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A POSTO - coreografia Ambra Senatore

A posto A posto coreografia Ambra Senatore

Ambra Senatore (parte di ALDES)...
Interpreti: Caterina Basso, Claudia Catarzi, Ambra Senatore.
Coreografia: Ambra Senatore in collaborazione con Caterina Basso e Claudia Catarzi
Luci: Fausto Bonvini
Costumi: Ambra Senatore e Carla Carucci
Musica: Brian Bellott, Gregorio Caporale, Jimi Hendrix, Ambra Senatore, The Temptations; disegno sonoro Gregorio Caporale
Cavallerizza Reale, Torino, 15-16 ottobre 2011

www.Sipario.it, 7 febbraio 2012

A posto, l' ultima pièce della torinese Ambra Senatore - una delle più singolari protagoniste della danza italiana di oggi - inizia con l' aria assorta e insieme svagata che caratterizza tutte le sue creazioni. Come il precedente Passo (premiato a Equilibrio 2009 a Roma) è un lavoro di gruppo e come quello esprime (sono parole sue): "una maggiore volontà di danzare e di dare fiducia al corpo".

Un corpo che, in tutto il suo lavoro performativo, è protetto da un elegante riserbo e impiegato per svelare il proprio carattere affermativo nella sovrapposizione di quotidianità bon ton e danza isadorable. Anche in quest' ultimo lavoro, il percorso di ricerca di Ambra Senatore viene ironizzato da simboli mistificatori - che sono al tempo stesso guida e intoppo - disseminati sotto l' apparenza di dettagli minimi ma che in seguito si riveleranno illuminanti, come delicati paraffi di un ikebana dello sguardo. Significanti ma non significati, avrebbe avvertito Barthes, nel suo Impero dei segni.

L' azione di A posto, sorvegliata eppure emotivamente efficace, si svolge in un esterno dal bianco abbagliante: due ragazze abbigliate con gonna e blusa, forse due studentesse, entrano nel nostro raggio di visione cercando qualcosa, si parlano all' orecchio, siedono per terra, sfogliano una rivista di moda, ridacchiano, escono. Anche Ambra Senatore, di certo la loro accompagnatrice, cammina incuriosita guardando in giro, in alto, indietro. Guarda solo il paesaggio? Non c' è motivo di sospettare altro.

Più volte le donne entrano ed escono dalla nostra orbita, da sole, in due, in tre. Si scambiano piccole frasi, sentiamo le loro voci ma non distinguiamo le parole. Gentili, lontane, decise, si mostrano vicendevolmente delle posizioni, stando immobili e sdraiate come morte, ma forse solo intente a concepire qualche passo di danza da compiere in sincronia .

Mai come in A posto la coreografa Senatore ci invita a non guardare la realtà con schemi fissi, bensì a fare perno sulla novità dell' esperienza, scavalcando come in un percorso ad ostacoli, le attese fuorvianti del senso comune. Sembra severa con le ragazze ma, alla fine, abbastanza soddisfatta delle piccole variazioni che è riuscita ad ottenere dai loro comportamenti. Sembra non le interessi la coreografia, bensì l' esperienza per arrivare alla coreografia. Una prassi quasi invisibile, con step minimi, da patologia asintomatica. Così, quando alcuni piccoli oggetti vengono lanciati a rotolare sul palco, nessuno tra il pubblico può immaginare un pericolo imminente. Eppure sarà la torta del picnic, culminante premio di vera panna ricamata di ribes e mirtilli, a far precipitare il significato lasciandoci tutti a bocca aperta. Collocato in un cestino di vimini, il dolce viene tagliato da Ambra Senatore con un lungo, esagerato coltello. Tre enormi fette vengono deposte sui piattini da dessert. Vediamo le tre donne sdraiate a terra con garbo, atteggiate in modo manierato, intente a gustare il dolce con assoluta concentrazione. Sembrano i soggetti di una fotografia perbenista degli anni Sessanta, ricca di grazia fisica e gestuale, intensa e insieme quieta. Impercettibilmente, l' atmosfera vira verso uno scenario inquietante, sconvolgendo l' ordo rationis. La luce si stringe a cerchio sulle donne; intorno a loro è diventato buio. Nella costruzione del capovolgimento (e non importa se sia una metafora di un paese artificiale o un puro divertissement noir), i volti, i corpi, gli abiti delle tre donne si macchiano di sangue e si coprono inspiegabilmente di croste. Con gesti autografi ma senza che la loro postura muti di un centimetro. I loro atteggiamenti, pur restando identici, sono ora quasi indecenti e colmi di sinistro horror. Con un diabolico paradigma domestico Ambra Senatore è riuscita a creare l' ombra effimera del dramma, facendo calare sulla merenda all' aperto delle due ragazze e della loro chaperon l' incanto morboso dell' Arpa d' erba di Truman Capote e l' aura di morte di Picnic a Hanging Rock. Una nebbia gentile, senza ansia nè malinconia, avvolge il trio femminile e lo imprigiona nel sorriso formale di un' instabilità che blocca la vita, come un' assenza momentanea da se stessi. D' un tratto, lo spettatore coglie con sbalordimento e stupore la doppiezza ambigua che la coreografa aveva dissimulato fin dall' inizio sotto la superficie e, come in un' ermeneutica dell' immagine, la sua mente si affanna ad attribuire significati retrospettivi ai gesti compiuti nel segno della più meticolosa normalità. Come in un gioco di specchi, lo sguardo del pubblico percepisce e produce l' oscurità, riflettendo il ribaltamento delle certezze e lo slittamento nell' altrove.

Claudia Allasia

Ultima modifica il Venerdì, 22 Febbraio 2013 15:44
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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