Abbraccialo per me
di Vittorio Sindoni
Con Stefania Rocca, Vincenzo Amato, Moise Curia, Giulia Bertini, Pino Caruso
Italia 2015
Se Truffaut fosse nato a Capo d'Orlando
Il piccolo Francesco (Giovanni D'Aleo), che tutti chiamano "Ciccio Tamburo" per la sua fissazione per le percussioni, vive con la mamma Caterina (Rocca), il papà Pietro (Amato) e la sorella maggiore Tania (Giulia Diberti) in un piccolo centro della Sicilia. Si comporta in modo strano e per questo la madre litiga spesso con la vicina pettegola (Loredana Martinez); Francesco ha un rapporto speciale con la coetanea Stella (Giulia Cappelletti) e, quando il padre (Bruno Bilotta), ufficiale in carriera, viene trasferito e lei deve partire, il bambino cerca di trattenerla con la forza, destando nuovi commenti dai vicini e l'ira di Pietro. Caterina è sempre più protettiva con quel ragazzino difficile, ora adolescente (Curia) e riesce a convincere il marito a comprargli una batteria, Lo strumento, che lui suona a qualsiasi ora, apre un nuovo fronte con i vicini ma lui sembra aver trovato una valvola di sfogo alla propria inquietudine. Tania (Bertini) gli presenta dei sui compagni di scuola che hanno un complessino e cercano un batterista. Lui è felice di provare con loro ma quando deve esibirsi va spesso in crisi, così come non riesce ad affrontare lo scoglio degli esami scolastici. Lo aiuta un po' la Contessa (Paola Quattrini), una vicina che gli dà ripetizioni e gli fa ascoltare della musica, Un giorno che è da lei, Francesco le ruba dei soldi – ma nella sua mente è stato un inesistente nipote Giampiero (Alberto Lo Porto), il suo Uomo Nero, a commettere il furto – e con quelli prende il treno per Palermo e va al Conservatorio per iscrivervisi come batterista; quando la segretaria (Valentina D'Amico) gli dice che non risulta in alcun elenco, dà in escandescenze e viene riportato a casa dal Maresciallo Calogero (Paolo Sassanelli), amico, confidente e anche un po' innamorato di Caterina. Pietro è sempre più esasperato delle stranezze del figlio, delle chiacchiere e delle risate dei compaesani e dell'interesse esclusivo che la madre (e la figlia) dedicano al ragazzo. Un giorno Francesco, capitato nel negozio di articoli da regalo del padre, lo sorprende – non visto – mentre fa l'amore con una turista (Cinzia Scaglione); ne ha uno shock ma non dice niente. Qualche tempo dopo il complesso viene invitato a suonare in un matrimonio importante e gli altri ragazzi convincono Francesco ad andare con loro. Caterina, felice, gli compra una sgargiante e costosa giacca e con Tania va a vederlo suonare. A casa li aspetta Pietro, inferocito di non aver trovato nessuno e di aver dovuto cenare a panini, che aggredisce la moglie, Francesco la difende e, nella foga, racconta cosa ha visto nel negozio; la lite che consegue vede l'uomo fare la valigia ed andarsene. Le crisi di Francesco si acuiscono e la madre cede alle insistenze della figlia e lo porta da uno psichiatra (Rodolfo Baldini) che accetta di non ricoverarlo a patto che lei sia regolarissima nel dargli i vari medicinali di cui ha bisogno. Caterina fa quello che può ma Francesco peggiora a vista d'occhio e così viene ricoverato in clinica dove il primario (Luigi Diberti) lo metto in un regime di cure drastiche. Caterina, ogni volta che lo va a trovare lo trova sempre più abulico ed assente e, alla fine, con un colpo di testa se lo porta a casa. Una notte il ragazzo si sveglia urlando, sostenendo che Annamaria è morta e che la ha uccisa Giampiero; il maresciallo conferma che la Contessa è effettivamente deceduta ma per cause naturali. Tutte le cure hanno, intanto, minato la salute di Francesco, che viene ricoverato d'urgenza con una grave crisi cardiaca. In ospedale, la cardiologa (Lucia Sardo) dà poche speranze a Caterina e lei, disperata, sale in terrazza pronta a gettarsi di sotto, la ferma il maresciallo e, poco dopo, arriva la notizia che il ragazzo è fuori pericolo. Qualche tempo dopo Caterina chiama Pietro – ormai diabetico e male in arnese – e gli chiede di vendere il negozio per le cure del figlio, il marito, disperato ed arreso, accetta ma di lì a poco muore (anche questo Francesco lo aveva pre-visto) e Caterina decide di non vendere più il locale per rispetto alla volontà del pover'uomo. Ora però è Tania ad intervenire ed a convincere la madre a portare il figlio in una struttura di accoglienza; lei acconsente ma è pronta a riportarlo indietro: solo lei sa come curarlo! Arrivati al Centro, Francesco trova nel salone un complessino che sta provando e ha bisogno di un batterista, la cantante Giulia (Francesca Pasquini), lo prende per mano e – dicendogli che senza la musica lei non ce la farebbe a sopportare la vita – lo accompagna allo strumento ma ecco che si materializza, ironico ed aggressivo, Giampiero. Lui sta per fuggire ma Giulia lo incita ad affrontarlo e attacca a cantare "Ti regalerò una rosa", lui suona con gli altri e all'applauso finale si aggiunge, pacificato, Giampiero.
La follia al cinema è stata spesso frequentata (basta pensare al Gabinetto del dott. Caligari di Robert Weine del 1920), si va dai drammatici La fossa dei serpenti di Anatole Livtak, Giorno per giorno, disperatamente di Alfredo Giannetti, David e Lisa di Frank Perry, Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman a commedie di vario genere (Cose da pazzi di Georg Pabst, Alta tensione di Mel Brooks, Il medico dei pazzi di Mario Mattoli). Sindoni, che conosce da vicino le traversie del disagio, fa un'operazione diversa: tutto è visto con gli occhi dolenti ed amorosissimi della madre, senza retorica né tecnicismi psichiatrici, secondo la sua peculiare qualità autoriale. Il grande pubblico lo conosce come regista di successi televisivi (Butta la luna, Il capitano, La mia casa è piena di specchi) ma in realtà lui nasce regista cinematografico di grande sensibilità e duttilità: ha vinto importanti premi con Gli anni struggenti, ha raccontato come nessun altro ha saputo fare gli anni bui del terrorismo in Una fredda mattina di maggio e con Amore mio non farmi male e Son tornate a fiorire le rose, compone un piccolo quadro sentimentale, con stilemi che ricordano – aggiornati alla nostra cultura – quelli di Truffaut. E che sia un grande regista-artigiano lo si coglie, in Abbraccialo per me, nella grande cura nella direzione del cast: tutti, dalla rivelazione di Braccialetti rossi Curia, alla Rocca, alla Bertini, ad Amato (che aveva avuto un ruolo simile in Più buio di mezzanotte non si può fare ma qui trova credibili risvolti umani), fino a Pino Caruso nel cameo del parroco sono al loro meglio, come succede quando il cinema si ricorda di essere principalmente (anche nei colossal più spettacolari) bottega d'arte. Il tema è forte ma il racconto, come deve essere, scorre intenso ma anche godibile.
Antonio Ferraro