di Igor Stravinskij
per voce recitante e ensemble da camera
direttore: Daniel Barenboim, voce recitante: Patrice Chérau
Francesco De Angelis, violino; Giuseppe Ettorre, contrabbasso; Fabrizio Meloni, clarinetto; Gabriele Screpis, fagotto; Francesco Tamiati, cornetta; Giuseppe Grandi, trombone, Gabriele Bianchi; percussioni (Serata straordinaria dedicata alle Università e alle Scuole milanesi)
Milano, Teatro alla Scala, 6 dicembre 2007
Che felicità vedere nella sala del Piermarini, la sera prima dell'inaugurazione, tanti giovani studenti che occupano le poltrone destinate poi ai vip della politica e della finanza. È la «serata straordinaria dedicata alle Università e alle Scuole Milanesi» dal Teatro alla Scala, con prezzi popolarissimi, che non superano i 15 euro a posto. Sul palcoscenico gli stessi artisti che firmano l'opera inaugurale, Barenboim e Chéreau, danno vita, come direttore e come voce recitante, all'Histoire du soldat di Stravinskij, la favola del soldato e del diavolo allestita su testo di Ramuz nel 1918 come modello di teatro povero. A suonare ci sono sette preziosi solisti dell'orchestra della Scala (Francesco De Angelis, violino; Giuseppe Ettorre, contrabbasso; Fabrizio Meloni, clarinetto; Gabriele Screpis, fagotto; Francesco Tamiati, cornetta; Giuseppe Grandi, trombone, Gabriele Bianchi; percussioni).
C'è emozione fra gli interpreti; Chéreau sbaglia il suo attacco, ma si rivela poi il vero mattatore della serata. Alterna voci diverse per i diversi personaggi, si muove felinamente intorno agli strumentisti, corregge a tratti il testo di Ramuz. Barenboim tiene insieme con sapienza il complesso strumentale, punta su uno Stravinskij più cordiale e comunicativo che non ritmico e oggettivo. I musicisti si abbandonano con complicità al tango, al valzer, al ragtime. Si sente che non c'è stato tempo per molte prove, ma è secondario. Conta soprattutto l'attenzione e l'entusiasmo del pubblico giovanile, che sembra essere preparato; molti seguono gli appunti presi a scuola durante qualche lezione. Bella iniziativa, dunque, questa che a ridosso del rito ambrosiano vuole mostrare l'altra Scala, quella solidale degli anni migliori.
Tutto per bene dunque? Rimane il problema di come portare alle recite di tutti i giorni gli stessi giovani. Guardando i loro abiti informali, si riflette che non sarebbe del tutto inutile l'abolizione di ogni dress code.
Arrigo Quattrocchi