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LITTORAL - regia Vincenzo Picone

"Littoral", regia Vincenzo Picone "Littoral", regia Vincenzo Picone

di Wajdi Mouawad
traduzione Giulia Pizzimenti
con Davide Gagliardini, Silvia Lamboglia, Luca Nucera,
Gian Marco Pellecchia, Giulia Pizzimenti, Massimiliano Sbarsi, Emanuele Vezzoli

scene di Mario Fontanini, luci di Luca Bronzo
regia di Vincenzo Picone, assistente alla regia Mattia De Luca
produzione Fondazione Teatro Due
visto al Teatro Due, Parma, 7 novembre 2017

www.Sipario.it, 7 novembre 2017

C'è voglia di un teatro che faccia mondo, che sappia raccogliere l'eredità di un passato, di una tradizione ma abbia anche la forza di guardare l'orizzonte e proiettarsi in un'avventura tutta sua, una possibile prospettiva di valore e di futuro. Dopotutto nella parola eredità c'è il senso di questo passaggio, così come nel termine tradizione c'è il significato di passare attraverso un'esperienza che trasforma per approdare a nuova vita.
Ed è quanto accade in Littoral di Wajdi Mouwad, in prima assoluta per l'Italia nella traduzione di Giulia Pizzimenti. La pièce racconta la storia di Wilfrid che viene a sapere della morte del padre proprio nel bel mezzo della migliore scopata della sua vita. La morte del padre gli svela che la sua nascita è coincisa con la morte della madre: morte e vita si specchiano l'una nell'altra. Dalla necessità di dare sepoltura a quel padre che non ha conosciuto e che è morto improvvisamente accanto a una valigia rossa piena di lettere per il figlio mai spedite parte un viaggio, che è percorso di formazione, fantasia, crociata di folli in cerca di un senso da dare alla vita, ma è anche ritorno alla terra degli avi, in cerca di riposo dagli orrori della guerra per poi ripartire e ricostruire. Littoral si nutre di mille e una storia, sembra volere assommare in sé i topoi della cultura occidentale: da Edipo, ad Antigone, guardando ai poemi omerici, passando per Amleto e strizzando l'occhio all'Idiota di Dostoewskij. Tutto ciò si compie in un accumulo di segni in cui trova spazio fulmineo la presenza di una troupe cinematografica intenta a girare un film con protagonista lo stesso Wilfrid... ma è un passaggio, un suggerimento che si perde in un mare magno di riferimenti e ammiccamenti.
Così Wilfrid (Gian Marco Pellecchia) assomiglia un po' ad Amleto, affiancato dalla presenza onirica e ricorrente di uno strano cavaliere arturiano (Emanuele Vezzoli) che lo accompagna e dal cadavere del padre (Massimiliano Sbarsi) che si porta sulle spalle – come Enea con Anchise – in cerca di un luogo degno per la sepoltura. In questa ricerca – in un paese violentato dalla guerra – Wilfrid incontra altri giovani come lui che nel dire la loro storia raccontano di un padre ucciso dal figlio che non l'ha riconosciuto, come accade a Edipo (Davide Gagliardini), di un figlio (Luca Nucera) costretto a palleggiarsi fra le mani la testa del genitore... Storie, storie raccontate lungo un cammino di fuga dall'orrore e di ricerca di senso in cui la memoria sta in una serie di elenchi telefonici che custodisce una nuova Antigone (Giulia Pizzimenti), oppure in una canzone come motivo di sopravvivenza per un nuovo aedo (Silvia Lamboglia). Wilfrid incontra altri figli orfani di padre e con loro intraprende quell'itinerario verso il mare, verso il litorale che spalanca un orizzonte e si offre come luogo a cui affidare il corpo del padre che è ormai padre di tutti. Tutto questo accade con un ritmo narrativo a tratti ridondante, con un procedere epico che la regia fluida e dotta di Vincenzo Picone conduce con mano sicura, affidandosi – un po' come accade al testo dell'autore di origini libanesi ma che ha trovato fortuna in Europa – al teatro e ai suoi segni, spaziando da Brecht, alle pedane dei misteri medioevali. Come non intravvedere certo ronconismo, oppure la fascinazione per la gestualità di certo teatro antropologico con qualche concessione ad atmosfere rubate all'inquietante e disorientata umanità di Madre coraggio. In Littoral c'è tanta, tanta carne al fuoco che Vincenzo Picone e i suoi giovani attori dimostrano di saper assecondare, senza farsi travolgere. È questa un'abilità che permette al magmatico racconto di vivere sulla scena una sua pur roboante e a tratti ipertrofica linearità narrativa che riesce a catturare un pubblico di giovanissimi che forse si rispecchia nel conflitto con il padre, ma anche nell'ansia di trovare una propria strada.
Littoral – contestualizzato nella programmazione dello stabile di Parma - sembra rispondere a un preciso percorso di racconto e di estetica che Fondazione Teatro Due sta portando avanti affrontando i grandi classici (I persiani, ma anche le riscritture del mito come l'Odissea di Kazantzakis), ripescando esperienze sceniche della propria storia (su tutte L'Istruttoria) e cercando il termometro della contemporaneità in autori che sanno coniugare presente e una solida conoscenza del repertorio drammaturgico codificato dalla tradizione. C'è voglia di costruire con vecchi e giovani attori dell'ex collettivo una nuova mitopoietica che si faccia mondo, che costruisca le coordinate di un sapere e di un agire che diano sicurezza e creino un teatro/mondo condiviso o da condividere. Tutto ciò si compie sull'eredità di un passato mitico, universale e particolare, nella convinzione che questa eredità possa fare da humus per una rinascita possibile. Questo obiettivo sembra condividere Littoral e l'azione che Vincenzo Picone – per conto di Fondazione Teatro Due diretta da Paola Donati – sta portando avanti nei rapporti con il pubblico dei giovani. Ma questa è un'altra storia, ma pur sempre una storia di figli senza padri in cerca di un'eredità possibile a cui appoggiarsi per trovare slancio per il futuro.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Novembre 2017 11:29

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