Scritto e diretto da Piero Di Blasio
da un’idea di Luca Notari e Stefania Fratepietro
Musiche di Tenco eseguite da Dino Scuderi (pianoforte), Ermanno Dodaro (contrabbasso)
con gli arrangiamenti di Emiliano Begni
Partecipazione in voce di Veronica Pinelli
Scena Dario Carrarini. Costumi Laura Pucini. Light Designer Francesco Vignati.
Sound Designer Emanuele Carlucci. Direttore di Scena Marcello Maugeri
Assistenti alla regia Anna Ferraioli Ravel, Viviana Tupputi.
Grafica Cristiano Longobardo.
Produzione MediterrArea
Albenga, Teatro Ambra, 3 gennaio 2020
La Rassegna “AlbengAteatro” 2020, organizzata dalla Teatro Ingaunia, diretta artisticamente da Mario Mesiano, grazie al contributo dell’Assessorato comunale alla Cultura del Comune di Albenga, iniziato stasera, si concluderà il 6 aprile. L’articolazione della manifestazione prevede un totale di nove spettacoli. Il primo proposto fuori abbonamento parla di alcuni momenti dell’ultimo anno di vita di Luigi Tenco, morto cinquantatre anni fa. Ciao amore ciao – Tenco e Dalida tra musica e amore, scritto e diretto da Piero Di Blasio, su musiche dello stesso cantautore di scuola ligure e di Dalida, è interpretato con sobrietà e bravura da due attori che, a dispetto della loro giovane età, hanno già maturato molte esperienze nel mondo dello spettacol.Luca Notari (Tenco) e Stefania Fratepietro (Dalida) si segnalano per la voce intonata e per la recitazione intensa. Questo esempio di teatro canzone o di musical anglosassone, della durata di 1 ora e 15 senza intervallo, è uno spettacolo agile e gradevole, ma nel contempo malinconico e pensoso in quanto parla di una giovane artista, sensibile e timido, introverso e tormentato, genuino ed autentico, ma soprattutto un poeta che si suicidò per il vuoto di un mondo falso e cinico come quello del mondo dello spettacolo in cui iniziava a prevalere il consumismo e l’edonismo. Tenco era un sognatore che non accettava un mondo in apparenza frivolo ma in realtà attento ai soli interessi economici. Felice abbinamento di musiche e parole, lo spettacolo è una riflessione amara e dolorosa su un artista controcorrente, che ha anticipato la contestazione del ’68.
La rappresentazione rievoca bene tra Milano, Roma e Parigi le vicende artistiche e sentimentali dei due cantanti. La colonna sonora dello spettacolo, eseguita dal vivo, è per intero composta dall’alternanza di canzoni del cantautore italiano, da Io sono uno a Un giorno dopo l’altro, da Se tu fossi una brava ragazza a Vedrai, vedrai, Ho capito che ti amo, e altre di Dalida e come Preghiera di gennaio composta dall’amico Fabrizio De Andrè dopo aver saputo della tragica morte di Tenco avvenuta tra il 26 e il 27 gennaio 1967 durante lo svolgimento del XVII Festival di Sanremo di cui vengono si ascoltano alcuni versi delle canzoni in concorso. Il lavoro non è un’apologia del cantautore, né un’arringa sulle cause della sua morte, ma un recital anche se l’autore preferisce definirlo “prosa con musiche”. In questo copione le parole sono fondamentali perché non di rado vengono mutuate dallo stesso Tenco.
Lo spettacolo si avvale della partecipazione in voce anche di Veronica Pinelli. La protagonista femminile, Stefania Fratepietro, è un poliedrico talento che già ha ottenuto una serie di successi nazionali. Al suo fianco si muove il bravissimo Luca Notari. I due offrono una commedia musicale di buon livello, che è stata applaudita calorosamente dal numeroso pubblico per la sapiente organizzazione del testo, e l’assenza nel suo svolgimento di rallentamenti nel ritmo. Nello spettacolo vengono drammatizzate con finezza e misura due esistenze legate dalla musica e forse da qualcosa di più. Ciao amore, ciao comincia e si conclude nel buio con un colpo di revolver dello stesso Tenco. Peraltro altri, come Mario Dentone in un dramma del 1994, hanno prospettato scenari diversi ed inquietanti sulla sua morte.
Ad emergere durante lo spettacolo proposto al teatro Ambra di Albenga è la forza e la vivacità di questo inconsueto cantante, la cui ribellione urtò, a quanto scrive Quasimodo all’indomani della scomparsa di Tenco, “contro il muro dell’ottusità” degli addetti ai lavori incapaci di capire che la ricerca dell’artista era sostanziata, percorsa e innervata da solidi e rigorosi valori poetici ed umani. Alfonso Gatto ha scritto in quella stessa tragica circostanza: “Luigi Tenco, con la sua morte, non si è visto nemmeno riconoscere la ragione che l’ha portato a dichiarare il suo amore alla vita nel momento stesso in cui aveva deciso di togliersela. E’ questo il suo testamento, che tutti hanno cercato di dimenticare, nell’addurre a stanchezza, a delusione, a fragilità, il suo atto consapevole di amare la vita e di rifiutare una qualunque esistenza che sia solo l’affronto del lasciarsi vivere, del ridursi a…oggetto del potere altrui”.
Roberto Trovato