di Vincenzo Bellini
direttore: Michele Mariotti
regia, scene, costumi e luci: Pier'Alli, maestro del coro: Paolo Vero
con Ugo Guagliardo, Ildebrando D'Arcangelo, Juan Diego Florez, Gabriele Viviani, Gianluca Floris, Nino Machaidze, Nadia Pirazzini
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Bologna, Teatro Comunale, dal dal 8 al 17 gennaio 2009
Grande successo a Bologna per il debutto italiano nel ruolo di Arturo del tenore peruviano Un cast tutto di giovani per una rilettura piena d'energia. Fischiata la regia di Pier' Alli
Di fronte al tifo da stadio di certe prime guardi tra palchi e platea e pensi che un tempo l'opera lirica doveva essere proprio così, capace di suscitare entusiasmi, passioni viscerali. Come dire, il calcio dell'Ottocento che scatenava rivalità tra sostenitori di questo o di quel cantante, di questo o di quel compositore. Tifo, però, sano, bello, pulito che la lirica di oggi, impolverata e ingessata in riti che sanno solo di vecchio, farebbe bene a recuperare. A volte capita di ritrovarlo. Magari a Bolo- gna dove arrivi al Teatro Comunale e ti imbatti in uno striscione – proprio come quello degli ultrà fatti con lenzuola cucite insieme e vernice spray – contro i tagli al Fondo unico per lo spettacolo appeso davanti all'ingresso principale accanto alla locandina de I puritani di Vincenzo Bellini. Dentro i fan ( non solo bolognesi) di Juan Diego Florez si godono il debutto italiano del popolare tenore – insuperabile nel repertorio del belcanto ottocentesco – nel ruolo di Arturo: applausi a scena aperta, ovazioni per Florez e per i colleghi che gli tengono magnificamente testa nell'impervia partitura di Bellini, bella da togliere il fiato, ma di raro ascolto nei nostri teatri. Una prima volta, cosa che ha quasi dell'incredibile, fissata già da cinque anni e per la quale il Comunale ha costruito una solida squadra tutta fatta di giovani (il più ' vecchio' non ha ancora quarant'anni) da mandare in campo accanto al 35enne fuoriclasse peruviano che, ancora una volta, grazie ad acuti che lasciano a bocca aperta e raffinatezza di canto, centra l'obiettivo. Sul podio il pupillo di casa, Michele Mariotti, 29 anni, direttore principale dei complessi bolognesi tiene bene le redini anche se a volte calca troppo il pedale eroico sacrificando finezze e poesia. In scena il soprano georgiano Nino Machaidze (Elvira passionale, dagli acuti saldi, Gabriele Viviani ( Riccardo a volte troppo irruente) e, soprattutto, Ildebrando D'Arcangelo che con la sua voce e la sua intelligenza musicale getta una luce umanissima su quello che è il personaggio più attuale dell'opera, sir Giorgio, che con le sue parole e il suo esempio è capace di portare la pace tra uomini in guerra. Giovani come i loro personaggi. Novantacinque anni in tre. E proprio qui, forse, sta il successo della serata, nell'energia che dal palcoscenico e dalla buca dell'orchestra arriva dritta al cuore degli spettatori. Tanto che l'unica nota stonata viene dallo spettacolo, firmato da un veterano della lirica, Pier' Alli. Il regista fiorentino (l'unico contestato al suo apparire in palcoscenico a fine serata) così come molti blasonati colleghi sembra da anni rifare sempre lo stesso spettacolo, non importa se sul leggio ci sia l'Ernani di Verdi o I puritani di Bellini: in scena sempre porte sghembe e sezioni di pareti, sempre le stesse simmetrie e gli stessi gesti di coro e cantanti.
Pierachille Dolfini
In altri tempi si sarebbe detto che ha smesso i calzoni corti per infilare quelli lunghi. Oggi si usano altre metafore. In ogni caso il Juan Diego Flórez che in questi giorni canta I Puritani di Bellini al Teatro Comunale di Bologna sembra un interprete cambiato. La cosa è fisiologica - non si hanno 20 anni per tutta la vita - e non mette minimamente in discussione il primato che il tenore peruviano s' è conquistato con la classe che si sa. Ma oggi nel suo canto ci sono meno spavalderia, meno slancio, meno «incoscienza», e dunque anche meno naturalezza. Oggi Flórez primeggia in virtù di un controllo maniacale: un computer, percentuali di rischio prossime allo zero. È giusto così. È un numero uno ormai entrato in quella fase aurea della carriera in cui basterebbe una mezza nota sporca a far mormorare il pubblico che affolla i teatri dove si esibisce. Controllo significa capacità di gestire il proprio splendido strumento vocale ma anche consapevolezza di quello che si sta cantando. Il suo Lord Arturo trova accento, colore e intensità emotiva ideali in ogni frase belliniana. È un saggio di belcanto e al tempo stesso un saggio di intelligenza interpretativa. Fanno bene i fan a mettersi in coda al botteghino. Ma questi Puritani non dicono solo Juan Diego Flórez. Dicono anche che la partner di lui, Nino Machaidze, sta maturando con una rapidità impressionante. Il sovracuto è ancora un pò faticoso e sganciato dal resto ma la sua è una Elvira ben timbrata, ben fraseggiata, molto espressiva. E il Sir Giorgio di Ildebrando D' Arcangelo è una garanzia di solidità, di autorevolezza vocale e scenica. Bella voce ma incerto temperamento invece per il Sir Riccardo di Gabriele Viviani, un baritono cui forse manca solo un grado in più di autostima. Bene Nadia Pirazzini (Enrichetta). Cast dunque di livello decisamente superiore alla media. Molti applausi anche per Michele Mariotti. Meritatissimi. Lui sì è uno che porta ancora i calzoni corti. L' anno scorso fece un Boccanegra imbarazzante. Ma la stoffa c' è e in questi Puritani, opera belliniana la più ricca di sostanza musicale, la sa far emergere: tempi calibrati rispetto al suono, ricerca di colore, capacità di farsi assecondare dall' orchestra. Qualche buu invece per Pier' Alli, come sempre autore di una messinscena colta, elegante, fredda, cupa. Eccessivamente cupa.
Enrico Girardi