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CINQUE SORELLE (LE) – di e con Irene Muscarà

"Le cinque sorelle", di e con Irene Muscarà "Le cinque sorelle", di e con Irene Muscarà

di e con Irene Muscarà
Omaggi femminili tratti dalle opere di Anton Cechov
Prodotto e organizzato dal Teatro dei Naviganti
Magazzini del Sale, Messina 4-5 gennaio 2020

www.Sipario.it, 6 gennaio 2020

Irene Muscarà, 35enne attrice di Messina, ri-torna nella sua città e ai Magazzini del Sale -Teatro dei Naviganti di Maria Pia Rizzo e Domenico Cucinotta dove giovanissima aveva fatto parte del cast di Giufà e Peter Pan, per interpretare adesso e mettere in scena Le cinque sorelle di altrettante protagoniste che hanno popolato i più significativi lavori di Anton Cechov. Uno spettacolo maturato da quando si è trasferita a Mosca, restandovi quasi un dozzina d’anni, laureandosi intanto in lingue in Italia, frequentando l’Università russa di arti teatrali (GITIS), la più grande e antica accademia teatrale della Federazione russa, fondata nel 1878, dove si è pure diplomata, lavorando nel contempo  al Teatro “Scuola d’Arte Drammatica” fondata da Anatolij Vasiliev, sempre con barba e codino, noto per i suoi stage in varie parti del mondo e pure in Italia per essere stato insignito nel maggio del 1990, nella Terza edizione del Premio Europa per il Teatro a Taormina, del 1° Premio per le nuove realtà europee, per essersi messo in luce due anni prima al Festival d’Avignone in un’innovativa messinscena dei Sei personaggi di Pirandello, allestendo poi nel gennaio del 1997 nel Convento dei Benedettini di Catania Le Lamentazioni di Geremia in occasione del 5° Premio Europa per il Teatro sempre a Taormina. Un metodo il suo che mette insieme gli insegnamenti di Stanislavskij e la biomeccanica di Mejerchol’d, come dire immedesimazione e straniamento del personaggio. Dottrine ben assorbite dalla Muscarà e messe in atto in questo suo spettacolo cechoviano, in cui sin dal primo personaggio che veste, ossia la governante Šarlotta Ivanovna de Il giardino dei ciliegi, appare in scena con un cagnolino al guinzaglio che mangia noccioline, in realtà un peluche color miele agitato di continuo, ancheggiando su tacchi a spillo rosse, da cui traspare una personalità misteriosa, che non sa niente dei suoi genitori e del suo passato, né quanti anni abbia anche se dice d’essere giovanissima, aspettando qualcosa di nuovo che non giungerà mai. Subito dopo la Muscarà indossando una lunga sottana si calerà nel ruolo di Nina Zarechnaya de Il gabbiano, aspirante attrice al centro d’una pièce scritta da Kostja che l’ama non riamato, stroncato dal letterato Trigorin, compagno di sua madre che ama Nina non ricambiato e che tuttavia vivrà con lei una tresca amorosa di due anni da cui nascerà un bambino, entrambi poi abbandonati al loro destino, riducendosi la giovane a calcare le scene di teatri di terz’ordine, mentre Kostja si suiciderà con un colpo di pistola. Se Il gabbiano è un vaudeville degli incontri mancati e degli amori male assortiti, non è da meno Il giardino dei ciliegi che vede al centro il personaggio di Ljuba, con una Muscarà sempre credibile, che ha nel cuore il lutto indelebile del suo figlioletto di 7 anni annegato accidentalmente in un fiumiciattolo e vive il rapporto extraconiugale con un tale di Parigi che ha dilapidato i suoi averi e che l’ha lasciata per un’altra e che, nel tempo presente, continua a mandarle missive e telegrammi in cui le chiede di raggiungerlo e accudirlo perché ammalato, costretta adesso, perché carica di debiti, a mettere all’asta la vecchia casa di famiglia col suo celebre e antico Giardino. Eccola adesso la Muscarà nei panni di Sonja Aleksandrovna, nipote di Zio Vanja che per quanto generosa e fattiva si vede brutta, colta accanto ad un appendiabito, infilare il braccio in una manica di giacca e accarezzarsi la guancia fingendo che sia un uomo a farlo, aspettando d’essere amata senza speranza dal medico Astrov. Zio e nipote amministrano senza entusiasmo le proprietà del cognato, che intanto sì è sposato una seconda volta con la bella Elena, coppia che alla fine andrà via lasciando quei poveri cristi a pensare solo a come tirare avanti in piena solitudine stretti in una grigia esistenza. L’epilogo è con Olga, la più grande delle Tre sorelle, la cui vita trascorre senza sussulti, tra il desiderio di andare a Mosca con le sorelle e una realtà quotidiana routinaria fra i banchi d’un liceo cittadino dove insegna, lei che si sarebbe accontentata di sposare pure un vecchio pur di non restare sola. Continueranno a riposare a sognare a vivere come possono i personaggi di Cechov, conservando nel cuore una speranza di cambiamento che forse non arriverà mai.  

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Gennaio 2020 09:10

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