di Gianni Clementi
regia di Ennio Coltorti
con Alessandra Costanzo, Paola Tiziana Cruciani e Pietro Bontempo,
Catania, Teatro Brancati dal 7 al 24 aprile 2016
Tindara e Tullia sono due prostitute in pensione. L'appellativo della prima dalla chiara parlata catanese è Occhibeddi, quello della seconda dagli inconfondibili accenti romani è Sofia Loren. Le scorgiamo all'inizio della pièce Donnacce del prolifico Gianni Clementi nel modesto salotto di casa (la scena è di Jacopo Manni, i costumi delle Sorelle Rinaldi), tutte intente a mettere nei bagagli le ultime cose, per concedersi finalmente dopo 30 anni di onorata e tranquilla carriera, una vacanza in Egitto in un confortevole resort a 5 stelle di Sharm El Sheik. Invero è più la pimpante Tindara ad occuparsi in modo concitato che tutto sia a posto, notando che il trolley più voluminoso è oltremodo pesante e scoprendo che Tullia ci aveva infilato dentro abbondanti vettovaglie nostrane come se in quei posti ne sarebbero stati privi. L'agile regia di Ennio Coltorti, avvezzo da anni a manipolare commedie brillanti, tiene sempre desta l'attenzione del pubblico del Teatro Brancati di Catania, sganasciandosi dalle risate in particolare quel binomio di donne mature al mio fianco, tanto da non farmi sentire alcune battute. Nell'attesa che arrivi il taxi per portarle all'aeroporto, ecco piombare sul loro balconcino con un rumore fragoroso un uomo tutto borchiato di nero con maschera al volto, fuggito o reduce d'un incontro sadomaso con un trans brasiliano del piano superiore. Le due donne, davvero brave e perfettamente calate nei loro grotteschi ruoli, quelle interpretate dalla Tindara di Alessandra Costanzo e dalla Tullia di Paola Tiziana Cruciani, sono basite, incredule di vedersi davanti una specie di Zorro in calzoncini corti di pelle nera, che cerca in qualche modo un aiuto uno scampo o una via d'uscita. Il personaggio misterioso, anche lui all'altezza come le colleghe, è vestito con molto fair play da Pietro Bontempo, indugerà in un primo tempo a togliersi la maschera adducendo d'essere un personaggio molto noto del nostro paese, probabilmente un politico importante per l'appellativo "eccellenza" con cui verrà appellato poi dalle due donne. L'uomo si rasserena, si veste con i suoi costosi abiti, si trova a proprio agio in quella casa, sfodera il suo scibile e la sua cultura di fronte a due donne ignoranti e promette in cambio del loro aiuto una somma considerevole e aiuti logistici quando arriveranno in quel luogo di vacanza. Non sveleremo come si conclude la storia, diciamo solo che l'epilogo è tragico, volendo pure aggiungere che trovo questo lavoro di Clementi "minore" rispetto ai suoi precedenti, pieno di luoghi comuni e di stereotipi, prevedibile nel suo incedere, forse perché mancano altri personaggi che poteva essere chessò un magnaccia o un pappone che compariva improvvisamente chiedendo cose strane o dei clienti devoti (qui accennato soltanto da una telefonata d'uno di loro prima della partenza) che s'intrufolavano nella vita delle due Donnacce rimescolando e ingarbugliando il plot.
Gigi Giacobbe