di Arthur Miller
traduzione Masolino d’Amico
con (ordine alfabetico) Virginia Campolucci, Gloria Carovana, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase,
Andrea Di Casa, Filippo Dini, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia,
Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Aleph Viola
regia Filippo Dini
scene Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola
collaborazione coreografica Caterina Basso
aiuto regia Carlo Orlando
assistente scene Francesca Sgariboldi,
assistente costumi Veronica Pattuelli
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Stabile di Bolzano
Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Teatro Carignano (TO) 20 ottobre 2022
This is the end, my only friend, the end of our elaborate plans, the end of everything that stands, the end. No safety or surprise, the end. Le parole di Jim Morrison, grondanti disperazione e rassegnazione, inscindibili nella nostra memoria dalle drammatiche e cruenti immagini di Apocalypse now, capolavoro di Francis Ford Coppola, trovano in questo spettacolo piena consonanza e aderenza. Riproposte qui dal vivo, a metà spettacolo circa, dalla voce roca e ferita della bravissima Fatou Malsert (nei panni di Tituba, la giovane schiava negra del pastore Samuel Parris, destinata a essere la prima vittima di una lunga ondata di delazioni) e dai suoni strazianti della chitarra di Aleph Viola (qui nella triplice veste di musicista, autore delle musiche, attore), queste parole restituiscono pienamente il senso del Crogiuolo di Arthur Miller. E non vi è altra ragione di questa fine che la tendenza dell’uomo all’autodistruzione per futili motivi: interessi personali, risentimenti, antichi rancori, sete di vendetta, paure, piccoli odi quotidiani di chi si sente perennemente in credito con la vita. Filippo Dini, rimanendo fedele al testo, che si ispira all’infamante caccia alle streghe avvenuta nel 1692 a Salem, in Massachusetts, e che portò alla morte per impiccagione di decine e decine di innocenti, riesce sapientemente a evocare - con apporti sonori (il richiamo alla versione distorta dell’inno statunitense suonato a Woodstock da Jimi Hendrix) e scenografici (l’enorme bandiera americana verso cui tutti i personaggi, a inizio del secondo atto, si lanciano e sotto cui poi si nascondono le presunte streghe) - il clima inquietante del maccartismo che colpì lo stesso Miller, tradito dall’amico Elia Kazan. La rappresentazione stimola però anche riflessioni - seppure non dichiarate - all’epoca attuale, al bisogno umano di individuare a tutti i costi dei colpevoli, quando vengono a mancare le certezze su cui si fonda il nostro micro-mondo omologato e si è pervasi dalla paura. D'altronde, la scelta di non usare il sipario, né all’inizio né tra un atto e l’altro, e la discesa reiterata in platea da parte degli attori ci induce a credere che il teatro stesso, con il suo pubblico, non rappresenti che un’estensione del villaggio di Salem.
L’allestimento scenografico, frutto dell’ingegno di Nicolas Bovey (che anche questa volta ci sorprende mediante le sue felici intuizioni sceniche) è imponente, freddo, metallico, buio, così come ci si immagina debba essere un luogo dominato dalla paura, e difatti sono tutti luoghi di costrizione gli ambienti che, con la rotazione degli elementi scenici su sé stessi, si vengono a creare: la camera da letto di Betty Parris, la casa di John Proctor, la sagrestia della chiesa adibita a tribunale, la prigione .
Il crogiuolo di Dini è uno spettacolo in cui si percepisce con chiarezza l’onestà di intenti e il felice incontro tra arte e artigianato: vi è l’armonica combinazione di verosimiglianza e metafora, di dialoghi intimi e di coreografie corali, di tradizione e di innovazione, grazie al grande lavoro e alla professionalità di un’intera squadra di attrici, attori, musicisti, scenografi e macchinisti. La recitazione trasuda e grida violenza, a tratti persino eccessiva, ma grande plauso va a tutte e tutti per la passione e la cura nella costruzione e trasformazione, sia fisica sia morale, dei personaggi nel corso della vicenda. Versatile ed elegante Manuela Mandracchia nella duplice parte di Elizabeth Proctor e di Rebecca Nurse; energica e viscerale l’interpretazione di Virginia Campolucci nel ruolo di Abigail Williams.
Francesca Maria Rizzotti