dramma lirico in quattro parti, libretto di Temistocle Solera
musica di Giuseppe Verdi
interpreti principali: Paolo Gavanelli (Nabucco), Tiziana Caruso (Abigaille),
Enrico Iori (Zaccaria), Gabriele Mangione (Ismaele), Raffaella Lupinacci (Fenena),
Antonio Barbagallo (Il Gran Sacerdote di Belo), Giuseppe Distefano (Abdallo),
Sharon Zhai (Anna); direttore, Marcello Mottadelli
regia di Andrea Cigni (---> INTERVISTA)
scene di Emanuele Sinisi, costumi di Simona Morresi, luci di Fiammetta Baldiserri
Coro del Circuito Lirico Lombardi, diretto dal maestro del coro Antonio Greco e Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
produzione Teatro Amilcare Ponchielli e del Circuito Lirico Lombardo
al teatro Ponchielli di Cremona, 14 novembre 2014, prima nazionale.
NABUCCO RINCHIUSO FRA LE MURA DELLE PASSIONI
Andrea Cigni trasforma l'opera verdiana in un kammerspiel
Un Nabucco intimo, in cui emergono – sia musicalmente che registicamente – le singolarità, le relazioni e i conflitti fra i personaggi, piuttosto che il dramma di un popolo: questa la riflessione che suggerisce la messinscena dell'opera verdiana a cura del regista Andrea Cigni e del direttore Marcello Mottadelli. Tutto nel Nabucco, prodotto dal Teatro Amilcare Ponchielli in collaborazione con il Circuito Lirico Lombardo, contribuisce nello scavare l'intimità dei personaggi, l'aspetto corale rimane ma come dire si fa esso stesso personaggio, commento all'azione, un'azione che luci e scene delineano con precisione spaziale, quanto ben delineato è l'indirizzo registico. La scenografia di Emanuele Sinisi è fatta di segni delicati ed essenziali. Lo spazio è uno spazio claustrale, il palcoscenico è delimitato orizzontalmente e non offre vie di fuga. Le alte mura sono quelle di Babilonia, ma sono anche il muro del pianto, impediscono di guardare oltre, eppure non mancano spiragli da cui arrivano le luci di taglio di Fiammetta Baldiserri, da cui entrano ed escono i personaggi provenienti da un altro luogo che non è dato vedere. Tutto – nell'idea registica elegante e pulita di Andrea Cigni – deve convergere in una intimità che a tratti appare soffocante, quasi che i personaggi di Nabucco siano prigionieri delle proprie passioni: quella di Fenena per Ismaele e parimenti quella di Abigaille per Ismaele, il contrasto con la sorellastra Fenene, ma anche la scoperta di non essere figlia di Nabucodonosor. Relazioni, legami infranti e svelati attraversano il Nabucco e si affiancano al confronto/scontro fra culture, diremmo oggi: quella ebraica e quella babilonese.
Tutto questo è racchiuso da Andrea Cigni in una stanza, Cigni fa del Nabucco una sorta di kammerspiel ed anzi suggerisce che tutto parta da lì, dal chiuso di quelle segrete stanze in cui si giocano le relazioni fra il re e la regina, il re e il guerriero, il sacerdote e il sovrano, ma anche fra padre e figlia illegittima, donna e uomo. Da qui ha origine tutto: dalle relazioni intime di un mondo lontano ma che Andrea Cigni avvicina a noi senza sterili attualizzazioni, ma con la disposizione di chi si mette al servizio della drammaturgia, della vicenda, della musica. I costumi delicati di Simona Morresi sono eleganti, dai cromatismi tenui; spicca un'Abigaille che nel manto piumato ricorda la mozartiana Regina della Notte, ma anche la strega disneyana di Biancaneve, nella versione dark di Maleficent, mentre Nabucco è né più né meno che l'evocazione di certi altorilievi di dignitari e re babilonesi, il tutto giocato con estremo gusto, senza mai eccedere ma con una linearità che riflette l'intero allestimento. Così pure i movimenti del coro sono fluidi, mai invasivi eppure ieratici e solenni. La stessa direzione di Marcello Mottadelli mantiene un equilibrio tonale e di interpretazione che mette al sicuro dalla retorica in note ed anche l'atteso "Và pensiero" si fa canto segreto, intimo, sussurrato. Buona la prova vocale dei cantanti e la presenza scenica. A giocarsi in questo Nabucco è una concezione teatrale del melodramma che sa tenersi in equilibrio fra le attese dei melomani e le esigenze di dar vita ad un allestimento che non sappia di polvere di palcoscenico.
In questo senso Andrea Cigni si conferma un regista attento, scrupoloso le cui idee nascono dal conoscere e studiare il libretto e la musica, nella volontà di far emergere quanto si dice nel sottotesto, quanto è suggerito dal connubio musica e parole. In tempi di messa in discussione della 'regia critica', Andrea Cigni fornisce un motivo in più per credere ancora funzionale la lezione di grandi registi come Massimo Castri, che nel teatro drammatico hanno messo in evidenza come il testo contenga in sé tutte le novità che i registi provocatori van cercando... Si crede di poter affermare che il lavoro di Andrea Cigni si pone in questa direzione e non è cosa da poco...
Nicola Arrigoni