di e con Paolo Rossi
musiche composte da Emanuele Dell'Aquila ed eseguite dal vivo da I Virtuosi del Carso:
Emanuele Dell'Aquila (chitarre), Alex Orciari (contrabbasso), Stefano Bembi (fisarmonica)
e Denis Beganovic (fiati).
Politeama Genovese, Genova 4 e 5 dicembre 2012
L'Est a cui fa riferimento il titolo è quello dell'anima, è il Carso abbandonato e ritrovato, luogo d'origine di Paolo Rossi. A quella terra di confine il comico friulano fa ritorno con uno spettacolo caotico e vitale, un melting pot di forme e di contenuti. Come dichiara egli stesso, è uno spettacolo che si nutre di lirica e di comicità, di miti e di barzellette. E carsici sono i musicisti che lo accompagnano in questo viaggio avventuroso, una moderna odissea in cui il comico-eroe si perde e si ritrova.
Il canovaccio dello spettacolo affonda a piene mani nei miti classici, dal sacrificio della sposa Alcesti al viaggio agli inferi di Orfeo, vissuti sulla pelle dell'uomo contemporaneo, "un comico in cerca delle parole", che si interroga sul suo destino, sulle prove che la vita gli pone davanti, sul senso stesso del viaggio. La trama del racconto è magmatica e incoerente, come la vita: all'interno di questo calderone c'è spazio per tutto, dalle leggende locali, come quella della dama bianca del castello di Duino, alla trivialità degli sketch cabarettistici.
Uno spettacolo vorace, che incalza il pubblico in un ritmo vorticoso, interrotto solo dalla canzoni che commentano la storia e che spaziano dal balcanico al videoclip, al melodico sudamericano. Uno spettacolo ambizioso, che vuole diventare un film. Paolo Rossi, capocomico e maestro, mette subito in chiaro le regole del gioco: solo la colonna sonora è completa e saldamente nelle mani dell'orchestra, il resto è in divenire. Il pubblico partecipa, un po' per finta e un po' per davvero, alla costruzione di un progetto che oggi è spettacolo teatrale e domani "western carsico" in uscita nelle sale.
Fedele alla sua maniera, Rossi confeziona uno spettacolo in cui realtà e finzione si mescolano senza soluzione di continuità: un momento prima siamo nel mezzo del racconto, un momento dopo Rossi esce dal personaggio e ci porta per mano tra una nota e l'altra del copione. Al termine del primo tempo, al posto dell'intervallo, Emanuele Dell'Aquila, il suo musicista-spalla, recluta tra il pubblico le comparse per la futura versione cinematografica: gli spettatori sono invitati a salire sul palco, a lasciare nome e contatto e a farsi fotografare, mentre i membri dell'orchestra mangiano un piatto di minestra.
Il pubblico rimane per lo più pietrificato da queste avances: non è abituato ad essere parte attiva dello spettacolo. Le luci sul palco restano accese e intimidiscono la maggior parte del pubblico che si astiene dall'andare in bagno o a fumarsi una sigaretta. Ma il teatro è partecipazione e non deve necessariamente sottostare ai codici tradizionali: l'applauso, il fischio, il "Bravo" urlato dal loggione. Il pubblico può e deve permettersi di abbracciare nuovi modi, di sentirsi libero di cogliere gli stimoli che vengono lanciati dal palcoscenico. È una strada lunga, quanto la missione che anima il comico: ridare al pubblico il senso di realtà di cui è stato privato in questi ultimi vent'anni di cultura televisiva di basso livello.
In conclusione arriva la "rivoluzione dei clown" come una ventata di aria fresca: le BCC, Brigate Clown Criminali, "attentano alla vita", in senso buono: il motto è riappropriarsi della cultura come diritto-dovere di tutti, ritornare ad essere liberi di fare, ma soprattutto di condividere. Essere il simbolo della rivoluzione che passa attraverso la resistenza di ciascuno di noi, come il "cane blu" che, secondo la leggenda triestina, resiste alla bora.
Marianna Norese