mondo arabo, dopo Beirut e Il Cairo.
In soli cinque anni questa tappa obbligata sulla via della seta e per i pellegrini in viaggio verso Gerusalemme e La Mecca è stata ridotta alla scheletro di se stessa, ad un cumulo di macerie, da cui la popolazione è ora in gran parte fuggita.

Aleppo

Tra le gemme della ricchezza culturale e cosmopolita di Aleppo erano custoditi un patrimonio di canti liturgici e devozionali cristiani e delle comunità siriache e armene, che non aveva eguali, assieme alla muwashshah, poesia strofica con ritornello di origine medievale, fiorita nelle corti della Spagna musulmana. I suoi musicisti ad Aleppo condividevano non solo lo spazio urbano, ma anche forme, scale modali, strumenti e stili musicali, erano un intreccio di culture che comprendeva le radici storiche della civiltà sefardita e il prezioso repertorio di canti della tradizione ebraica, e che vedeva nel celebre Codice di Aleppo, uno dei più antichi manoscritti del testo masoretico, in ebraico, dell'Antico Testamento.
Il concerto, presentato nella perfetta cornice del chiostro della Biblioteca Classense, ha riproposto la memoria imperitura della multicolore cultura di questa città antica, nella diaspora di alcuni dei suoi più illustri figli. Un tributo al passato che è anche faro per il futuro, speranza che la musica sia ancora una volta veicolo delle ragioni della cultura, che fioriscono nella cooperazione tra le genti. Un omaggio alla spiritualità e al dialogo interreligioso, un inno all'eternità del sacro che incontra la tragica attualità dei nostri giorni, all'insegna della musica che unisce.
I quattro musicisti siriani in scena, che ora vivono in diverse città d'Europa (il controtenore Razek-François Bitar, il violinista Salim Saroueh, il suonatore di oud Nabil Hilaneh e il percussionista Georges Saade) sono stati presentati ed accompagnati con precisione e commozione dal musicologo Paolo Scarnecchia. Il concerto è stato sviluppato secondo un programma diviso in quattro parti unite dal tema dell'amore, declinato in chiave sacra, mistica e profana, che vogliono rendere omaggio alle diversità culturali e religiose della città. Gli artisti hanno fatto rivivere la ricchezza multi religiosa di questa città, con canti devozionali di diverse confessioni cristiane, tra le più antiche esistenti e presenti da sempre sul suolo aleppino, e hanno ridato mirabilmente voce ai cantori di Aleppo, che godevano di grande fama in tutto il Vicino Oriente, con l'esecuzione di alcune muwashshah e di canti profani e devozionali, simbolo storico di convivenza civile e tesoro culturale mediterraneo di inestimabile valore.
I canti sono stati eseguiti da Razek-François Bitar in timbro più da falsettista che da controtenore, e in alcuni brani nel registro tenorile, mostrando pari maestria, agilità vocale e intensità emotiva. Tuttavia, benché si sia trattato di un concerto di canti, è questo un raro e prezioso caso in cui i musicisti sono tutti totalmente, ugualmente e mirabilmente protagonisti.

Giulia Clai

Ultima modifica il Domenica, 17 Giugno 2018 12:16

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