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TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K – regia Luigi De Angelis

"Trilogia della città di K", regia Luigi De Angelis. Foto Masiar Pasquali "Trilogia della città di K", regia Luigi De Angelis. Foto Masiar Pasquali

un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander
tratto dal romanzo omonimo di Ágota Kristóf
adattamento e drammaturgia Chiara Lagani
regia Luigi De Angelis
scene, luci, video Luigi De Angelis
costumi Gianluca Sbicca
musiche e sound design Mirto Baliani e Emanuele Wiltsch Barberio
allestimento multimediale Michele Mescalchin
scultura di scena Nicola Fagnani
con Federica Fracassi Agota Kristof, Clara, Madre vecchia, Madre del sogno
e con (in ordine alfabetico) Andrea Argentieri Sottoposto, Peter, Joseph l’ortolano, Vecchio curato, Uomo dell’ambasciata, Uomo del sogno, Medico, Disertore, Padre del sogno, Consuelo Battiston Yasmine, Sophie, Signorina dell’albergo, Infermiera, Antonia, Donna incinta , Alessandro Berti Lucas, Claus, Lorenzo Gleijeses Ufficiale, Victor, Michael l’insonne, Klaus  con la partecipazione in video di gemelli bambini Leone Maria Baiocco, gemelli adolescenti Yari Montemagno, madre Marta Malvestiti, padre Fausto Cabra, nonna Anna Coppola Libraio/calzolaio Giovanni Franzoni, Labbro Leporino Cloe Romano, Curato Renato Sarti, Ufficiale Mauro Milone, Attendente Alfonso De Vreese, Bambini Vittorio Consoli, Domenico Iodice, Nicolò Latte Bovio, Ragazzi Andrea Bezziccheri, Ion Donà, Edoardo Sabato, Soldato Lorenzo Vio, Cugina, infermiera Giada Ciabini, Madre internata Federica Fracassi, Sarah Nina Romano, Suora Chiara Lagani e le voci di gemelli bambini Vittorio Consoli, Labbro Leporino Virginia Consoli, Fantesca Chiara Lagani, Padre Jasmine Woody Neri, Klaus Renzo Martinelli
Si ringrazia Chandra Livia Candiani per aver prestato la sua voce per il personaggio di Mathias
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
allo Spazio Melato Piccolo Teatro Studio, Milano, 21 dicembre 2023

www.Sipario.it, 7 febbraio 2024

È strano, ma ci sono spettacoli che chiedono di passare dalla visione alla memoria per essere raccontati, lo chiedono per pudore, perché ciò che smuovono ha qualcosa di intimo e al tempo stesso di universale. È accaduto questo – almeno a chi scrive – vedendo la Trilogia della città di K di Ágota Kristóf, nella riscrittura drammaturgica di Chiara Lagani e nella concezione spaziale e registica di Luigi De Angelis. L’apertura è affidata alla stessa autrice, cui presta corpo e voce una irriconoscibile Federica Fracassi, che introduce lo spettatore nel primo tassello della trilogia: il Grande Quaderno. I due gemelli Claus e Lucas affidino il proprio racconto alle pagine del quaderno, donato loro dal padre in partenza per la guerra. I bimbi vengono consegnati alla nonna, una sorta di orco che ne metterà alla prova anima e corpo per allenarli al dolore e alla sofferenza. Tutto questo nell’invenzione scenica di De Angelis si compie come una sorta di narrazione straniata e affidata a una serie di video che delimitano lo spazio, chiedono allo spettatore di vagare con lo sguardo in un itinerario visivo e narrativo che a tratti stordisce e annichilisce. L’utilizzo della recitazione eterodiretta – col testo gettato in cuffia agli attori – impone una sorta di controllata dinamica in cui corpo e voce divengono strumenti di una parola che s’incarna in loro, quasi a dispetto della loro stessa volontà. Nella seconda parte la narrazione è agita. La prova – questo il titolo del secondo libro della trilogia – è affidata alla mobilità e potenza attoriale di Alessandro Berti – sublime nell’intensità del suo Lucas – che danza nello spazio e dialoga ora con Lorenzo Glejieses, ora con Andrea Argentieri ora con Consuelo Battiston in un gioco di ritrovamenti e rispecchiamenti che hanno una loro dolorosa epifania che toglie il fiato. Lucas fa ritorno a casa e da tutti è considerato ‘lo scemo’ del villaggio, un ritorno che lo porta a confrontarsi con Mathias, frutto della relazione del padre con Jasmine. Mathias è un bambino prigioniero del suo corpo ed è lì che ci guarda in una grande statua sul modello di quelle realizzate dallo scultore Ron Mueck che diventa un’immagine di infanzia dolente e violata. La terza menzogna – ultima sezione della trilogia - vede confrontarsi i due gemelli e di nuovo sparigliare le carte mettendo in dubbio come la storia dei due gemelli e la loro stessa duplice esistenza.  Ciò che accade è storia di parole, invenzione del linguaggio così Lucas e Claus sono l’uno di fronte all’altro, ma due estranei, forse. Nella Terza menzogna si svela l’intreccio, si scopre l’indicibile, ma forse anche in questo caso è solo un’invenzione in cui ciò che accade e viene detto non necessariamente collima con la realtà o la verità dei fatti. Ci si perde un po’ nella Terza menzogna, ma forse sta anche in questo il bello de La Trilogia della città di K., un romanzo feticcio, un lavoro teatrale che profuma di ardita scommessa, ma soprattutto che vuole indagare con intelligenza ed eleganza la potenza del linguaggio, la forza di quelle parole, scritte sul Grande quaderno e che nel momento in cui vengono scritte divengono realtà o forse sublime menzogna. Parole, parole, parole che la scrittrice compone, mette insieme e con esse inventa o reinventa, modifica o plasma la realtà, facendo della propria intimità un’esperienza condivisa nella lettura delle pagine della trilogia. Forse per questo, alla fin fine La trilogia della città di K. rappresenta non solo il desiderio di dare corpo scenico all’opera di Agotha Kristof, ma soprattutto è un lavoro con cui Luigi De Angelis e Chiara Lagani fanno i conti con la loro estetica, portano a magnificente realizzazione la loro costante riflessione sulla potenza del linguaggio, casa dell’essere. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Venerdì, 09 Febbraio 2024 05:43

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