di Carlo Goldoni
regia Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia e Federica Di Martino
e Simone Toni, Giorgia Salari, Andrea Nicolini, Lorenzo Terenzi,
Beatrice Ceccherini, Lorenzo Volpe, Leonardo Nicolini
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Andrea Nicolini
luci Giuseppe Filipponio
suono Riccardo Benassi
regista assistente Enrico Torzillo
testi delle canzoni Gabriele Lavia
foto di Tommaso Le Pera
Produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale
Roma, Teatro Argentina, 31 ottobre - 19 novembre 2023
Prima nazionale
Diciamolo subito: il Curioso accidente di Lavia, regista e protagonista di questo Goldoni all’Argentina, è bellissimo. Leggero, con un pizzico – non troppo – di pirandellismo teatrale e non cervellotico, di commedia dell’arte che non guasta – se praticata con misura. E poi che tempi comici meravigliosi, che ritmi pressoché perfetti, che presenza scenica Gabriele Lavia. Abituati a conoscerlo sempre per i suoi ruoli molto seri, drammaticissimi, si resta quasi increduli nel vederlo vestire i panni di Monsieur Filiberto, questo vecchio padre benestante, tipico personaggio del migliore Goldoni: tontolone inconsapevole, convinto che basti mettere in fila un po’ di citazioni erudite per comprendere l’animo umano. Costui, così buffamente tronfio di sé, non s’accorge di quanto gli capita sotto gli occhi: la figlia Giannina se la intende con Monsieur da la Cotterie. I due si amano, ma non sanno come sposarsi perché lui è un cadetto francese di origini non nobili come la madamigella che corteggia. Bisognerà, tuttavia, coronare il sogno d’amore. Ma come? Sarà Filiberto a fornire la soluzione. Proprio lui, credendosi un ingegno sopraffino, porterà Giannina fra le braccia di da la Cotterie. E quando il vecchio padre gabbato, troppo tardi, s’accorge dell’accaduto, non gli resterà che perdonare Giannina per il tranello ordito. Come sempre in Goldoni, è l’intrico degli intrecci più che la trama a dare brio alla commedia. Sono gli equivoci, i doppi sensi, le furberie note al pubblico ma non ai personaggi a far scattare la comicità, questa botte delle risate (per riprendere una felice metafora di Jan Kott) leggera e gustosa. Lavia non solo rende bene questo aspetto della poetica di Goldoni, ma rievoca anche le atmosfere del teatro e della Commedia dell’Arte alla quale l’autore veneto, in qualche modo, occhieggiava. La casa di Filiberto è difatti un teatro, con un camerino, poltrone sul palco dove si siedono alcuni spettatori, e dei bauli. Lavia, con tono serioso e ironicamente austero, sguardi e ammiccamenti pieni di sottintesi, ha interpretato un Filiberto davvero simpaticissimo e comicissimo, dall’aria svagata e ingenua tutt’altro che scaltra. Simone Toni ha impersonato un Monsieur da la Cotterie zazzeruto, a suo modo innocente, non coraggioso ma pronto a cogliere l’occasione per realizzare i suoi sogni. I suoi mugugni, controcanti comici perfetti alle insistenze verbali di Lavia, sono stati spassosissimi. La Giannina della Di Martino, così gelosa e viziata, è stata deliziosissima. Come delizioso è stato Lorenzo Volpe: un Arlecchino, perfetto nelle movenze, che ha chiuso lo spettacolo. Indovinata la scelta del giovane Enrico Torzillo come regista assistente, già noto per le sue riletture originali, raffinate, a loro modo comiche e giustamente irriverenti di classici (Cenerentola di Pommerat, Le cinque rose di Jennifer di Ruccello per fare alcuni esempi). Uno stile che si è sposato a meraviglia sia con la poetica di Gabriele Lavia che con quella di Goldoni. Pierluigi Pietricola