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ILLUSIONE CONIUGALE (L') - regia Stefano Artissunch

“L’illusione coniugale”, regia Stefano Artissunch “L’illusione coniugale”, regia Stefano Artissunch

di Éric Assous Traduzione Giulia Serafini
con Rosita Celentano, Attilio Fontana, Stefano Artissunch
Regia, ideazione scenica e luci Stefano Artissunch
Direttore di scena Alessandro Campitelli
Scene Giuseppe Cordivani, Costumi Emiliano Sicuro
Produzione Danila Celani per Synergie Arte Teatro 
Borgio Verezzi, piazza s. Agostino, 19 luglio 2024

www.Sipario.it, 20 luglio 2024

La serata si è aperta con la consegna del premio (intitolato dal 2018 alla Fondazione Agostino De Mari), a Valentina Olla, come miglior attrice non protagonista del LVII Festival di Borgio Verezzi, per la sua magistrale interpretazione nello spettacolo Stanlio & Ollio. Amici fino all’ultima risata di Sabrina Pellegrino e Claudio Insegno. 

Un’altra prima nazionale al LVIII Festival teatrale di Borgio Verezzi, L’illusione coniugale del celebre e prolifico autore francese Éric Assous (che ha al suo attivo titoli famosi quali: Le montagne russe, Gli uomini preferiscono mentire, Le nostre donne, Cognate). Anche L’Illusione coniugale, titolo del 2009, è una pièce ben collaudata che da anni viene messa in scena in molti Paesi. Si tratta dell’ennesima variazione sul tema del triangolo (o dei triangoli) sentimentali, cavallo di battaglia del dramma borghese, forse fin troppo sfruttato e giunto, crediamo, al suo naturale epilogo; viste anche le imponenti rivoluzioni a livello sessuale e sociale che si stanno profilando in questi anni. Il soggetto mostra un po’ la corda e alcune battute o riferimenti risultano stantii (quante volte abbiamo sentito dell’abilità delle donne di simulare il piacere durante l’atto sessuale solo per compiacere gli uomini…)  e tuttavia, l’Autore sa cavare il massimo dal tema del conflitto di coppia e riesce ad attualizzare certe dinamiche con l’arma dell’intelligenza e dell’osservazione attenta ai mutamenti sociali. Il grande pregio dell’operazione di Éric Assous, e che ci pare essere stato pienamente colto dal regista, sta nel mettere in scena la fase terminale del fenomeno sociale denominato «coppia», quantomeno per come è stata concepita negli ultimi due secoli, mostrando il capovolgimento dei ruoli e la sottile e sotterranea tensione, che sfocia in vera aggressività verbale (e a tratti fisica) tra i personaggi coinvolti. Ed eccoci, quindi, al serrato confronto fra Giovanna (Rosita Celentano) e Massimo (Attilio Fontana) arrivati al redde rationem di una vita coniugale vissuta in un ambiente socialmente ricco e privilegiato, ma costruita su reciproci tradimenti mai confessati. Lui ha tradito numerose volte, ma si è sempre trattato di fugaci amplessi occasionali, lei una sola volta, ma è durato molto più a lungo e la donna, ovviamente, non rivela il nome dell’uomo che ha frequentato. Chi è più colpevole tra i due? Conta più la quantità di rapporti o la durata nel tempo? Domanda capziosa, ma per il maschio-alfa Massimo si tratta di un’umiliazione ed egli ha già in mente un possibile volto da sovrapporre all’amante di Giovanna: Claudio, il miglior amico di Massimo che spesso si incontra con Giovanna per delle partite a tennis. Claudio verrà pertanto invitato nella villa di campagna e qui la guerra tra i sessi toccherà il parossismo. Quest’ultimo personaggio, interpretato da Stefano Artissunch, ha delle nuances femminili nel suo carattere e ciò contrasta con l’atteggiamento di Massimo: aggressivo, contraddistinto da una prorompente fisicità nell’accostarsi alle persone, dominante e sicuro di sé. Claudio, reduce da un divorzio e da un licenziamento, si presenta elegante, mite, fragile (l’esatto opposto del risolto e risoluto amico); tra i due Giovanna, apparentemente spettatrice della lotta tra i maschi, ma, piano piano, emergerà chiaramente che ella sta dalla parte del remissivo Claudio. Alla fine le presunte debolezze di Claudio e Giovanna avranno la meglio sulla virilità di Massimo fatta di stereotipi e affermazione del sé. Messo alle corde dai due (forse davvero amanti?), alla fine Massimo capitolerà, minato nella sua sicurezza dal racconto di un rapporto omoerotico della moglie con la cameriera e dalla sensibilità dell’amico che, forse più e meglio di lui, ha saputo conquistarsi il cuore di Giovanna; oppure è stata solo un’occasione che la donna ha voluto prendersi, con la complicità dell’amico, per vendicarsi dei ripetuti tradimenti del marito e di cui è sempre stata a conoscenza. Assous ci lascia quindi col dubbio sullo scopo che sta dietro alle azioni dei personaggi, ma con la certezza dell’implosione di un modello di controllo sociale che ormai non tiene più.

I tre attori sono stati particolarmente efficaci nell’interpretare personaggi dalla psicologia molto complessa, regalandoci un finissimo gioco di sfumature, di sguardi, di voci, mimica e atteggiamenti che lentamente ne portavano in luce la personalità e, soprattutto, a seconda dei casi, l’evoluzione o l’involuzione caratteriale. Alcune scelte registiche nell’uso delle luci sono risultate interessanti, come la grande vetrata dietro la quale si muovevano le silhouette degli attori, quasi un gioco di ombre che svelava, oltre cortina, le verità nascoste: il rapporto tra gli amanti, le paure di Massimo… Azzeccata anche la parte musicale, Stefano Artissunch ha inserito brani (ne citiamo almeno un paio) come Storia d’amore e Et moi dans mon coin (in italiano Ed io tra di voi) scritte ed interpretate rispettivamente da Adriano Celentano e Charles Aznavour, entrambe connotate da un testo che va a rimarcare i risvolti di uno spettacolo che il pubblico ha dimostrato di apprezzare sottolineando il gradimento con applausi generosi e convinti.

Mauro Canova

Ultima modifica il Domenica, 21 Luglio 2024 11:37

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