Progetto e regia: Valeria Cavalli, Claudio Intropido
Coreografia: Susanna Baccari, Valeria Cavalli
Scene e disegno luci: Claudio Intropido. Consulenza musicale: Gipo Gurrado
Con: Francesco Alberici, Andrea Battistella, Ludovico D'Agostino, Jacopo Fracasso, Andrea Lietti, Isabella Perego, Maria Cristina Stucchi, Clara Terranova, Melissa Valtulini
Produzione: Quelli di Grock. Milano, Teatro Leonardo, Maggio 2012
Quando, sul finale, si affacciano dalle quinte gli attori/danzatori con in mano delle bacinelle piene d'acqua, gli spettatori della mia generazione presenti in sala hanno avuto un fremito: riaffiorava il ricordo degli splendidi giochi d'acqua – o forse, più propriamente, fuochi d'acqua – che suggellavano la prima edizione di Caos: ci sembrava di aver atteso per anni quel momento.
E il gioco è esploso, con gli effetti che ben ricordavamo e che, a vent'anni di distanza, conservavano tutta la loro magia.
Caos non è solo uno spettacolo, è un pezzo di storia del teatro milanese, e non soltanto. Suggellava la ricerca del gruppo "Quelli di Grock", nato nel '74, che era andato consolidando una sua poetica originale fra il mimico, il coreutico, l'attorale, connotata da una energia prorompente, atletica, ai limiti dell'acrobatico, ma sempre temperata dall'autoironia.
La prima edizione, dell'88, originariamente pensata per una platea di ragazzi, era intitolata Istruzioni per l'uso (una strizzata d'occhio al quasi omonimo testo di Georges Perec, uscito dieci anni prima), e solo nel '94 aveva assunto il titolo definitivo.
Per questo remix (un termine oggi alla moda, ma lo si perdona) il cast era stato totalmente rinnovato: età massima, ventinove anni, e poi giù giù, fino a diciassette; ragazze e ragazzi normali, nessuna bellona da copertina – per fortuna – ma tutti con una sicura presenza scenica, bravissimi, usciti dai corsi che da anni tiene la compagnia stessa, che si sottopongono a una performance fisicamente durissima, senza un attimo di tregua, eppure dando l'impressione, contagiosa per la platea, che in scena ci si diverta un mondo.
La nuova edizione presenta alcuni modifiche ed aggiunte rispetto al passato: fra le altre, una sorta di vertigine, ove una serie di rettangoli dorati, che costituiscono la sobria scenografia, diventano minacciosi e incombenti grattaceli animati; e poi due canzoni d'antan: Non, rien de rien, dell'immortale Edith Piaf, e Malagueñia, inserite con naturalezza in una colonna sonora quasi interamente segnata dai feroci ritmi percussivi della disco music anni '80.
Ma il fascino inossidabile dello spettacolo va al di là del suo apparente, spensierato giovanilismo. Vi è sottesa, infatti una grande ricchezza di suggestioni e di contenuti di alto profilo. Non è solo una trasparente parabola della nevrosi, della ricerca di visibilità, di successo, e del conseguante agitarsi ossessivo, propri della nostra società; a volerlo guardare in controluce, vi si trova anche una quantità di citazioni colte. Alcune sono esplicite (la lettura di un brano di Cortazar, a due voci); altre, più sotterranee, ma non meno identificabili, sia letterarie, sia iconiche: dalla surreale arguzia anglosassone dei limerick agli Esercizi di stile di Raymond Queneau, alle improbabili prospettive incrociate di Escher, al film Playtime di Jacques Tati.
Un grande regalo che Quelli di Grock hanno fatto, non solo a una giovane leva di attori, ma a tutto il loro pubblico: a chi vi ritrova, con nostalgia, le atmosfere della giovinezza; a chi vi assiste per la prima volta, con lo stesso godimento.
Claudio Facchinelli