Musica Pëtr Il'ič Čajkovskij
Balletto in quattro atti
Direttore Nir Kabaretti
Coreografia Benjamin Pech
da Marius Petipa e Lev Ivanov
Scene e Costumi Aldo Buti
Luci Vinicio Cheli
Assistente Coreografo Patricia Ruanne
Odette / Odile Anna Nikulina/Alessandra Amato/Susanna Salvi/Marianna Suriano
Principe Semyon Chudin/Claudio Cocino/Germain Louvet/Michele Satriano
Orchestra, Étoile, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo
del Teatro dell'Opera di Roma
Allestimento Teatro dell'Opera di Roma
Roma, Teatro dell'Opera di Roma dal 28 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019
Il lago dei cigni racconta di come la magia è parte dell'ordinaria realtà e delle sue sciocche convinzioni. Čajkovskij, con le sue note struggenti, briose ma intessute di quella leggerezza propria della poesia migliore, ha fatto sì che la meraviglia regni fra noi.
Nella rilettura di Benjamin Pech, al principe Siegfried – ormai maggiorenne – viene richiesto dalla regina madre di trovare una sposa con la quale condividere la sua vita. Preso dallo sconforto, convinto dall'amico Benno egli decide di uscire per una battuta di caccia notturna. Nel bosco, Siegfried s'imbatte in una donna-cigno tutta bianca, con la testa cinta da una corona. È Odette, principessa vittima d'un incantesimo da parte di un uomo dalle sembianze di uccello rapace. Sarà libera solo se qualcuno le donerà amore e la sposerà. Siegfried giura di salvarla. Ma gli impegni da sovrano incombono su di lui. In occasione d'una festa data a palazzo, la regina madre chiede al figlio di scegliere la sposa fra le donne presenti. Ma Siegfried ama Odette. Benno, invidioso e geloso dell'amico, introduce una fanciulla – Odile – dalle sembianze identiche alla donna-cigno incontrata nella foresta. Del tutto affatturato dalla somiglianza, Siegfried la chiede in sposa. La vera Odette è ormai condannata a restare per sempre un candido cigno. Il doppio tradimento (di Siegfried verso Odette e di Benno verso Siegfried) ci introducono al finale, in cui il principe – còlto da un impeto d'ira – dalla balestra scocca una freccia per uccidere l'amico traditore (che si scoprirà essere il malvagio mago dalle sembianze d'uccello rapace). Ma il colpo finirà per trafiggere Odette. Siegfried, dilaniato dal dolore, diviene un eroe che vivrà assieme al rimorso del suo tradimento.
In questa versione del Lago dei cigni in scena all'Opera di Roma, rispetto all'originale il dramma del principe è interpretato come una costante ricerca della perfezione (la donna-cigno), mai raggiunta ma sempre inseguita. Inoltre, il personaggio di Benno e del mago Von Rothbart coincidono: in ciò ricordando – mutatis mutandis – il King Lear di Strehler, nel quale i ruoli del Fool e di Cordelia venivano interpretati dalla stessa attrice. Scelta drammaturgica, quella di Pech, che interpreta il tema del tradimento, e quindi del male, come archetipo: energia che dà vita a forme sempre diverse, insidiose e ingannevoli.
Colpisce, per senso di misura e controllo, lo stile coreografico di Claudio Cocino (Siegfried) e Alessandra Amato (Odette/Odile). Entrambi sono bravissimi nel trattenere il sentimento del tragico entro movenze vigilate, mai esageratamente ampie eppure ariose e a tratti impercettibilmente frivole. Elementi che danno l'idea di un mondo mai disgiunto da una realtà metafisica. Quest'ultima magnificamente simboleggiata dalle scene di Aldo Buti.
Un Lago dei cigni di grande valore, che pur rispondendo in pieno alla massima di T. S. Eliot – "L'arte è riflessione dell'emozione, e non sua espressione" – non rinuncia a commuovere il pubblico.
Pierluigi Pietricola