Coreografie: Jerome Robbins, August Bournonville, Lev ivanov, David Fernandez, George Balanchine
Produzione: Daniele Cipriani Entertainment
Interpreti: i principals del New York City Ballet
Ashley Bouder, Joaquin De Luz, Emilie Gerrity, Joseph Gordon, Spartak Hoxha,
Alexa Maxwell, Amar Ramasar, Andrew Veyette, Indiana Woodward
Trieste, Politeama Rossetti, 10 marzo 2015
Una leggendaria compagnia di danza con i suoi interpreti di punta si confronta con le coreografie che l'hanno resa celebre. Un omaggio tributato specialmente ai "padri" George Balanchine e Jerome Robbins, coreografi che più di altri hanno accostato la loro cifra stilistica al mitico ensemble. Entrambi coreografi di forti tendenze artistiche, capaci di informare di sé e del loro fascino tutti i loro seguaci: il primo, negli anni '30 del Novecento, nel portare l'eredità del balletto russo oltre oceano; il secondo, nel dopoguerra, nel fondere l'energia, la modernità e la multietnicità tipicamente statunitense con il rigore elegante della classicità russa. Stiamo citando naturalmente il New York City Ballet rappresentato in Italia (attraverso una breve tournèe che ha toccato anche il Politeama Rossetti di Trieste) da nove fulgide stelle.
Leggeri, plastici, precisi, i danzatori hanno rivelato un afflato vivificante con la musica e con i movimenti che hanno fatto storia. Si comincia con i pas de deux di "Other dances" (coreografie di Robbins) e la musica pianistica dal vivo di Chopin (con Ashley Bouder e Joaquin De Luz) per arrivare, quasi nel finale, a quelli ciaikovskyani, leggiadri ed eterei nelle movenze e pastellati nei costumi, disegnati da Balanchine (con Joseph Gordon e Indiana Woodward). Ma è forse la raccolta danzata di alcune pagine molto amate di Gershwin racchiusa in "Who cares?" (Balanchine) ad affascinare di più il pubblico, in un'esibizione corale d'effetto, incalzante per contrappunto visivo, capace di accompagnare lo spettatore in un curioso vortice di evoluzioni e euforia dionisiaca.
Piace l'omaggio dei giovani artisti a quel quid tutto newyorkese che non è mai edulcorata e rassicurante riproposizione di un repertorio ma rilettura sensibile, entusiasta ed attenta della tradizione.
Innovazione e classicità, libertà e virtuosismo, gioia e voluttuosa leggerezza si sono coniugati in una serata dalle forme e dalle simmetrie aeree intense. Applausi copiosi per tanta briosa perfezione.
Elena Pousché