di Giacomo Puccini
Opera in tre atti
Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini,
dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco
Prima rappresentazione: New York, Metropolitan Opera, 10 dicembre 1910
Direttore | Juraj Valčuha
Regia, Scene e Costumi | Hugo De Ana
Light Designer | Vinicio Cheli
Assistente alla regia | Filippo Tonon
Assistente alle scene | Manuela Gasperoni
Assistente ai costumi | Concetta Nappi
Projection Designer | Sergio Metalli
Nuova Produzione del Teatro di San Carlo
Minnie, Emily Magee / Rebeka Lokar
Dick Johnson, Roberto Aronica / Marco Berti
Jack Rance, Claudio Sgura
Nick, Bruno Lazzaretti
Ashby, John Paul Huckle
Sonora, Gianfranco Montresor
Sid, Paolo Orecchia
Trin, Antonello Ceron
Bello, Tommaso Barea
Harry, Orlando Polidoro
Joe, Enrico Cossutta
Happy, Ivan Marino
Larkens, Donato Di Gioia
Billy Jackrabbit, Enrico Marchesini
Wowkle, Alessandra Visentin
Jake Wallace, Carlo Checchi
José Castro, Francesco Musinu
in coproduzione con ABAO OLBE
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Napoli, Teatro San Carlo dal 9 al 17 dicembre 2017
Quanto amasse gli States Giacomo Puccini è facilmente intuibile dalle sue presenze soprattutto a New York e dall'interesse che nutriva per quella parte di mondo che era così distante dalla sua Lucca. Eppure il genio di Puccini sapeva ben marcare ciò che sarebbe divenuto futuro; lo faceva dall'inizio della sua carriera, figuriamoci poi che con il progresso tutto ciò non potesse essere o divenire realtà. Eppure Puccini, un po' come Salgari, preannunciava il futuro, il suo avvenirismo era così forte ed essenziale che solo la mancanza del suo tempo di vita non gli permise di veder compiute molte delle sue intuizioni di cui aveva riempito le sue opere. Non c'è dato da sapere pertanto se in un tempo remoto Puccini poteva mai sapere a cosa avrebbe portato il teatro musicale quel suo fantasticare sulle ali del futuro. Sta di fatto che proprio negli ultimi quadri della sua vita si delineano opere di estrema rarità e di forza creativa. Se la Turandot fosse solo l'epigono di un progetto più amplio non lo sapremo mai, certamente però sappiamo come l'uso di armonie nuove, di linguaggi meno classici di quelli europei lo portò a concepire veri manuali di composizione come la Madama Butterfly o come La fanciulla del West. Quest'ultima opera, scritta pochi anni prima della sua morte, Puccini la concepì con una fortissima idea di teatralità. Belasco fu il complice (lo stesso della Madama) ed insieme costruirono quello che può essere oggi il vero prodomo di Broadway. La fanciulla se non fosse stata scritta da Puccini poteva essere un'opera di Gershwin o di Porter. Eppure, anche in questo Puccini fece sorridere gli dei con qualche cosa che neanche suo nonno organista avrebbe mai potuto immaginare possibile dalle gesta eroico intellettive del suo famosissimo nipote. Quest'anno il Teatro di San Carlo di Napoli ha ripreso dopo tanti anni un nuovo allestimento dell'opera pucciniana. Sul podio il direttore stabile Juraj Valchua. Rebeka Lokar Minnie, Marco Berti Dick Johnson, Claudio Sgura Jack Rance e poi Bruno Lazzaretti, John Paul Huclke, Gianfranco Montresor. Regia di Hugo de Ana. Valchua ha giocato gran parte della sua professionalità proprio sul costruire il suono sinfonico della partitura, un esempio di lirica molto vicina agli ideali novecentisti. La sua maestria è stata veramente tale da dare alla compagine napoletana un suono pulito, definitivo, potente ed intrigante. Rebeka Lokar è stata una Minnie interessante sorretta in quell'eterno dialogo fra la vita e la morte rappresentato da Jack Rance molto ben interpretato da Claudio Sgura. E la scena della partita a poker come fa a non richiamare la scena della partita a scacchi di bergmaniana memoria? Ma come sempre è l'amore che arriva a novità tellurica in Puccini ed è rappresentato da Dick Johnson un po' eroe al contrario interpretato con enfasi da Marco Berti. Il tutto nelle scene fedeli al passato, nei movimenti di un Chaplin e di una scena sempre effervescente dove si gioca fra Boheme e il cabaret. Quello che vince però in Puccini è sempre e solo il senso della vita, disperata, infinita, straziata ma fondamentalmente la vita, che nel caso della Fanciulla è nel canto di un addio, voluto o non voluto sarà veramente ciò che farà di Puccini il grande inventore del musical.
Marco Ranaldi