di Moni Ovadia
Regia: Moni Ovadia
Scene, costumi ed elaborazione immagini: Elisa Savi
Progetto audio: Mauro Pagiaro
Luci: Cesare Agoni, Sergio Martinelli
Interpreti: Moni Ovadia
Musiche dal vivo: Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca, Marian Serban
Produzione: CTB Centro Teatrale Bresciano, Corvino Produzioni
Genova, Teatro Nazionale di Genova, dal 23 al 26 gennaio 2020
L’intesa tra Moni Ovadia e il pubblico genovese continua ad essere forte e profonda in questa nuova produzione giunta sul palco del Teatro Nazionale di Genova dopo venticinque anni da Oylem Goylem, lo spettacolo che ha portato in scena il celebre personaggio di Simkha Rabinovich e lo splendido quadro della cultura yiddish. In Dio ride Nish Koshe gli elementi scenici, l’ambientazione fisica e ideale ricordano in pieno proprio Oylem Golem, di cui quest’ultimo testo rappresenta la continuazione. Lo spettacolo richiama la cultura ebraica, i suoi elementi visivi, la musica e soprattutto il witz, ovvero la peculiare comicità ebraica. L’ironia, l’orgoglio e la sottintesa amarezza sono i protagonisti della voce, del canto e della musica che arricchiscono lo spettacolo. La scena presenta l’impianto di Oylem Goylem su cui agiscono i sei artisti, vale a dire Ovadia e i cinque musicisti della Moni Ovadia Stage Orchestra. Tutti creano fin da subito molte emozioni. A partire dall’entrata in scena di Moni Ovadia e dei musicisti, che incedono con lenta cadenza dal fondo della platea, lo spettacolo offre una profonda comunione tra artisti e pubblico alternando commozione e sorriso. I sei artisti si mostrano sul palco come altrettante anime che si palesano nel cuore dell’uditorio. Dio ride Nish Koshe è un testo teatrale irresistibile, travolgente ed ironico come da tradizione dei racconti di Simkha Rabinovich, il personaggio già interpretato da Ovadia e con il quale l’attore di origine bulgara sembra vivere in intima connessione. Il tutto è eccezionale: l’ambientazione, la musica, la recitazione, la presenza scenica degli artisti ed una regia che conferisce allo spettacolo un grande ritmo nel sapere alternare, nei racconti e nelle musiche, la gamma di emozioni umane assolute nella loro grandezza. Il repertorio yiddish ebraico e il suo speciale witz conducono la coscienza a riflettersi nei propri paradossi di autodistruzione. Così Simkha Rabinovich e Moni Ovadia, in alcune studiate uscite dal personaggio, fanno amare e disincantate riflessioni politiche, ma sempre dirette ed illuminanti. Dio ride Nish Koshe è una superbo e riuscito turbine di emozioni, dove l’allegria, la riflessione, l’arte e il fatalismo scorrono nel corso dell’intero spettacolo grazie alla voce, alla musica e alle proiezioni, alle spalle degli artisti, di immagini e volti che danno una suggestiva dimensione visiva alle vicende che vengono sceneggiate con abilità. Ciò concorre a fondere le emotività nello spazio del teatro e il coinvolgimento della platea facendo emergere in maniera incisiva l’energia dell’attore. In Dio ride Nish Koshe Moni Ovadia si fa officiante del sacramento che è il teatro dove l’emozione e la scoperta, anche di sé stessi, costituiscono gli aspetti più significativi. Alla fine dello spettacolo e alla risoluzione del patto scenico si crea tra spettatori e attore una profonda simpatia. Non a caso il pubblico stenta a lasciare l’abbraccio con un artista di tale grandezza.
Gabriele Benelli