Testo e regia: Rosario Lisma
Con: Rosario Lisma
Aiuto regia: Alessia Donadio
Costumi: Daniela De Blasio
Illustrazioni: Gregorio Giannotta
Produzione: Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse
Festival di S. Ginesio 2024
Chiostro Sant’Agostino 24 agosto 2024
È un mondo vagamente cechoviano quello che Rosario Lisma offre in Giusto. Un monologo che per come scritto, interpretato e messo in scena, ha finito per somigliare a una polifonia. Parlare di monologo è riduttivo. Al di là della forma, ci si è trovati davanti ad una compagnia al completo, evocata da un solo interprete in scena: per l’appunto, Rosario Lisma. Che, al centro di un palco disadorno, uno schermo di spalle con proiezioni di scritte e disegni relativi al racconto, ha dimostrato una padronanza recitativa perfetta. Giuste le intonazioni e le pause, ritmi incalzanti e senza tempi morti. Con questo strumentario ben messo a punto, Lisma ha offerto al pubblico del Ginesio Fest 24 uno spettacolo dove si è riso, ma anche riflettuto. Giusto è un uomo che per tutta la vita ha fatto ciò che riteneva oggettivamente corretto. Non incline alle combriccole, ha sempre preferito la discrezione al pettegolezzo, ha optato per la necessità e non per un appagamento dei suoi desideri. Al punto che, diventando uomo, ha finito per costruirsi un’esistenza di proibizioni, dubbi, scrupoli: una vita incentrata sulla rimessa, sull’attesa, sulla rinuncia. Nella vita di Giusto il pubblico entra direttamente. Lo spettacolo inizia con lui che fa il suo ingresso, impacciato, a una festa organizzata dal suo capo per il fidanzamento della figlia Sofia Gigliola, soprannominata la balena dai suoi colleghi e della quale Giusto è sempre stato segretamente innamorato. Da qui, Lisma fa compiere alla storia un balzo indietro: Giusto è sulla sua isoletta siciliana natia dove anche gli uccelli, da adulti, fuggono. Lo vediamo in famiglia, col padre che lo obbliga a indossare la maschera di un corsaro sconosciuto; egli si vergogna, ma tace. Lo seguiamo nei suoi primi anni a Milano quando, vincitore di un concorso all’INPS risultando terzo in graduatoria, va ad abitare in periferia in una casa con due inquilini; uno dei quali: il Calabrone, chiuso in stanza a disegnare finestre alle pareti e a sbattervi contro la testa come a voler fuggire, gli dà un consiglio: se Giusto è innamorato della figlia del suo capo, che lo dica, rompendo quella barriera di false credenze che a nulla gli torneranno utili. Si torna alla festa d’inizio spettacolo. Giusto apprende la notizia del fidanzamento di Sofia Gigliola. Ne resta sconvolto, fugge via. Vuole uccidersi ingoiando un mix di medicine scadute. Finirà solo per diventare come gli altri: frivolo, conformista, sciocco, adulatore. Il giorno prima del suo matrimonio, vedendolo così stupidamente diverso, sarà Sofia Gigliola a confessargli il suo amore segreto per lui. Giusto non sa più che fare. Tornerà quello di prima? O, adesso che si è conformato, ottenendo in tal modo dei vantaggi – individuali e forse professionali in futuro – resterà fatuo, pettegolo e adulatore? Qui, con proiettati sullo schermo dei versi magnifici sulla solitudine della Szymborska, cala il sipario. Spetta a noi concludere scoprendo, nel nostro animo, con quale Giusto conviviamo. Pierluigi Pietricola