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ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - regia Valerio Binasco

“Arlecchino servitore di due padroni”, regia Valerio Binasco. Foto Bepi Caroli “Arlecchino servitore di due padroni”, regia Valerio Binasco. Foto Bepi Caroli

di Carlo Goldoni
con (in ordine alfabetico) Natalino Balasso, Fabrizio Contri,
Marta Cortellazzo Wiel, Michele Di Mauro, Lucio De Francesco,
Denis Fasolo, Elena Gigliotti, Gianmaria Martini,
Elisabetta Mazzullo, Ivan Zerbinati

regia Valerio Binasco
scene Guido Fiorato
costumi Sandra Cardini
luci Pasquale Mari
musiche Arturo Annecchino
regista assistente Simone Luglio 
assistente scene Anna Varaldo
assistente costumi Chiara Lanzillotta
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
con il sostegno di Fondazione CRT
Torino, Teatro Carignano, dal 8al 28 ottobre 2018 | PRIMA NAZIONALE

www.Sipario.it, 14 ottobre 2018

Un bell'affresco a tinte pastello per inaugurare la stagione dello Stabile torinese, Teatro Nazionale. Con una scenografia leggera di pannelli e teli dipinti calati dalla graticcia, con le porte, vere, di legno, ma incardinate nel vuoto, con musiche icastiche e mai predominanti, con una recitazione sfrontata, schietta, rapida e fresca, adeguatamente ritmata, miscelando il dialetto veneto (ma del tutto comprensibile) all'italiano, in una cornice anni '60, questo Arlecchino tocca e porta via per quelle tre ore scarse di durata, che non si sente. E' un poveraccio dei giorni nostri, che si deve inventare un doppio salario per sbarcare il lunario, è simpatico ma non buono, non conquista per empatia, non è positivo, ma di fragrante verosimiglianza. E Balasso, statuario, dai silenzi opportuni, è bravo. Come lo sono anche Fabrizio Contri, tremebondo Dottore, Marta Cortellazzo Wiel, tenera Smerandina, Michele Di Mauro, autoritario Pantalone, Denis Fasolo, focoso e infantile Silvio, Elena Cigliotti, appassionata e confusa Clarice, Gianmaria Martini, irruento Florindo, Elisabetta Mazzullo, dubitosa Beatrice en travesti, Ivan Zerbinati, scostumato Brighella. Ci vuole coraggio, e il regista Valerio Binasco ha già dimostrato di averne, ad allestire una commedia italiana tra le più conosciute al mondo proprio grazie ad una messinscena di eccezionale longevità griffata dal maestro Giorgio Strehler, che addirittura ha imposto universalmente la sua denominazione alla pièce: Arlecchino servitore di due padroni non esiste, è il titolo di Strehler, Goldoni scrisse Il servitore di due padroni. Questo è un Arlecchino tutto diverso, misterioso e piacevolmente da scoprire. Senza toppe, smascherato (nessun carattere indossa maschere), flemmatico, Arlecchino con l'espressione del viso, con i muscoli facciali restituisce la fissità del tipo. Storia immarcescibile di amori contrastati, di donne all'inseguimento dell'emancipazione, di violenze e inganni, di una messe di sotterfugi per raggranellare qualche spicciolo o cibaria o comodità in più. Un contesto menzognero e meschino, in fondo mesto, e che il lavoro restituisce con onestà, perché non solo di risate è fatta questa commedia amara, pur contenendone tante. Allestimento stratificato e ricco, per l'evidente soddisfazione del pubblico odierno, scevro di giudizi preconfezionati.

Maura Sesia

Ultima modifica il Martedì, 16 Ottobre 2018 17:59

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