Dramma in un atto di Hedwig Lachmann dal poema omonimo di Oscar Wilde
Musica di Richard Strauss
Direttore Juraj Valčuha
Regia Gabriele Lavia
Regia ripresa da Gianni Marras
Scene Alessandro Camera
Costumi Andrea Viotti
Luci Daniele Naldi
Movimenti coreografici Daniele Palumbo
Produzione del Teatro Comunale di Bologna
Personaggi e Interpreti
Salome Ausrine Stundyte / Manuela Uhl (16, 19)
Jochanaan Tuomas Pursio / Sebastian Holecek (16, 19)
Erode Ian Storey
Erodiade Doris Soffel / Lioba Braun (16, 19)
Narraboth Enrico Casari
Paggio di Erodiade Silvia Regazzo
Cinque giudei Gregory Bonfatti, Pietro Picone, Antonio Feltracco,
Paolo Antognetti, Abraham García González
Uomo della Cappadocia Francesco Leone
Due Nazareni Riccardo Fioratti, Stefano Consolini
Due Soldati Gabriele Ribis, Luca Gallo
Uno schiavo Francisco Javier Ariza García
Teatro Comunale di Bologna 20 febbraio 2019
Sangue, stravolgimento della morale, incrocio di storia e leggenda, vendetta, lussuria, necrofilia: in tutto questo e altro ancora si traduce nell'opera di Richard Strauss il decadentismo anglofrancese di Oscar Wilde.
Erodiade, da incestuosa adultera, furiosa per le accuse del Battista, diventa con Oscar Wilde catalizzatrice della morbosa passione a tre fra Salomé, Erode e la vittima Giovanni. La storia ci dice che Erodiade era sposa del fratello di Erode, di cui divenne amante. Da qui Salomé, figlia di Erodiade, dovette seguire la madre alla corte di Erode. Qui inizia l'incrocio con la leggenda. Erode imprigionò Giovanni Battista sotto le insistenze di Erodiade, verso la quale Giovanni muoveva pesanti accuse di comportamenti incestuosi. Erode, che nutriva timore per Giovanni, tuttavia rimandava continuamente l'esecuzione.
L'azione si svolge nel palazzo di Erode. Il capitano Narraboth non riesce a distogliere gli occhi dalla principessa Salomé. Giovanni Battista (Jochanaan), dal fondo di una cisterna, urla minaccioso la sua predica; in lontananza Giudei dibattono su questioni religiose. Entra in scena Salomé. La sua attenzione è presa dalla voce di Giovanni; lo vuole vedere, gli vuole parlare, e per questo seduce Narraboth. Inizia la parte più intensa di tutta l'opera. E' in corso un banchetto organizzato da Erode; Il pubblico è spettatore di un corteggiamento e Strauss è geniale nella sua traduzione in musica di questo disagio, di questo imbarazzo. Giovanni maledice Salomé e rientra nella cisterna. Siamo al secondo quadro. Sulla scena Erode, Erodiade ed il corpo di Narraboth, suicida per amore verso Salomè. Erode brama Salomé; Erodiade odia sempre più ferocemente Giovanni. Erode chiede a Salomé di ballare, ed ella balla la danza dei sette veli in modo così convincente che ottiene di poter vedere ogni suo desiderio realizzato. Vuole la testa di Giovanni. Erode esita, offre gioielli ed ogni tipo di ricchezza, ma a niente valgono i suoi tentativi, la richiesta di Salomé non muta. Erodiade plaude con una risata. La testa viene consegnata a Salomé, che può alfine baciare la bocca di Giovanni.
Strumento della demoniaca madre, figura che venne sempre più lasciata sullo sfondo nei secoli, la massima decadenza ha riguardato la figura di Salomé, che, dall'erotismo sinuoso infusole da Gustave Flaubert, è passata alla necrofilia intrisa di lussuria di Oscar Wilde per sfociare infine nella morbosità della musica vorticosa di Strauss, nella quale le passioni si caricano dell'austerità della tragedia.
Ausrine Stundyde, soprano lituano, nelle vesti di Salomé è stata una protagonista in grado di rendere quell'intreccio di innocenza e perversione, tratto peculiare di questa adolescente alla scoperta della propria sessualità, che emerge da ogni nota della partitura di Strauss. Perfetta soprattutto nella resa del duetto del primo quadro con Tuomas Pursio nella parte di Jochanaan, fulcro di tutta l'opera. Tuomas Pursio è stato un potente e coerente Jochanaan e Doris Soffel, nei panni di Erodiade, non solo ha soddisfatto le aspettative musicali, ha altresì riempito e sostenuto spesso la scena con la sua forte presenza interpretativa, laddove Ian Storey come Erode è parso a tratti meno convincente anche vocalmente. Al di là dell'aspetto scenico, chiudendo gli occhi in ascolto e abbandono, i flussi dei timbri della musica di Strauss hanno aperto ad orizzonti di complessi intrecci che si stemperavano nell'ampiezza del suono orchestrale.
La rappresentazione del teatro Comunale di Bologna ha seguito quasi integralmente la regia di Lavia del 2000. La scenografia, che si è conclusa con la testa del Battista che sfocia dal pavimento squarciato con Salomé posata sulle sue labbra a declamare il monologo finale, ha sottolineato l'aspetto drammaticamente onirico della musica e teatralmente macabro della vicenda. Un po' deludente la gestione delle luci di Daniele Naldi, che poteva osare di più.
La risposta del pubblico ha decretato il pieno successo. Juraj Valcuha ha diretto magistralmente un'orchestra ben coesa, senza mai sovrastare le voci ed esaltando la partitura struggente del compositore tedesco, di cui ha sottolineato il senso di innocenza perduta che emerge da ogni nota.
Giulia Clai