di Giacomo Puccini
direttore: Alberto Veronesi / Giuseppe Acquaviva
regia: Maurizio Scaparro, scene: Ezio Frigerio, costumi: Franca Squaricapino
con Francesca Patanè, Francesco Hong, Donata D'Annunzio Lombardi
Festival Puccini
Torre del Lago, Gran Teatro, dal 11 al 23 luglio 2008
L' utima opera di Puccini, l'incompiuta Turandot, è stata la prima ad essere rappresentata nel nuovo teatro all'aperto di Torre del Lago. Un test prima ancora che un evento: la verifica che tutto funzioni a dovere nel nuovo tempio pucciniano, soprattutto da un punto di vista acustico. Il «Vincerò» di Calaf e un «Viva Puccini» gridato da uno spettatore nella breve pausa voluta da Alberto Veronese sul podio fra le ultime note scritte dal musicista ed il finale composto da Alfano, sono la sintesi piuttosto ottimistica della serata. Le perplessità sorte un mese fa dall'ascolto del concerto inaugurale diretto da Chailly sembrano ridimensionate se non del tutto scomparse, e ci sembra che valga quanto argomentato allora, e cioè che collocata l'orchestra nel golfo mistico anziché in palcoscenico, come quella sera, di grossi problemi acustici si può anche non parlare.
E allora veniamo all'evento: ché tale può definirsi questa messa in scena, sia per la fastosa cornice sia per l'impegno messo dagli interpreti delle componenti musicale e visiva dello spettacolo. Una Turandot nel segno della tradizione, ma nel senso meno scontato del termine. La regia non immaginava la solita fiaba in cui un esotismo di maniera la fa da padrone, ma un sogno evocatore di quello che Puccini definiva «un travaso d'amore». È la linea che Maurizio Scaparro s'è imposto e ha realizzato con mano sicura avvalendosi, anzi facendo leva sul raffinato impianto scenografico di Ezio Frigerio e sugli splendidi costumi di Franca Squarciapino. Slanci, luci, colori che non sempre sono affiorati nella condotta richiesta da Alberto Veronesi all'orchestra, a cui ha forse imposto tempi più lenti del consentito, non al punto comunque di giustificare qualche ingenerosa contestazione di alcuni spettatori. Molto applauditi invece i cantanti, che nel complesso hanno soddisfatto. Uno di loro anzi ha entusiasmato il pubblico. È il coreano Francesco Hong (Calaf), un tenore che ha scansioni svettanti e una forza piena di mordente. Francesca Patanè ( Turandot) è imperiosa come vuole il personaggio e possiede un registro acuto notevole, ma non sempre lo raggiunge con lucentezza e fluidità. Apprezzati i lineamenti angelicati di Donata D'Annunzio Lombardi (Liù).
Virgilio Celletti