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COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI (LA) - regia Giuseppe Pambieri

La commedia degli equivoci La commedia degli equivoci Regia Giuseppe Pambieri

di William Shakespeare
regia: Giuseppe Pambieri
con Giuseppe Pambieri, Micol Pambieri, Nino Bignamini, Vera Castagna
scene: Kim Marie Brittain
costumi: Lia Tanzi
Milano, Teatro di via Manzoni, dall’8 maggio al 3 giugno 2007

Corriere della Sera, 29 maggio 2007
Il Giorno, 13 maggio 2007
Il Giornale, 23 maggio 2007
Pambieri butta Shakespeare in farsa

Molti studiosi considerano «La commedia degli errori» di Shakespeare non un' opera di un principiante ma quella di un maturo talento drammaturgico. Shakespeare rielabora in modo sofisticato i «Menecmi» di Plauto combinandoli con alcuni accenti dell' «Anfitrione» per fare nascere l' assurda, esilarante macchina di una doppia coppia di gemelli separati dal caso, due padroni di nome Antifolo e due servitori di nome Dromio, abitanti a Efeso e a Siracusa. Gemelli identici che si rincorrono lungo un gioco funambolico di scambi ed equivoci. E Shakespeare si diverte, con un tempo e con una gradualità eccezionali, a combinare e scombinare le avventure di un padre in cerca del figlio di servi e padroni, di cortigiane e badesse, per correre verso un lieto fine. Lo studioso Harold Bloom sostiene addirittura che «Antifolo di Siracusa preannuncia gli abissi dell' io» rappresentati da Shakespeare nelle opere successive. Forse non ci si aspettava tanto dalla lettura registica che Giuseppe Pambieri fa del testo, ma neanche di fare un salto indietro di sessant' anni nel teatro del «capocomicato» dove l' attore di cartellone metteva in scena una commedia con il solo scopo di andare incontro al pubblico, senza - e non si chiede sempre al regista di essere l' ermeneuta del testo - una lettura registica con un minimo di originalità. Si cerca la risata punto e basta. Pambieri propone non una commedia ma una farsa piena di macchiette facili e di personaggi fortemente caratterizzati. E il pubblico ride, ma è come se ridesse per il solletico. In un' epoca senza tempo, i costumi spaziano dai jeans al rinascimento, accanto al pur bravo Pambieri, un doppio Antifolo, uno tonitruante l' altro con cadenze alla Stanlio, si prodiga una compagnia di bravi attori, Nino Bignamini, il doppio Dromio, l' esagitata Micol Pambieri (nella foto con suo padre), e tutti gli altri in linea con la scelta registica.

Magda Poli

Doppio Pambieri e figlia Micol in una «commedia» senza errori

Giuseppe Pambieri non s'accontenta della popolarità dei serial televisivi; si ricorda degli esordi con Shakespeare e tiene a seguire la carriera, in ascesa, della figlia Micol. Risultato: chiude la stagione del Manzoni, come regista e doppio interprete, con «The comedy of errors», commedia giovanile del grande William derivata, per amplificazione, dai «Menecmi» di Plauto. Spremendo le risorse comiche offerte dalla presenza di due coppie di gemelli (non di una come in Plauto) identici come gocce d'acqua. Da qui quiproquò e inganni a non finire, con abile e divertente scioglimento finale quando i gemelli - Antifolo di Siracusa, sanguigno mercante, e Antifolo di Efeso, snob che parla con nasale affettazione fra il cortigiano inglese e Oliver Hardy - si scoprono, in Siracusa, figli di una Madre Badessa e di un valentuomo avventuratosi a cercarli e che rischia il patibolo. Lia Tanzi, terza colonna della ditta Pambieri, stavolta non è in scena e si sbizzarrisce nel disegnare costumi atemporali e barocchi. La scena (Kim Marie Brittain) è di quinte aguzze, colorate e cubiste; aiuto regista è l'adattatore del testo Luca Simonelli, che all'afrore plautino preferisce toni da «brillant comedy», cui s'abbandona con talento Micol Pambieri nel ruolo della moglie del gemello mercante. Nino Bignamini è con versatilità l'altra coppia di gemelli, servi mazziati e contenti dei due Antifolo; un cast scatenato in farseschi cammei (con qualche eccesso) entra e esce nel «pasticciaccio degli errori» e qui è d'uopo citare Vera Castagna, che è la sorella sospirosa di Micol, Simonetta Potolicchio, avida cortigiana, Luisa Nisco, la Badessa, Dino Spinella, il padre alla gogna e in più ruoli stravaganti Orazio Stracuzzi. Ma è Pambieri che tiene i due ruoli con assai professionale perizia; e quando alla fine deve sdoppiarsi lo fa con sortite fulminee dalla porta girevole dell'abbazia. Applausi molti e non solo - importante sottolinearlo - sull'onda della notorietà televisiva.

Ugo Ronfani

Qui pro quo spassosi e divertissement nell’enigma dei gemelli

La storia del teatro, come si sa, abbonda di agnizioni all’ultimo istante, di feroci sconfessioni ad apertura di sipario e di spaventosi abbagli che generano pirotecnici caos a volte sfocianti addirittura nel delitto. Ma nulla è più gradito alle platee come agli autori degli scambi di persona, tanto che si può sicuramente rintracciare l’origine stessa del comico negli incantevoli qui pro quo delle false identità, con tutte le piacevoli e spiacevoli conseguenze del caso quando sul palco due gemelli, separati da un infausto destino e ricongiunti solo alla chiusa pacificante, si vedono costretti ad affrontare l’uno le situazioni che spettano all’altro. Dai Menecmi di Plauto fino ai famosi Gemelli goldoniani, per non parlare di tutti gli Anfitrioni che si sono succeduti nel tempo contagiando persino George Sand che ne compose uno su istigazione di Chopin, il palcoscenico europeo rigurgita di questo antico impagabile evergreen.
Cui non si sottrasse in età giovanile nemmeno Shakespeare quando congegnò la sua brillante variazione sul tema giustamente denominata Commedia degli equivoci, chissà perché assai poco frequentata da noi. Ed ora spiritosamente rivalutata da Beppe Pambieri che fa faville, oltre che come interprete della coppia gemellare nativa di Siracusa e sbarcata ad Efeso, come regista di un adattamento intelligente e spregiudicato. Che gioca le sue carte migliori, sulla scena semivuota e seminuda qua e là squassata da un asserrato assolo di pannelli, su uno squisito e paradossale onirismo. Caratterizzando entrambi i contendenti con sopraffina protervia non esente da soprassalti farseschi all’ennesima potenza e imponendo persino alle damine del ludo amoroso, la nera Adriana della dotatissima Micol che per amore rischia di somigliare a Lady Macbeth e la bianca Luciana dell’evanescente Vera Castagna, la dialettica implacabile degli opposti. Sotto luci saettanti di un nitore abbacinante, la contesa cortigiana si sposa dunque nei coloratissimi e pomposi costumi di Lia Tanzi a un raffinatissimo divertissement che sa di Marivaux.

Enrico Groppali

Ultima modifica il Lunedì, 12 Agosto 2013 10:30

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