di Giuseppe Verdi
Libretto di Antonio Somma
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Regia Marina Bianchi
Scene Giuseppe Carmignani
Coordinamento spazio scenico e arredi Leila Fteita
Costumi Lorena Marin
Luci Andrea Borelli
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Allestimento storico (1913) del Teatro Regio di Parma in coproduzione con Auditorio de Tenerife
Personaggi e interpreti
RICCARDO Luciano Ganci
RENATO Simone Piazzola
AMELIA Maria Josè Siri
ULRICA Maria Ermolaeva
OSCAR Enkeleda Kamani
SILVANO Fabio Previati
SAMUEL Romano Dal Zovo
TOM Nicolò Donini
UN GIUDICE/UN SERVO DI AMELIA Salvatore Schiano di Cola
Verona, Teatro Filarmonico, 20 dicembre 2023
Stagione lirica 2023
Desta una certa impressione assistere ad un allestimento lirico montato su antiche scene dipinte: la nostra mente non è più abituata a percepire questi effetti scenici, fatti di prospettive costruite su lontani punti di fuga che restituiscono l'illusione di successione di saloni e porticati che prendono vita con giochi di luce tagli di colore e che siano sostanzialmente solo fondali dipinti. Ma fa ancora più specie che non dobbiamo spendere fatica mentale a cercare di capire che cosa possa significare un allestimento quando questo sia stato montato in scena a immagine e somiglianza di qualche percorso artistico quale analisi psicanalitica di un qualche regista. Qui a Verona in questa ultima fase di stagione lirica 2023 al Teatro Filarmonica si è assistito ad una riproposta di archeologia teatrale, tramite la riproposta del Ballo in Maschera di G. Verdi nell'eleganza delle scene dipinte realizzate nel 1913 da Giuseppe Carmignani in occasione del Centenario verdiano del 1913, recuperati attraverso un lavoro di ripristino, documentato da un video proposto durante l’esecuzione del preludio, curato da Rinaldo Rinaldi in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza. L'allestimento venne riproposto a Parma nella stagione inaugurale del Teatro Regio del 2019. Alla prova del palcoscenico le ambientazioni di carta dipinta di Carmignani hanno rievocato le atmosfere descrittive di una messa in scena dal sapore antica, suggestiva nelle ambientazioni del palazzo del Conte e dell’antro di Ulrica e meno efficaci nel tratteggio dell’orrido campo utile per rivivere l’idea di melodramma del passato. Di conseguenza anche la gestualità, dell'assieme delle masse, coro e figuranti, per la regia di Marina Bianchi si sono conformate a quell'idea di teatro fatta di essenzialità nello stare in palco lasciando ai cantanti e alla loro voce di spiegare l'azione musicale, ma anche la capacità di mettere in scena nel finale del gran ballo in maschera tutti quegli eccessi di figure che sanno riempire lo spazio di colori e di azioni. Eppure il melodramma era anche questo, grande capacità di ricostruire l'illusione realistico delle parole delle didascalie, nell'immediatezza di quanto compariva all'apertura del sipario capace di restituire meraviglia di proiettare il pubblico all'indietro nel tempo, dentro i laboratori di scenografie nella cui arte si sono confrontanti anche maestri della pittura contemporanea. Il tutto è scorso sotto l'abile bacchetta di Francesco Ivan Ciampa che alla fine è risulto in vero artefice del progetto con la sua direzione fluida ma incisiva capace di restituire ogni particolar momento della scrittura verdiana, essenziale nella parte orchestrale e vigorosa nel sostenere le voci con le loro specifiche personalità. Protagonista il Riccardo del tenore Luciano Gangi che conferma titolo dopo titolo di tenore di slancio e brillante con emissione pulita squillante, senza perdersi in ricerche di effetti e senza alcun cedimento di voce e che prosegue a tappe un suo percorso verso le parti di tenore lirico più spinto ed eroico. Certo Maria Josè Siri non è da meno a tratteggiare una Amelia di carattere nei momenti in cui si richiede acuti e cantabilità ma segnava fatica nel fraseggio e nell'approccio ai toni più gravi della tessitura ma sicura nei momenti in cui serve dimostrare personalità della parte di donna anche confusa nei sentimenti. Certo non si è capita la ragione di qualche buato isolato e subito represso dagli applausi nei confronti del soprano quando è apparsa in proscenio per gli applausi finali, forse per un iniziale sfasamento nella voce, ma tutto prontamente rientrato. Come non apprezzare la cantabilità signorile di Simone Piazzola nel suo Renato tra autorevolezza nel suo ruolo di funzionario fedele e di marito, diciamo, deluso in colei a cui aveva riposto speranze di vita. Drammi umani, tra delusione e volontà di vendetta, di un ambiente, che da corte di Svezia, come nell'originaria stesura del libretto, si trasporta in una colonia americana, ma da cui eredita gli stili e rituali di corte ben definiti dal paggio Oscar qui Enkeleda Kamani squillante e precisa nelle agilità più impervie della tessitura del personaggio capace di definire anche un personaggio ricco di ambiguità, specchio di intrighi e simulazioni. Un mondo altro che si rispecchia nella selvaggia Ulrica, maga e indovina, nel suo quadro, qui definita da il contralto Maria Ermolaeva, che ha offerto una parte, tra l'altro in sostituzione, molto ben equilibrata nei passaggi estremi della sua tessitura senza cedimenti al declamato, forse in una scena che si è prestata ad alcuni inserimenti di azioni sceniche con un occhio alla modernità, come la ragazza indemoniata e i postulanti di vaticini. Tra i postulanti apprezzabile la prova di Fabio Previati nel ruolo di Silvano, ruolo piccolo ma che si deve inserire in maniera credibile in questo passaggio. Come ben caratterizzati i due bassi nei ruoli di Samuel di Romano Dal Zovo e Tom di Nicolò Donini nel delineare i personaggi dei due cospiratori artisti in organico della Fondazione Arena. E bella prova del coro che funge anche da complesso dei figuranti, che offre immagine di sé già nell’apertura del sipario e proseguita per tutti i momenti in cui è richiesto in scena, sontuosamente preparato da Roberto Gabbiani. L’apprezzamento del pubblico è stato reso evidente anche dai moltissimi applausi e dalle esplicite lodi porte a gran voce al Maestro durante le pause per i cambi scena. Nel complesso, quindi, uno spettacolo ben realizzato, che si musicalmente apprezzare incorniciato da una scenografia che meritava di essere riesumata, per recuperare anche quell'aspetto di arte scenica che ha costituito l'essenza immaginifica del mondo teatrale, ripagato dal quasi esaurito anche in una replica infrasettimanale e dai calorosi applausi che hanno accolto gli artefici del progetto. Federica Fanizza