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STIFFELIO - regia Graham Vick

"Stiffelio", regia Graham Vick. Foto Elisa Contini "Stiffelio", regia Graham Vick. Foto Elisa Contini

Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, 

dal dramma Le Pasteur, ou l'Évangile et le Foyer di Émile Souvestre ed Eugène Bourgeois

Musica Giuseppe Verdi

Edizione critica a cura di Kathleen Kuzmick Hansell, The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Personaggi Interpreti
Stiffelio, ministro assasveriano Luciano Ganci
Lina, sua moglie Maria Katzarava
Stankar, conte dell'Impero Francesco Landolfi
Raffaele, nobile di Leuthold Giovanni Sala
Jorg, vecchio ministro Emanuele Cordaro
Federico di Frengel, cugino di Lina Blagoj Nacoski
Dorotea, cugina di Lina Cecilia Bernini
Maestro concertatore e direttore Guillermo Garcia Calvo
Regia Graham Vick
Scene, Costumi Mauro Tinti
Luci Giuseppe Di Iorio
Movimenti coreografici Ronald Howell
Maestro del coro Andrea Faidutti
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

Parma Festival Verdi 2017, Teatro Farnese, 30 settembre 2017

www.Sipario.it, 9 ottobre 2017

Qualcosa di nuovo anzi d'antico nello Stiffelio di Graham Vick per il Festiva Parma 2017

E alla fine Graham Vick ha vinto la sua scommessa con il popolo dei melomani verdiani parmensi, raccogliendo un enorme successo, anzi una ovazione, al Teatro Farnese di Parma con il suo personalissimo allestimento dell'opera Stiffelio di Giuseppe Verdi, opera di rara esecuzione del periodo di formazione del maestro bussetano. Il regista ha preteso che il pubblico assistesse alla rappresentazione in piedi, due ore e mezzo di spettacolo, pausa compresa, in mezzo alla cavea del monumentale Teatro Farnese, struttura teatrale lignea di vaste proporzioni del '500, contenuta in un'altro spazio suggestivo della storia monumentale di Parma, il Palazzo della Pilotta. Una prospettiva che ha suscitato i malumori e i mugugni di parte loggionisti storici del Teatro Regio che hanno presentato le loro rimostranze al M° Riccardo Muti nel corso del suo concerto al Regio a Luglio, rimostranze raccolte dal direttore che ha dato indicazioni agli abbonati di far valere il diritto al boicottaggio dello spettacolo. 
Dalle prove blindate nel corso dell'estate nulla è trapelato sull'andamento dei lavori, se non qualche intervista rilasciata da Vick che rimarcava l'idea di rompere il concetto di teatro tradizionale. 
Alla fine è prevalsa la curiosità e l'idea di essere presente ad un evento, merito forse di tutto questo battage mediatico, ha giovato ad una presenza diversificata del pubblico che se non di giovanissmi almeno ha fatto registrare qualche presenza under 30 anni, considerando l'alto costo del biglietto.
Per definire il nuovo allestimento, Vick ha evocato i teatri ottocenteschi dove la maggior parte del pubblico (quello che non era nei palchi) in platea non aveva posti a sedere. Lo spiega anche con burocratica esattezza la nota sul programma ufficiale di Stiffelio: "Il pubblico assiste all'opera in piedi, muovendosi liberamente all'interno dello spazio del Teatro Farnese, determinando così il proprio punto di vista e di ascolto dell'opera". Precisa la biglietteria: "Il pubblico è pertanto invitato a indossare calzature confortevoli. Posti a sedere, in numero limitato saranno previsti per persone a mobilità ridotta".
"Voglio che il pubblico sia palco e attore insieme" e di conseguenza Vick ha presentato uno spazio destrutturato: su alcune pedane mobili erano già posizionati gli artisti al momento dell'accesso del pubblico, pedane che si comporranno in varie posizione quasi a costruire un percorso a stazioni. La sinfonia è partita in sottofondo come se fosse un accompagnamento e un invito a prendere visione e a orientarsi nello spazio; qualcuno leggeva stile "sentinelle in piedi" libri dai titoli edificanti ormai rari anche nelle librerie religiose, chi si abbracciava. Tutti i presenti erano muniti di pass con la scritta "Stiffelio in piedi. Partecipante" e solo nel corso della rappresentazione si scoprirà che il pubblico era inframezzato da parte dei figuranti e elementi del coro, oltre che tecnici e addetti alla sicurezza. Sugli spalti lignei, lasciati apparentemente vuoti erano appesi striscioni che inneggiavano alla sacralità della famiglia, e all' identità di genere suscitando l'ilarità di chi crede e fa sua una politica "gender." Certo visto il tema della relazione extraconiugale, forse sarebbe stato più consono il riferimento alla "libertà femminile" con le lunghe battaglie per l'autodeterminazione della donna come non sarebbe stato inutile un riferimento al "delitto d'onore" che solo fino a qualche decennio fa era inserito e riconosciuto nel Codice Penale. Da chiedersi però il significato di bambolotti e lettini infantili tutti rosa e a cuoricini: immaturità dell' animo dei personaggiche non sanno andare oltre alle passioni o le loro identità fanciullesche? Vick si è ruffianato il pubblico sensibile a queste tematiche , o meglio ancora, ha giocato con le reazioni degli spettatori che erano parte integrante e utili allo "spettacolo": i presenti paganti, oltre alla mobilità nello spazio scenico , non potevano fare altro che applaudire o contestare.
Certo lo "Stiffelio" parla di altro, riporta la vicenda di un pastore protestante sposato, di una relazione extraconiugale di inizio '800, ma anche di una ricerca di vendetta e di ripristino dell'onore da parte del padre della sposa, Lina, che si concluderà con una sorta di "delitto d'onore" ma anche con una assoluzione. L'opera è stata presentata la prima volta nel 1850 a Trieste, pochi mesi anteriore alla rappresentazione del Rigoletto avvenuta a Venezia nel marzo del 1851. La trama, tratta da un dramma francese Le Pasteur, ou L'évangile et le foyer di Émile Souvestre ed Eugène Bourgeois, apparve sulle scene nel 1848: una storia di una relazione extraconiugale con tutte le conseguenze del caso che coinvolge una comunità protestante di inizio '800 in una recondita valle della Germania. Storia singolare in un mondo borghese ipocrita e osservante delle convenzioni sociali e religiose, ancor più sorpendente che nel 1849 era già stata pubblicata in Italia nella traduzione di Gaetano Vestri e fu presumibilmente in questa forma che Piave ne venne a conoscenza. Si trattò del soggetto più moderno e audace che Verdi abbia mai messo in musica. "Stiffelio è buono ed interessante", scrisse a Piave dopo averne ricevuto il riassunto, e l'accettò senza ulteriori discussioni.
Ma già prima della rappresentazione a Trieste nel novembre 1850 per Verdì e Piave iniziarono i problemi con la censura triestina che pretese drastiche correzioni alle varie scene ambientate in chiesa. Successivamente alla prima di Treste al Teatro Grande, Stiffelio assunse le identità di Guglielmo Wellingrode e quella definitiva di Aroldo e, come tale, circuitata con l'autorizzazione di Verdi stesso. Dello partitura e del libretto originaria si decise di farne carta straccia e così sparì dai teatri: riemerse solo nel 1968 proprio a Parma. L'opera segna la maturità compositiva che Verdi raggiunta a conclusione degli anni della sua "galera". Momenti essenziali sono i concertati negli atti primo e secondo come il preludio dell'atto secondo segna un nuovo progresso nel chiaroscuro d'ambiente, aprendo la strada alla scena del campo del patibolo nel Ballo in maschera.
Tanto viene relaborato dalla Luisa Miller, di poco precedente, come gli inserti a cappella, le scene drammaturgicamente costruite sui duetti dei protagonsti e con inserimenti degli altri attori in modo diretto senza alcuna sospensione della azione musicale e scenica. Cambia anche la rappresentazione della voce: il protagonista rappresenta un tipo di primo tenore del tutto nuovo per il canone verdiano, un uomo non più giovane, capace di ferreo controllo, eppure soggetto al esplosioni passionali; un baritono, Stankar, nel quale troviamo tutta l'ambivalenza che Verdi associava a quel tipo di vocalità: in apparenza uomo di pace e modello; ma divorato dalla sete di vendetta. Si delineano quindi gia i caratteri. La voce femminile scritta per Marietta Gazzaniga, prima interprete anche della Luisa Miller, richiede da parte del soprano un estesissimo registro alto, passi d'agilità, tanto da giustificare in pieno la tradionale etichetta di soprano drammatico d'agilità, ma povera di vocalizzi e di fioriti, con una vocalità più concitata che vistuosistica. Con queste premesse, i cantanti hanno dato prova di grande professionalità sia per lo spirito di adattamento al contesto scenico ma soprattutto per le loro capacità vocali e di interpreti. Il coro , diretto da Andrea Faidutti,si ricomponeva in vari spazi sugli spalti, in mezzo alla cavea, come vicino all'orchestra che in uso spazio isolato procedeva sicura sotto la guida del direttore Guillermo Garcia Calvo incurante anche dei rumori e del mormoria di sottofondo appositamente voluto. Ma nei momenti di pathos musicale tutto questo "disturbo" spariva, e magicamente, come spettatori tradizionali, ci si ritrovava raccolti ad ascoltare in silenzio tutto ciò che i protagonisiti avevano da dirci; una sacra rappresentazione medievale, quando le chiese fungevano da spazi teatri allestiti con stazioni itineranti, del resto la conclusione dello Stiffelio è affidata proprio alla parabola evangelica dell'adultera perdonata.
Il lavoro di regia si è incentrato anche su di loro creando attorno alla loro uno spazio che fosse adeguato ad esprimere le loro personalità vocali.Il soprano Maria Katzarava, Lina, ha pienamente confermato la sua pregevole voce che spazia dai toni gravi, drammatici e profondi, agli acuti brillanti e coloriti: ha saputo dominare il suo personaggio che presenta alcune ambiguità nel porsi davanto all'accusa di tradimento, imponendosi la sua dominante presenza scenica e le sue grandi capacità interpretative.
Il tenore Luciano Ganci, già noto al Festival per la presenza nella Giovanna d'Arco del 2016, con la sua voce ben timbrato anche nella zona acuta ela sua linea di canto di toccante lirismo, insieme al fraseggio chiaro e ben scandito, rende molto accattivante il suo personaggio delineando nel contempo un Stiffelio d'autorità. Stakar, conte dell'impero, aveva la voce del baritono Francesco Landolfi, sapientemente giostrata, che ha delineato un personaggio di padre padrone ossessionato dalla vendetta già preludio di ben altre figure baritonali verdiane. Ben giocata sull'ardore giovanile sia vocale che interpretativo, il Raffaele, nobile di Leuthold, amante di Lina, di Giovanni Sala.
Soddisfacenti anche le altre parti di comprimariato Jorg, vecchio ministro, il basso Emanuele Cordaro, il Federico di Frengel, cugino di Lina, Blagoj Nacoski e la Dorotea, cugina di Lina delineata da Cecilia Bernini.
Chiamata alla ribalta, un ritorno al rito tradizionale della passerella, per tutti gli artefici dello spettacolo che hanno raccolto fragorosi applausi e vere proprie ovazioni in special modo indirizzate al regista Graham Vick.
Ben vengano situazioni di questo genere se la via alla modernità della regia lirica passa per l'antico.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Venerdì, 06 Ottobre 2017 09:01

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