di Italo Calvino
con Valeria Barreca, Tiziano Ferrari
voce registrata Mariangela Granelli
drammaturgia Cristina Grazioli, Fabrizio Montecchi
regia e scene Fabrizio Montecchi
disegni e sagome Nicoletta Garioni, musiche Alessandro Nidi, costumi Tania Fedeli
luci Davide Rigodanza, assistente alla regia Lucia Menegazzo
coproduzione Teatro Gioco Vita / Festival L'altra scena / EPCC - Théâtre de Bourg-en-Bresse, scène conventionnée, in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione
al Teatro Filodrammatici, Piacenza, 28 ottobre 2015, prima nazionale.
Uno schermo che ora è pagina scritta, ora cartina geografica, ora barriera, ma anche spazio attraversato dalle sagome che fanno dei cavalieri ombre che saltano fuori, come in un enorme pop-up. Sono queste alcune delle suggestioni visive offerte da Il cavaliere inesistente da Italo Calvino, riletto per la scena da Fabrizio Montecchi che firma la regia e la drammaturgia con Cristina Grazioli. La vicenda di Agilulfo, cavaliere inesistente che pretende di essere, quella di Gurdulù, tutto corpo e fisicità che non ha contezza di sè, l'amore per Bradamante, il racconto claustrale di Sor Teodora (voce registrata di Mariangela Granelli) trovano una loro sintesi narrativa nello spettacolo messo in scena da Teatro GiocoVita in cui la fascinazione delle ombre, l'utilizzo degli spazi e superfici su cui proiettare le sagome appagano l'occhio e confermano raffinatezza e poesia acclarate per la compagnia piacentina. I disegni e le sagome di Nicoletta Garioni sono personaggi, sono proiezioni – agite a vista da Valeria Barreca, Tiziano Ferrari – che quando hanno la possibilità di vivere di una loro indipendenza segnica dicono più di mille parole. Sono infatti le ombre e le sagome che convivono sulla scena con gli attori in carne e ossa che raccontano, fanno teatro della riflessione calviniana sull'essere e il non essere di quel cavaliere inesistente affamato di presenza e prigioniero della propria idealistica figura. E' l'aspetto del teatro di figura che più convince di questo macchinoso Cavaliere inesistente che per troppo dire rischia di non vedere quello che sa far accadere in scena col semplice gioco umbratile del teatro. Alla fin fine la drammaturgia si limita a mettere in fila la vicenda narrata che – chi ben conosce Calvino – è un pre-testo per dire altro: interrogarsi sulla scrittura e la vita, interrogarsi sulla pesantezza o leggerezza dell'essere. Ecco Il cavaliere inesistente di Fabrizio Montecchi si perde troppo nel raccontare la storia e finisce così col perdere in leggerezza e levità che pure emergono quando lo specifico del Teatro GiocoVita trova una sua libera espressione d'azione, magari librandosi sulle musiche composte da Alessandro Nidi. Plauso agli attori che si dannano e affannano nel fare e nel raccontar, plauso quando sono al servizio di quelle figurine che divengono continuazione dei loro corpi e racconto visivo di delicata poesia... Manca in tutto ciò l'ironia e la leggerezza calviniane ed è un peccato perché il materiale umbratile di GiocoVita sembra – nella sua storia e nella sua prassi – esso stesso materia calviniana. E così in quell'abbraccio finale unito o separato dalla pagina/schermo – a seconda dei punti di vista – sta l'insoluto e l'ambiguità dell'intera operazione scenica legata all'inafferrabile Cavaliere inesistente di Italo Calvino.
Nicola Arrigoni