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KATE FINN-IL MENO PER IL PIÙ - regia Fulvio Pepe

Ilaria Falini in "Kate Finn – Il meno per il più", regia Fulvio Pepe Ilaria Falini in "Kate Finn – Il meno per il più", regia Fulvio Pepe

di Ilaria Falini e Fulvio Pepe
con Ilaria Falini
regia Fulvio Pepe
produzione Fondazione Teatro Due
al Teatro Due, Parma, 20 ottobre 2018

www.Sipario.it, 29 ottobre 2018

Ci sono spettacoli che possono essere letti dal punto di vista della platea o per meglio dire: il cui effetto più interessante è la risposta del pubblico. E' questo il caso di Kate Finn – Il meno per il più di e con Ilaria Falini, la storia di Sara e del suo rapporto col cibo. Si parla della ricerca di cibi salutari e con la scusa della genuinità e salubrità dell'alimentazione emerge paradossalmente la condanna a una lenta morte per consunzione con il desiderio di cibarsi di solo di ciò che fa bene. In una parola: ortoressia. Ciò che fa Ilaria Falini, diretta da Fulvio Pepe, è raccontare la storia di Kate Finn, la prima ragazza morta di ortoressia. Nel testo di Pepe e Falini Sara è protagonista di una storia che può appartenere a tante ragazze come lei e che alla fine ci appartiene nell'attenzione ossessiva alla genuinità dei cibi. Forse proprio questa 'immedesimazione' sta alla base della partecipazione emotiva e reale del pubblico che assiste allo spettacolo, un monologo che sa usare atmosfere leggere per incidere ancor più su quel decesso per desiderio di voler mangiare sano. Nel testo costruito da Pepe e Falini c'è la fabula, c'è la forte caratterizzazione attoriale dei personaggi, c'è un linguaggio immediato e piano, c'è l'utilizzo di tempi verbali – l'imperfetto – che ti permettono di intuire che si sta assistendo a un racconto post-mortem. Tutto accade in un passato recente che ha ancora riflessi e strascichi nel presente, come insegna la grammatica. Sono allora la forza narrativa dell'imperfetto da un lato e dall'altra la chiarezza a tratti caricaturale che Ilaria Falini dà ai personaggi/testimoni del dramma di Sara a coinvolgere lo spettatore che partecipa, ride, si commuove e alla fine – pur nella prevedibilità a tratti del racconto – si compiace col vicino di aver capito tutto, anzi di aver intuito come la favola andava a finire, inconsapevole che quel finale era stato annunciato all'inizio e reiterato nell'utilizzo dell'imperfetto. Ilaria Falini tratteggia con fare caricaturale i vari personaggi, passando dal ruolo di narratore esterno a quelli degli amici, l'aspirante fidanzato e la stessa Sara ridotta a un mucchietto di ossa nel momento in cui la ragazza viene soccorsa dalla Croce Rossa. Kate Finn – il meno per il più è fa breccia sulla platea, è pane per i denti di un pubblico che chiede di capire tutto e al tempo stesso di essere guidato dal e nel racconto inscenato. Così anche la recitazione di Falini è una recitazione didattica come didascalico e a tratti un po' prolisso è il testo costruito dalla stessa attrice con il regista Fulvio Pepe. Quelle che potrebbero sembrare debolezze divengono risorse di leggibilità e fruibilità per un pubblico che va in cerca di bolo drammaturgico, che chiede al teatro di restituire una fotografia di sé e non un'alternativa e una messa in crisi di modelli e di comportamenti. In questo gioco del dire per riconoscersi rimane forte l'ossimoro che vede le persone affette da ortoressia intente a cercare cibi naturali e benefici per il proprio corpo, assillate da un benessere ossessivo che si straforma in una condanna al deperimento. Tutto ciò permane, ma edulcorato da un racconto che spiega forse troppo, troppo descrive e anche nella condanna della protagonista forse un consola un po' troppo.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 31 Ottobre 2018 22:05

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