di Spiro Scimone
con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Salvatore Arena, Gianluca Cesale
regia Francesco Sframeli
scene Lino Fiorito
disegno luci Beatrice Ficalbi
produzione Compagnia Scimone Sframeli, Festival delle Colline Torinesi, Théâtre Garonne Toulouse
Teatro Ca'Foscari, Venezia, 14 novembre 2012
Teatro sociale, politico, dell'assurdo ma così vero che inchioda lo spettatore di fronte alla cruda realtà dei fatti: questo è il teatro di Scimone Sframeli, compagnia innovativa che continua a provocare e a produrre pièce interessanti e di qualità; già con Pali e La busta veniva approfondita la ricerca verso una visione cinica e disillusa di una società invivibile e bisognosa di alternative, tematica ripresa, ora, anche in Giù.
In questo spettacolo di forte denuncia sociale, viene rappresento visivamente e senza mezzi termini il punto in cui siamo arrivati: in scena, un enorme cesso (sic!) che non lascia dubbi ed equivoci sull'interpretazione. È la materializzazione dell'unica via di fuga da una vita d'illusioni, violenze e ingiustizie. Da quest'assurda scenografia spuntano personaggi reali che 'fuori' non riescono più a vivere per diversi motivi: un figlio finito nel cesso per sfuggire alla società egoista e marcia, un prete "scomodo", Don Carlo, che non vuole più stare zitto e far finta di non sapere e il suo sacrestano che non si è mai ribellato perché non ne ha mai avuto la forza.
Fuori è rimasto solo il padre che, noncurante dell'eccezionalità dell'evento, continua a radersi la barba con gesti costanti e ripetitivi ma ascolta i drammi di un'umanità costretta all'esilio volontario in un luogo altro, 'giù', dove sì è rifugiata per ritrovare coraggio e dignità.
Forse allora è possibile imbattersi in una nuova civiltà altrove, in un luogo nuovo dove non è più necessario pensare al futuro, dove ci si può ribellare ai "furbi" e agli "ignoranti", dove si può finalmente denunciare, senza più paura, la violenza subita.
Sono personaggi che vivono in apnea perché l'aria, su, se la sono accaparrata i prepotenti, privandola agli altri che, senza poter più respirare, si stanno spegnendo. E con loro muoiono le idee, i pensieri, i sogni.
La poetica di Scimone Sframeli non si limita alla rappresentazione ma vuole coinvolgere attraverso la riflessione e vuole denunciare lo sporco che non può più essere tenuto nascosto. Il testo è basato su ripetizioni e ritmi cadenzati, tipici delle filastrocche di tradizione orale, così come i gesti dei personaggi sono ripetuti e semplici, creando come risultato una sorta di straniamento spaziotemporale.
La scrittura viene da Spiro Scimone sempre più scarnificata, diventa quasi didascalica, perché dichiara ogni azione per renderla subito comprensibile così da mantenere una funzione sociale ben precisa, di denuncia; la regia di Francesco Sframeli, infine, esprime bene la disillusione che traspare dal testo, così come la recitazione degli attori, perfetti nei loro ruoli tragicomici.
Giù compie una catarsi al contrario, dove, per salvarsi, è necessario annegare nei mali della società. Perché la redenzione è proprio lì.
Valentina Dall'Ara