Shakespeare a ritmo di pizzica
In uno spazio temporale metaforicamente assimilabile al passaggio dal baco alla farfalla – lo dichiara la stessa regista Loredana Scaramella - si aprono orizzonti di crisi, occasioni di crescita, metamorfosi dello spirito, delle coscienze, delle persone. E Molto rumore per nulla - terzo appuntamento prodotto dalla Politeama di Proietti per il pubblico romano del Globe Theatre, stagione 2015 - incarna proprio questi aspetti in ombra.
La morte di uno stato, presupposto di rinascita a nuova vita, come per incanto scioglie gl'intrecci e il fluire delle cose riprende il suo corso agile e semplificato da una nuova maturazione.
Ambientata in una Sicilia che la regia di Scaramella ha preferito trasportare in Salento, la pièce di Shakespeare ne conserva la stessa luce maggiormente accecata dal reverbero dei candidi panni stesi. Metafore di maschere depositarie di verità recondite, queste tende fatte di lenzuola al sole, dall'eco vagamente strehleriana - si pensi al memorabile Giardino dei Ciliegi che il regista triestino allestì nel 1973 - nascondono e rivelano i punti nodali dell'intera trama, a seconda delle varie esigenze drammaturgiche incontrate via via nel cammino di scrittura scenica.
Da una calunnia può sbocciare un nuovo amore, o un amore antico può esser riportato a nuova vita in Ero e Claudio; disprezzo assoluto e risentimento possono accendere, o rinvigorire, la fiamma travolgente di una passione profonda, in Beatrice e Benedetto; grazie a un guitto, Baldassarre, si può trovare la chiave di volta di una verità essenziale non solo per i singoli quanto per l'equilibrio di un'intera comunità.
Tutto fa rumore ma è un rumore fine a se stesso, tanto vale riscaldarne il suono con la danza travolgente di una pizzica, che esprime le mozioni primordiali dell'animo umano e getta sulle cose della vita una patina di allegria, ironia e leggerezza per portarci verso una visuale più lucida e complessiva.
Un cast ben affiatato si è però lasciato prendere la mano da una recitazione volutamente sopra le righe, qualche volta, ma ha anche testimoniato alcuni passaggi degni di nota per l'uso della voce nella recitazione e nel canto. Carlo Ragone, l'unico attore chiamato ad interpretare due ruoli – Corniolo e Baldassarre – ha dato prova di grande forza scenica, così come i personaggi cosiddetti minori dell'intero cast hanno sfoggiato una preparazione fisica degna dei Comici dell'Arte.
Peccato qualche sbavatura nella recitazione un po' cantilenata del ruolo della sagace Beatrice, che una buona intesa scenica ha solo in parte perdonato.
Resta il miracolo di una messa in scena con ben 17 attori, plasmati da una direzione dall'intuito brillante e felicemente imbevuta della scuola del maestro Proietti, a testimonianza di un teatro ancora possibile, certamente vivo, assolutamente richiesto – il teatro era strapieno nonostante le tre ore di spettacolo e il caldo insopportabile - e molto desideroso di giuste sovvenzioni per continuare a divertire, tanto quanto svegliare e far riflettere le coscienze.