domenica, 08 settembre, 2024
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ELEMENTS - coreografie Mauro Bigonzetti, Sharon Eyal, Andonis Foniadakis, Louise Lecavalier

“Elements. Earth”,Gauthier Dance. Foto Jeanette Bak “Elements. Earth”,Gauthier Dance. Foto Jeanette Bak

Alone di Sharon Eyal musiche di Eliza, assistenza coreografica di Clyde Emmanuel Archer
Almyra di Andonis Foniadakis, musiche di Julien Tarride, luci di Sakis Birbilis
Ether, coreografia di Louise Lecavalier, musiche di Arkin Allen a.k.a Mercan Dede, luci di Alain Lortie
Spighe di Mauro Bigonzetti, muische di  Domenico Scarlatti, Ennio Morricone, Khatia Buniatishvili, Vinicio Capossela, scene e luci di Carlo Cerri,
con Bruna Andrade, Andrew Cummings, Anneleen Dedroog, Karlijn Dedroog, Barbara Melo Freire, Shai Ottolenghi, Luca Pannacci, Garazi Perez Oloriz, Rina Pinsky, Arnau Redorta Ortiz, Izabela Szylinska, Sidney Elizabeth Turtschi, Locke Egidio Venturato, Giovanni Visone, Shawn Wu, Shori Yamamoto
Produzione: Theaterhaus Stuttgart -Gauthier Dance//Dance Company Theaterhaus Stuttgart
Con il patrocinio del Consolato Generale della Repubblica Federale di Germania,
al Teatro Comunale di Bolzano, 12 luglio 2024, prima italiana
Festival Bolzano Danza

www.Sipario.it, 13 luglio 2024

Testo e contesto si sono elegantemente richiamati nella serata inaugurale di Bolzano Danza, giunto alla quarantesima edizione. Ad aprire la kermesse la Gauthier Dance//Dance Company Theaterhaus Stuttgart, presenza produttiva importante per il festival altoatesino, come ha evidenziato lo stesso Eric Gauthier in un gustoso entracte che ha rappresentato anche un affettuoso saluto al direttore uscente, Emanuele Masi che con forza ha creduto nell’ensemble. In questo gioco degli addii – con tanto di maglietta dedicata ai 15 anni di intensa collaborazione donata al direttore artistico – Elements ha messo in evidenza le doti tecniche di una compagnia di grande potenza fisico/espressiva e la capacità di Gauthier di fare della coreografia autorale l’ingrediente per una danza che sa essere spettacolo e piacevole pensiero. Così i quattro elementi: fuoco, acqua, aria e terra sono stati affidati ad altrettanti coreografi che li hanno resi loro, offrendo pezzi differenti per temperatura, ma tutti accomunati da un’esecuzione corporea tesa, accelerata, di potente dinamismo espressivo. 

Si parte col fuoco che la coreografia Alone di Sharon Eyal concretizza e rappresenta nella seducente simultaneità corale del numeroso gruppo di interpreti, chiamati a agire all’unisono su una partitura di micromovimenti che trasformano volti, colli, braccia e torsi in altrettante fiammelle che divorano e crepitano. Tutto ciò accade con l’accompagnamento di un tappeto sonoro sparato a massimo volume, affidato alle musiche firmate da Eliza. L’effetto d’insieme è ipnotico e finisce col sedurre e risucchiare lo spettatore in un algido bruciar di corpi inquieti. 

Diversa è l’instancabile sciabordare dei gesti in Almyra di Andonis Foniadakis che immagina il flusso delle acque come una sorta di dionisiaco agitarsi di corpi. Almyra si apre con un cono di luce, che ci immette nell’oscuro degli abissi e restituisce il corpo dormiente di un naufrago o di una donna, vomitata dalle acque che diventano flusso di corpi che ora sono sovrastanti, ora si aprono per poi richiudersi compatte. A questo movimento che a tratti disorienta, fluido come le onde, i ballerini offrono tutta la loro energia, portati al limite fisico, divisi fra l’armonia apollinea di passi dal sapore neoclassico, contrapposti a torsioni e movimenti dionisiaci degli arti superiori. L’effetto – accompagnato dalle musiche di Julien Tarride – è a tratti stordente e un poco ripetitivo, ma in sintonia con lo stile omogeneo che alla fine dimostra di avere Elements. 

E così con Ether di Louise Lecavalier su musiche di Arkin Allen a.k.a Mercan Dede l’elemento aereo è affidato ad un assolo dall’andamento jazzistico in cui l’interprete riempie lo spazio, mossa da una forza esterna a lei che la trascina, la flette e la lancia, la slancia e la piega. Si assiste a una danza posseduta, che pare nascere dalle condizioni esterne, piuttosto che da una volontà interna all’interprete. Se si fosse in teatro si potrebbe parlare di straniamento o eterodirezione, nel caso del disegno coreografico di Lecavalier l’impressione è che il corpo sia abitato da un movimento indotto e non volontario, come quando nelle giornate ventose ci si sente trasportati al di là della nostra volontà.

Sono tarantolati i contadini perennemente condannati a migrare di Spighe di Mauro Bigonzetti, il pezzo che più si distacca dagli altri, a tal punto da sembrare uno spettacolo a sé stante. I colori sono caldi, le musiche trascinanti, l’atmosfera dice di un folclore oleografico che affonda le sue radici nell’assolato Mediterraneo. Bigonzetti dà copro a un formalismo visual-narrativo che riporta indietro lo sguardo dello spettatore professionista di qualche decennio, e profuma di antropologia teatrale. In tutto ciò Spighe ha la forza di una festa campagnola, di una tarantolata che nella terra altoatesina con nostalgie teutoniche ovviamente racconta di una italianità che non può che scaldare i cuori e ci si stente come certi turisti tedeschi in visita all’Italia rurale di un secolo e mezzo fa e oltre. Tutto ciò ha un effetto: un diluvio di applausi, un calore festivo che ha degnamente aperto la quarantesima edizione di Bolzano danza. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Giovedì, 18 Luglio 2024 09:34

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