progetto ispirato a 'L'amica geniale'
liberamente tratto dalla quadrilogia di Elena Ferrante
riscrittura di Chiara Lagani
regia Luigi De Angelis
con Chiara Lagani e Fiorenza Menni
ideazione di Luigi De Angelis, Chiara Lagani e Fiorenza Menni
drammaturgia di Chiara Lagani
regia e progetto sonoro Luigi De Angelis
cura del suono Vincenzo Scorza, costumi Midinette
produzione E/Fanny & Alexander, in coproduzione con Ateliersi
organizzazione e promozione Ilenia Carrone e Tithana Maravic
amministrazione Stefano Toma e Elisa Marchese
visto a Modena, al Teatro delle Passioni, 18 ottobre 2017
Da parte loro nessuna domanda imbarazzante è il primo tassello di un percorso – come usa fare Fanny & Alexander -, un percorso all'interno de L'amica geniale di Elena Ferrante, un viaggio in quella scrittura risonante e perturbante che Chiara Lagani e Luigi De Angelis insieme a Fiorenza Menni indagano, esperiscono attraverso il corpo, la voce, la musica, il movimento che si fa danza, l'esserci che si fa teatro. Nel primo dei quattro romanzi del ciclo L'amica geniale di Elena Ferrante, due bambine gettano per reciproca sfida le loro bambole nella profondità di uno scantinato. Quando vanno a cercarle, le bambole non ci sono più. Le due bambine, convinte che don Achille, l'orco della loro infanzia, le abbia rubate, un giorno trovano il coraggio di andare a reclamarle. Questa è la storia, questo il pre-testo, questo l'oggetto recitato e incarnato da Chiara Lagani e Fiorenza Menni di biancovestite prima, poi di nero, le due bimbe Lila e Lenù prima, poi le due bambole emerse da quella cantina, oppure le due bimbe morte con abito nero, labbra rosse e pallore cadaverico. La tentazione narrativa di chi recupera dalla memoria lo spettacolo è fuorviante per questo primo tassello di lavoro sulla e nella scrittura di Elena Ferrante. Fiorenza Menni e Chiara Lagani si presentano al pubblico identiche, l'una specchio dell'altra, in uno spazio scenico vuoto, con alle spalle un velario nero, quasi di studio di posa fotografico o forse quel buio dello scantinato in cui precipitano le bambole e le bimbe stesse. Ciò che Lagani e Menni raccontano è corpo in movimento. Luigi De Angelis costruisce per le sue attrici un tessuto sonoro e coreografico di assoluta ed esaltante precisa costrizione, transcodifica ritmo della narrazione, sonorità della lingua in una sorta di potente costruzione coreografica in cui i corpi di Chiara Lagani e Fiorenza Menni diventano segno, suono, fonema e parola. E' qui lo scatto di genio, è qui la provocazione semantica, è qui l'abisso che si apre davanti allo spettatore, l'abisso del linguaggio che evoca e crea. Ciò che Luigi De Angelis e le sue attrici realizzano è la trasposizione scenica della scrittura di Elena Ferrante, è il racconto di come la letteratura vera viva non tanto, o non solo di storie, ma di forma, di suono, di parole e bella scrittura, una scrittura che incide l'anima. Questo fanno Chiara Lagani e Fiorenza Menni costruiscono il legame fra le due donne in un intreccio coercitivo di parole, gesto, mimica, ritmo e tono, fanno in modo che il fonema, il significante piuttosto che il significato risuoni nello spettatore. Si assiste a Da parte loro nessuna domanda imbarazzante quasi in apnea, seguendo e facendosi coinvolgere dalla potenza espressiva delle due interpreti, vivendo la vicenda narrata da Ferrante come l'invito a farsi domande, forse imbarazzanti, a discapito del titolo, ma certamente disvelanti verità se non nascoste, taciute. Un piccolo capolavoro di cui si attende con fiducia il seguito.
Nicola Arrigoni