di Georges Bizet
direttore: Alain Lombard
regia, scene, video e costumi: Pier'Alli
coreografia: Simona Chiesa
con Ildiko Komlosi, Andrea Bocelli, Natale De Carolis, Maria Carola
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo dell'Opera di Roma
Roma, Teatro dell'Opera, dal 17 giugno al 28 giugno 2008
Questa Carmen è la ripresa dell’edizione proposta men di due anni fa al Teatro dell’Opera con scene, costumi, luci, proiezioni video, regia di Pier’Alli, il tutto formalmente ineccepibile ma di alquanto modesto e generico impatto psicologico con la vicenda, mentre qualche manierata leziosità non era estranea alle convenzionali coreografie di Simona Chiesa.
Anche Alain Lombard, pur dirigendo con la consueta eleganza e correttezza (specie nel quintetto del secondo atto e nel “terzetto delle carte”) si è mantenuto nei limiti di una nobile routine senza però incidere più di tanto nella sanguigna vitalità della partitura.
E veniamo all’attesissima coppia dei protagonisti: Ildiko Komlosi e Andrea Bocelli, debuttante al Teatro dell’Opera e (in teatro) nel ruolo di Don José. Il mezzosoprano ungherese è stata una magnifica Carmen e (finalmente) ha espresso ciò che sembrava la grande assente di questa edizione, vale a dire la sensualità. Di volta in volta seduttrice, spavalda, ironica, appassionata, tragica, ha dato credibilità scenica, espressività vocale e finezza di canto al suo personaggio. Spiace invece riferire l’esito sortito da Bocelli il quale, pur avendo dichiarato di sentire “particolarmente congeniale il ruolo di Don José per fisicità e forza canora” ha mostrato palesemente la fatica appassionata con cui ha cercato di rendere al meglio delle sue possibilità vocali il personaggio che riteniamo gli sia meglio riuscito in sede discografica che non sul grande palcoscenico romano. Di Andrea Bocelli abbiamo sempre ammirato nelle canzoni lo stile, la tecnica, la bella voce di tenore di grazia, morbida, suadente, duttile, espressiva, una voce che però in teatro “non corre” e diventa gracile e pallida. L’aneddotica riferisce la risposta che l’autore del famoso Bolero diede al compositore della Rapsodia in blue che gli chiedeva di prendere lezioni da lui: “Perché diventare un mediocre Ravel quando si è un ottimo Gershwin?”
Discreta la Micaela di Maria Carola, modesto l’Escamillo di Natale De Carolis, corretti i comprimari.
Lucio Lironi
Non è nuova per il pubblico romano la Carmen versione stile opéra comique francese di scena al Teatro dell'Opera, firmata dall'estro di Pier'Alli. Ma la fortunata edizione del 2006, intelligentemente sospesa tra realismo e simbolismo, meritava davvero una riproposta. Il regista sceglie difatti la via di mezzo tra una rappresentazione realistica con toreri, contrabbandieri e sigaraie e la sovrapposizione visiva. Certo si perdono per strada il sole spagnolo e il calore mediterraneo che induce a denudarsi ed alla passione: tutto sembra infatti vivere nella preespressionista penombra claustrofobica di ambienti circolari ed opprimenti. Visti i tanti cambiamenti scenici resisi necessari non poteva forse attendersi di più. Applausi e qualche isolata contestazione.
Lorenzo Tozzi
Il Teatro dell'Opera di Roma non ha bisogno di più soldi, ma di idee. Andrea Bocelli non è mai stato e non sarà mai un vero tenore d'opera. È una macchina mediatica che fa soldi. Cinico affarista chi ne abusa, ingenuo o furbo lui che permette l'abuso. Come Don José non solo è improbabile: è impresentabile. I "buu" piovuti nel secondo atto dopo l'aria del fiore erano sacrosanti. Ma tant'è, la figura peggiore la fa il teatro: una simile carnevalata l'hanno pagata i contribuenti italiani. Quanto all'allestimento di Pier'Alli già se n'era vista nel dicembre 2006 l'inadeguatezza: di un'opera tutta sesso e passione vorrebbe farne uno stilizzato rituale simbolista. Anche il concertatore Alain Lombard non coglie la sensualità dell'opera. Per non parlare delle asettiche coreografie, che alludono a una Spagna convenzionalissima, di Simona Chiesa. Il mezzosoprano ungherese Ildiko Komlosi è una buona Carmen. Fragile la Micaela di Maria Carola e insignificante l'Escamillo di Natale De Carolis. Solo passabile il resto della compagnia. I dissensi esplosi al secondo atto alla fine si sono un po' placati. Forse anche per la solita precipitosa fuga del maleducato pubblico romano.
Dino Villatico
Ogni titolo è variante dello stesso pensiero, meglio dire della stessa ossessione. Che sia Bellini o Donizetti, Verdi o Wagner, Pier' Alli mette sempre in scena il proprio mondo. Immagini forti, geometrie di personaggi e cose sulla scena, gesti asciutti, video montati a regola d' arte, buio buio buio. Nemmeno Carmen di Bizet fa eccezione. Le architetture sono un poco più arrotondate rispetto al gotico claustrale di altri allestimenti, ma sarebbe vana la ricerca di sole, caldo, passione. Ci sono eleganza, sensibilità, cultura; ma non t' aspettare che Carmen seduca cantando l' habanera. Se Carmen all' Arena di Verona rappresenta un estremo, Carmen di Pier' Alli è l' estremo opposto. Ma non è per valorizzare il proprio allestimento che il Teatro dell' Opera di Roma ripropone Carmen. La ragion d' essere di questa ripresa ha un nome che produce curiosità mediatica. Quella di cui il teatro riteneva evidentemente di aver bisogno. E il nome è quello di Andrea Bocelli, il quale a sua volta avrà pensato di trovare nel risalto che gli viene dall' apparizione romana benzina alla promozione del disco che, puntuale, è uscito da pochi giorni. Solo che sostenere una parte in teatro è ben altra cosa che inciderla in studio, tanto più una parte come quella di Don José. E il risultato è scoraggiante. Umanamente, si resta dispiaciuti perché il tenore è persona che sembra buona e simpatica e perché si capisce che ci tiene a esser ricordato come cantante d' opera anziché come tenore da canzonetta. Ma musicalmente il suo Don José è improbabile. La poca voce che arriva è sempre affaticata, sull' orlo della rottura, poco intonata non per scarso orecchio ma per la fatica di muoversi liscio in quella gamma d' estensione, quantomeno col minimo di volume necessario. Il fraseggio è una chimera. Morale. A che prezzo il Teatro dell' Opera paga l' attenzione che cercava? Ospiti, amici, mondanità e imbucati vari a parte, come reagirà il pubblico pagante che si aspetta di ascoltare un' opera in grazia di Dio e che dal Teatro della capitale pretende un minimo garantito? Il resto è routine. Alain Lombard stacca tempi strani - ora veloci, ora lenti assai - senza lasciar intuire in base a quale criterio. Ma il cast è decoroso. Bene Ildiko Komlosi, molto interessante la Micaëla di Maria Carola. Incolore Natale De Carolis come Escamillo. Bene l' orchestra, un pò meno il coro. Applausi misti a fischi dalla platea.
Enrico Girardi
tra applausi e aperti dissensi
«Che fa l'Italia?». L'altra sera al Teatro dell'Opera negl'intervalli della Carmen di Bizet, molti del pubblico, delusi dalla prestazione di Andrea Bocelli, cercavano una consolazione nella speranza che gli azzurri vincessero, come poi è accaduto. Invece il tenore toscano, dopo la "romanza del fiore" e alla fine, ha ricevuto battimani ma anche aperti dissensi, mentre a tutti gli altri sono andati applausi cordiali.
Ancora una volta sono emersi i limiti di Bocelli quando canta le opere in teatro. Ma qui in maniera più evidente perché il ruolo di Don José, ricco di accensioni drammatiche, è troppo pesante per la sue caratteristiche di tenore di grazia. La voce di Bocelli, assai comunicativo nelle canzoni, è gradevole e ha un timbro inconfondibile ma in teatro non "corre", non riempie gli spazi, non si espande. E ha scarsa potenza. Non ha convinto nemmeno con la romanza, il momento più lirico. Le note le fa tutte e ci mette l'anima, ma dando l'impressione di un grande sforzo.
L'Opera ha sbagliato anche nel mettergli vicino voci molto corpose, che hanno fatto risaltare le sue carenze. Ildiko Komlosi è una Carmen garibaldina, che ha pure momenti di eleganza ma entra nel personaggio soprattutto con il temperamento oltreché con notevolissimi mezzi vocali. Mezzi vocali che per parte sua Maria Carola, Micaela, sfoggia in eccesso, a scapito della dolcezza del personaggio. Sufficientemente autorevole ma un po' convenzionale l'Escamillo di Natale De Carolis. Bene gli altri e in particolare i contrabbandieri: Daniela Schillaci, Tiziana Tramonti, Paolo Maria Orecchia e Mario Bolognesi. Si poteva chiedere più eleganza alla direzione di Alain Lombard che ha comunque pilotato con stile il quintetto e il "terzetto delle carte". Ok orchestra e coro.
Lo spettacolo comincia con uno zoom che porta il pubblico all'interno di una plaza de toros. Il regista Pier'Alli fa infatti largo uso di proiezioni e di vasti spazi riempiti solo dall'azione scenica, piuttosto statica e sommaria anche perché condizionata dalla necessità di dare sponde a Bocelli nei suoi movimenti. Qui Carmen è eseguita in versione opéra-comique, con musica alternata a dialoghi in cui vengono usati i testi musicati da Ernest Guiraud. Stasera si replica con Hadar Halevy, Alfredo Portilla, la Carola e De Carolis.
Alfredo Gasponi