di Eduardo De Filippo
Regia Roberto Andò
Personaggi e interpreti:
Teresa Lo Giudice, Carolina Rosi
Michele Murri, fratello di Teresa, Gianfelice Imparato
Luigi Strada, inquilino di Teresa, Edoardo Sorgente
Don Giovanni Altamura, padrone di casa di Teresa, Massimo De Matteo
Evelina, figlia di Don Giovanni, Federica Altamura
Ettore de Stefani, amico di Luigi, Andrea Cioffi
Vincenzo Gallucci, amico di famiglia, Nicola Di Pinto
Saveria Gallucci, moglie di Vincenzo, Paola Fulciniti
Olga, fidanzata di Ettore, Viola Forestiero
Croce, medico, Vincenzo D'Amato
Attilio Gallucci, fratello di Vincenzo, Gianno Cannavacciuolo
Checchina, cameriera, Paola Fulciniti
Nicola, cameriere, Boris De Paola
Un fioraio, Vincenzo D'Amato
Scene e luci, Gianni Carluccio
Costumi, Francesca Livia Sartori
Aiuto regia, Luca Bargagna
Aiuto scene, Sebastiana Di Gesu
Aiuto costumi, Pina Sorrentino
Produzione, Elledieffe – La Compagnia di Teatro Luca De Filippo. Fondazione Teatro della Toscana
Al Teatro Verdi di Pordenone, il 25.10.2019, Prima nazionale
Dalla prima messinscena del Teatro Umoristico dei fratelli De Filippo nel 1932, Ditegli sempre di sì ha sempre goduto di grande fortuna sulle scene. La commedia, originariamente rappresentata in napoletano, sviluppata a partire dalle improvvisazioni degli attori e contraddistinta dalla "comicità dolorosa" nell'interpretazione degli attori e in special modo di quelle eduardiane, in occasione della versione televisiva del 1962 è stata italianizzata da Eduardo ed è andata per la prima volta in scena con la compagnia di Luca De Filippo nel 1982, per essere poi ripresa nelle due stagioni successive e in quella del 1997-98.
Ditegli sempre di sì è una commedia sulla pazzia nelle sue varie declinazioni: la follia clinica del protagonista Michele Murri, il quale, ansioso di reinserirsi nella società dopo un soggiorno in manicomio, con una logica elementare si ostina ad attribuire un senso letterale ad ogni azione ed affermazione di chi lo circonda, dimostrandosi incapace di cogliere allusioni, ironie e qualsiasi uso metaforico o simbolico del linguaggio; la pazzia dell'attore dilettante Luigi Strada il quale vive in un mondo di illusioni fantastiche avulso dalla realtà e, da esibizionista incauto, reitera le sue performance inopportune creando disagio e confusione in Michele; la pazzia della società fatta di convenzioni, ipocrisie, inganni, illogicità, egoismi, smascherata dallo stesso Michele refrattario a qualsiasi tipo di ambiguità nella comunicazione interpersonale.
L'interferire di questi tre piani crea continui equivoci e malintesi alimentando una irresistibile comicità a tratti farsesca, ma al contempo accentua la drammaticità del conflitto tra "pazzi" e "normali", nei vani tentativi di Michele di ricondurre l'assurdità dei comportamenti sociali, ai suoi occhi innaturali e distruttivi, ad una forma di sanità etica e, per converso, negli effetti devastanti che quella stessa assurdità ha sulla mente del protagonista, frustrando ogni suo anelito di reinserimento nell'ambiente d'origine.
La regia di Roberto Andò ha articolato i tre livelli della pazzia alla base dell'ordito drammaturgico dando rilievo all'aspetto della "follia sociale" attraverso delle scene-tableaux in funzione di cornice all'inizio e alla fine dello spettacolo in cui il gruppo dei personaggi è apparso in camice bianco a rimarcare l'analogia tra il manicomio e l'ambiente sociale, e accentuando, come aveva già fatto Eduardo nelle ultime rielaborazioni del testo, l'antagonismo tra Michele e Luigi, rappresentanti i due diversi aspetti della pazzia tendenzialmente interscambiabili, quella biologica e quella artistica.
La prova interpretativa di Gianfelice Imparato, sulla scorta di quella eduardiana che sottolineava lo sforzo di Michele di attribuire un senso alla realtà circostante caricandosi di tensione patetica e svelando accanto alla follia del personaggio la sua sostanziale integrità morale contrassegnata da sete di verità e coerenza, ha mantenuto distinti i due aspetti contrastanti del personaggio, quello del malato di mente incline alla fissazione monomaniacale e all'auto-isolamento e quella dell'uomo semplice, ingenuo, a tratti infantile nel suo stupore e nella sua ostinata volontà di realizzazione dei propri desideri. Carolina Rosi ha dato un ritratto di Teresina, sorella di Michele, in chiave tendenzialmente drammatica, rendendone al meglio le sfumature psicologiche di donna divisa tra l'amorevole protezione e cura del fratello e la sofferta rinuncia alle aspirazioni sentimentali nei confronti del proprio padrone di casa Don Giovanni Altamura. Nelle vesti di quest'ultimo, Massimo De Matteo è stato incisivo sia come padre autoritario di Evelina che come innamorato svenevole di Teresina. Edoardo Sorgente, nei panni di Luigi Strada ha bilanciato l'aspetto comico del personaggio dello spiantato artistoide con quello patetico del giovane di buoni sentimenti, riamato da Evelina ma aborrito da Don Giovanni. Federica Altamura ha reso al meglio i tratti della passione amorosa di Evelina per il suo corteggiatore e aspirante marito Luigi. Andrea Cioffi ha tenuto il personaggio di Ettore De Stefani, amico di Luigi, nei limiti di una rappresentazione realistica, dando rilievo alle preoccupazioni conseguenti alle proprie malefatte, e un analogo stile interpretativo hanno adottato Paola Fulciniti sia nei panni di Saveria Gallucci, moglie dignitosa e responsabile di Vincenzo Gallucci, amico della famiglia Lo Giudice, che in quelli dell'energica e umana cameriera Checchina; Vincenzo D'Amato sia nei panni di Croce, un medico professionale e comprensivo, che in quelli del vivace e arguto fioraio; Gianni Cannavacciuolo in quelli di Attilio Gallucci, fratello di Vincenzo, sinceramente addolorato per la presunta scomparsa di quest'ultimo e convintamente a lui riconciliato; Boris de Paola, nei panni dell'attento e sobrio cameriere Nicola. Più caricaturali sono state le interpretazioni di Nicola Di Pinto nelle vesti di Vincenzo Gallucci, rigidamente ancorato ai riti sociali e ai risentimenti familiari e quella di Viola Forestiero nelle vesti di Olga, la fidanzata di Ettore, ritratta nei repentini passaggi da irrefrenabili manifestazioni di euforia ad altrettanto plateali accessi di malessere alla notizia della presunta vincita al lotto da parte del fidanzato.
Lorenzo Mucci