BOLERO
coreografia Michele Merola
musica Maurice Ravel, Stefano Corrias
con Paolo Lauri, Fabiana Lonardo, Enrico Morelli, Giovanni Napoli, Nicola Stasi, Gloria Tombini, Lorenza Vicidomini
light design Cristina Spelti, costumi Alessio Rosati con la collaborazione di Nuvia Valestri
LA METÀ DELL'OMBRA
coreografia Michele Merola
musica Johann Sebastian Bach, Geert Hendrix, Senking
con Michele Barile, Paolo Lauri, Enrico Morelli, Giovanni Napoli
light design Cristina Spelti, costumi Carlotta Montanari
produzione MM Contemporary Dance Company
visto al Ponchielli, il 16 marzo 2016
C'è nel Bolero di Michele Merola, contaminato dalle incursioni contemporanee del compositore Stefano Corrias, la volontà di affrancarsi dalle immagini bejartane, di credere possibile una scrittura coreografica altra sulla partitura di Ravel. Questa tensione caratterizza buona parte del lavoro di Merola che nella parete fluttuante e flessibile che inghiotte e fa emergere i ballerini trova l'escamotage visivo di una sorta di sancta sanctorum del corpo, laddove nella versione di Béjart il tavolo circolare stava forse a significare l'altare di un rito di amore e morte, ebbrezza e sfinimento. Nel Bolero di Merola è come se la tensione si stemperasse, è come se si cercasse una limpida, elegante, formale distanza partecipativa che vive nella costruzione pulita dei corpi nello spazio, negli abbracci al maschile, nella seduzione che non ha sesso, ma è legame, nell'esplodere del bianco nella fase finale in cui le luci contribuiscono a scaldare l'atmosfera. La parete che occulta e svela i corpi fornisce alla coreografia una liquidità visiva che la fanno scorrere via piacevole all'occhio, facile da seguire, bella da vedere. Nell'assistere al lavoro di Merola si percepisce la volontà di non citare l'inarrivabile capolavoro bejartiano, si percepisce lo sforzo di non precludersi la partitura di Ravel cercando una propria autonomia di scrittura. L'esito è un Bolero congelato, trattenuto che appaga l'occhio, affidato a un corpo di ballerini ben amalgamato, tecnicamente lodevole, in cui l'energia si plasma in movimenti che si fanno seguire, amare, che accarezzano l'occhio e conquistano il pubblico. Più autorale La metà dell'ombra, coreografia tutta al maschile in cui la metà dell'ombra altro non è che la morte che attraversa il palcoscenico, vestita di un lungo ed enigmatico saio. I quattro danzatori sono corpi di un rito, si percepisce la volontà di esperire quel senso del sacro che è separatezza, è non luogo e tempo sospeso, in cui tutto è possibile, in cui la trasfigurazione è la condizione necessaria alla rivelazione della caducità. Ai piedi della morte nel suo passaggio i corpi dormienti sono attraversati da fremiti onirici, salvo poi svelare che sotto quei panni c'è il nostro stare nel mondo e la certa e futura assenza una volta che il nostro percorso si sarà compiuto. La coreografia di Michele Merola e la forza espressiva dei suoi danzatori fanno de La metà dell'ombra un lavoro calligrafico, curato, ad effetto nella scena finale in cui i quattro danzatori nel chiaroscuro ampliano i movimenti in volute di talco/farina che ne fanno corpi immacolati, ma anche corpi morti, statue viventi. Al di là del 'narrato' – se così si può dire – ciò che permane nel lavoro di Merola è la pulizia di un gesto coreografico che appaga per il suo dipanarsi morbido e deciso al tempo stesso, per la piacevolezza delle figure che si stagliano nello spazio e danno luce alla visione empatica dello spettatore. Con premesse simili l'applauso finale non può che essere di consenso e assenso per una serata di danza che non inquieta e soddisfa la voglia di armonica bellezza.
Nicola Arrigoni