domenica, 15 settembre, 2024
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L’AMORE SCOPPIÒ DAPPERTUTTO. PER FABRIZIO DE ANDRÈ - Cantato e recitato da Laura Marinoni

"L’amore scoppiò dappertutto. Per Fabrizio De Andrè", Laura Marinoni - Alessandro Nidi. Foto Laila Pozzo "L’amore scoppiò dappertutto. Per Fabrizio De Andrè", Laura Marinoni - Alessandro Nidi. Foto Laila Pozzo

Cantato e recitato da Laura Marinoni
Regia Emilio Russo Arrangiamenti Alessandro Nidi Produzione Tieffe Teatro
Musica Nidi Ensemble: Alessandro Nidi: pianoforte; Andrea Coruzzi: fisarmonica, flauto dolce, sassofono, chitarra; Sebastiano Nidi: percussioni; Filippo Nidi: trombone e tromba
Borgio Verezzi, piazza s. Agostino, 22 luglio 2024

www.Sipario.it, 24 luglio 2024

Verezzi, nell’ambito della LVIII rassegna del Festival teatrale ci offre una prima nazionale (il 21 luglio), che ha visto protagonista l’attrice e cantante Laura Marinoni in una interpretazione del repertorio musicale e poetico di Fabrizio De Andrè. Diciamo subito che non abbiamo assistito ad uno dei tanti «omaggi a de Andrè» spesso presenti nelle programmazioni di talune manifestazioni e che nulla aggiungono all’arte del cantautore genovese (se non indurre una sottile nostalgia per l’originale). Laura Marinoni e Alessandro Nidi, intelligentemente, non si sono prestati a questo gioco al ribasso, preferendo puntare ad una interpretazione che ha dato modo di apprezzare testi e musiche del cantautore da un punto di vista nuovo ed intellettualmente seducente. Lo spettacolo è suddiviso in quattro parti distinte che potremmo indicare sommariamente in altrettante categorie, ovvero come De Andrè si è misurato con la politica, la morte, Genova e l’amore. Nella prima parte la Marinoni ha interpretato Morire per delle idee (traduzione dall’omonima canzone di Georges Brassens), La domenica delle salme, Canzone del maggio e una originalissima versione di Recitativo inframmezzata da Canzone per l’estate; nella seconda parte abbiamo ascoltato La collina, Il suonatore Jones, Preghiera in gennaio (dedicata a Luigi Tenco) e Tre madri. Come si vede, accanto a brani famosi, canzoni meno note al grande pubblico, spesso tratte dal repertorio giovanile. L’interpretazione di Laura Marinoni ha mostrato fin da subito la tessitura dello spettacolo che non concedeva nulla all’aspetto meramente edonistico, ma puntava a spremere dalle parole del cantautore il senso profondo della delusione e dell’utopia e l’approccio alla morte sempre in bilico tra ironia e disperazione. Una prima parte struggente, cupa a tratti, meditativa ed intensissima: un collage sapiente che ha rivelato la continuità e la coerenza di pensiero di De Andrè nel corso di quasi quarant’anni di attività. L’attrice milanese ha enfatizzato i suoni e le parole, trasformandole in grande teatro, in un recital di musica e poesia. Dopo le prime due sezioni il Nidi Ensemble ha proposto una suite musicale in cui hanno accennato Valzer per un amore, Ballata del Michè, Via del Campo e Un ottico. La seconda parte dello spettacolo, più distesa rispetto alla prima, si è aperta con Genova blues (scritta a quattro mani con Francesco Baccini: omaggio a Genova e alla squadra del cuore), ed è proseguita con due brani da Crêuza de mä (A duménega e Da a me riva). L’ultima sezione si è aperta con Giugno 73, poi Jamin-a e, a seguire, una bellissima Nancy (cantata, nella prima parte, nella versione originale di Leonard Cohen e, nella seconda, nella traduzione di De Andrè). Infine due ritratti femminili tra i più ispirati del cantautore: Se ti tagliassero a pezzetti e Bocca di rosa. Un accenno al Bolero di Ravel ha introdotto Smisurata preghiera (preghiera laica ispirata all’opera di Àlvaro Mutis). Lo spettacolo si è chiuso con una versione struggente e tesissima di Sidún, forse la canzone più intensa di Crêuza de mä in cui, esattamente quarant’anni fa, De Andrè immaginava le lacrime di un padre palestinese che raccoglieva i resti del figlio bambino macinato dai cingoli di un carrarmato israeliano; come ha sottolineato la Marinoni: «Dopo tanti anni non è cambiato niente». Sidún: un grido di dolore e di disperazione a chiudere, come in un cerchio ferreo che non lascia scampo, il discorso amaro sulla morte e la politica con cui si era aperto lo spettacolo. Ne è uscita l’immagine di un De Andrè profondo, in dialogo con Villon e Baudelaire, sottratto alla olografica immagine che ne hanno troppo spesso tratteggiato i media. Laura Marinoni, dalla cui interpretazione sentitissima, traspare l’amore per De Andrè, ha saputo andare oltre, riuscendo a ricomporre, sfiorando tutti gli album del cantautore, un mosaico di pensieri divergenti ed umanissimi ed una linea morale e intellettuale coerente che ci mostrano Fabrizio De Andrè quale autore ancora in parte da scoprire. 

Faremmo però torto a non sottolineare il rilievo della parte musicale (affidata ad eccellenti esecutori) e qui un plauso convinto va ad Alessandro Nidi ed ai suoi arrangiamenti audaci e a tratti spiazzanti (abbiamo detto dell’intarsio raveliano, ma anche il Bach della Passione secondo Matteo). Su una base fondamentalmente jazz, Nidi si è divertito a sottolineare con un uso straordinario delle percussioni e dei toni scuri del trombone gli abissi e le pagine dolorose della poetica deandreiana, ma anche la fisarmonica di Andrea Coruzzi ed un pianoforte incisivo e brillante dello stesso Alessandro Nidi ne hanno accompagnato gli aspetti più gioiosi. Al termine applausi calorosi hanno salutato uno spettacolo coinvolgente ed emozionante. 

Mauro Canova

Ultima modifica il Mercoledì, 31 Luglio 2024 23:20

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