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RE ANARCHICO E I FUORILEGGE DI VERSAILLES (IL) - regia Paolo Rossi

"Il Re anarchico e i fuorilegge di Versailles", regia Paolo Rossi. Foto Massimiliano Fusco "Il Re anarchico e i fuorilegge di Versailles", regia Paolo Rossi. Foto Massimiliano Fusco

di Paolo Rossi
con Paolo Rossi, Renato Avallone, Marianna Folli, Marco Ripoldi, Chiara Tomei, e Francesca Astrei, Caterina Gabanella
Musiche dal vivo di Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciari
Luci Elena Vastano
Fonica Carlo Ferrara
Collaborazione all’allestimento Lucia Rho
Regia Paolo Rossi
Prosuzione TieffeTeatro Milano
Schio (Vicenza), teatro Astra, 6 febbraio 2020

www.Sipario.it, 7 febbraio 2020

L’essenza del teatro che nasce giullaresca, come non mai si materializza in questo spettacolo di Paolo Rossi, bravissimo fin da subito a tenere le fila di un gruppo di attori che come pretesto hanno il compito annunciato dallo stesso capocomico di andare a Versailles a fare uno spettacolo su Moliére-Rossi per dei non ben definiti ricchi (ma i ricchi sono quasi sempre uguali.) Partendo da un pre inizio (la gente ha appena incominciato ad accedere in sala, con le luci tutte accese) che ha del surreale assoluto, Rossi e i suoi collabor-attori sul palco già gesticolano e parlano fra loro, come in una sorta di prova prima dello spettacolo. Ma appunto, il pubblico sta già entrando e questa è una scena di un fascino notevole, non nuova, per carità, ma improntata da Paolo Rossi con un’ irriverenza tutta sua, che fa capire dove si andrà a parare. Cioè, verso l’improvvisazione, che la fa da padrona fino alla fine. La primissima parte sul palco dove il protagonista è con i suoi musicisti e una non ben precisata signorina ha più di qualcosa di grottesco e metafisico, con raggiungimento di un’ottima intesa tra Rossi e i già gaudenti e divertiti spettatori. Poi, all’entrata in scena degli attori, proprio quelli che dovrebbero andare a un’immaginata Versailles, la trama diventa per così dire più concreta e mostra il capocomico Rossi dare il via a una serie di improbabili provini agli attori stessi, per vedere le loro capacità. E’ un pretesto anche questo, appunto, un simbolo che porta chi guarda ad assistere alle reali capacità improvvisative del gruppo, ma ancor di più a vedere un grande e minuzioso lavoro su cos’è proprio la capacità di saper improvvisare, dove le basi tecniche di una scuola, o di un talento che può essere naturale comunque vengono fuori immediatamente. Tra canzoni strampalate, accenni politici (pochi), divagazioni sulla quotidianità e contaminazioni varie, ne vien fuori uno straordinario omaggio al teatro, alla sua essenza, quella citata a inizio articolo. L’essere giullare, la Commedia dell’Arte, i più o meno carichi sberleffi a potere e potenti, una provocazione continua sul filo del rasoio, le atmosfere ispirate a Dario Fo e a “Su la testa”, dove il pubblico si diverte e ride di gusto. Se qualcosa si deve recriminare, è la troppo poca dose di musica offerta (ci calzava a pennello qualcosa come “L’inquilino” di Cochi e Renato, già cantato da lui proprio a “Su la testa” con Cochi Ponzoni) e qualche lieve calo di ritmo, più che normale quando si improvvisa. Il resto è stato una festa, uno splendido appuntamento che gli scledensi hanno salutato, dopo la battuta di chiusura del nostro Moliére “Ognuno ha il governo che si merita”, con tanto affetto.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Febbraio 2020 20:11

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