di Carlo Goldoni
regia di Elena Bucci e Marco Sgrosso
con Elena Bucci, Marco Sgrosso, Daniela Alfonso, Maurizio Cardillo, Gaetano Colella, Nicoletta Fabbri, Roberto Marinell
disegno luci di Maurizio Viani, suono Raffaeal Bassetti, dattore luci Matteo Nanni, direttore di scena Giovanni Macis, costumi di Marta Benini, parrucche di Denia Donati
produzione Centro teatrale Bresciano e Le Belle Bandiere
Brescia, Teatro Sociale, dal 26 gennaio al 7 febbraio 2010
Trieste, Teatro Orazio Bobbio 10 dicembre 2010
Lei ha l'abilità di condurre gli uomini dove vuole. Stiamo parlando naturalmente di Mirandolina, l'intraprendente "carattere" goldoniano che tante riletture ha avuto nel corso del '900. Quella di Elena Bucci, della compagnia Le Belle Bandiere, rimanda ad una burattinaia senza scrupoli, ad una cinica maestra di macchinazioni e raggiri, pronta a tutto pur di vincere la sfida con l'altro sesso. Nella sua regia de "La Locandiera", in cui veste anche i panni della protagonista, emerge un universo senza tempo alla deriva, descritto nei momenti topici dei dialoghi anche con la presenza sonora di fastidiosi scricchiolii, simili a quelli di una vecchia nave che sta per sprofondare negli abissi. E destinati al naufragio sono pure tutti gli altri personaggi, quasi delle marionette stilizzate colte in una dimensione piuttosto negativa, senza particolari approfondimenti psicologici. Appaiono tutti straniti, divisi tra interessi economici e conquiste amorose, e mettono in scena una commedia che vira verso la farsa. Ad arricchire la scarna scenografia, delineata soprattutto dal disegno luci di Maurizio Viani, è presente anche l'uso del teatro delle ombre, in un gioco di moltiplicazioni di presenze e nere silhouettes. Al centro campeggia un semplice e lungo tavolo, luogo di confronti e duelli verbali, luogo di comunanza e distanza tra i vari tipi umani che la musica melodrammatica scelta dileggia ancor di più. Vittima in divenire della stratega di sentimenti, colui che cade gradualmente nel laccio di Mirandolina senza rimedio e si confronta con più veemenza con lei è l'impudente e misogino Cavaliere di Ripafratta cui dà voce l'insofferente Marco Sgrosso. Ma convincenti e inclini alla pantomima sono anche le prove degli altri attori (Maurizio Cardillo, Gaetano Colella, Nicoletta Fabbri, Daniela Alfonso, Roberto Marinelli) in un divertissement dolceamaro che alla fine riserva una débâcle bruciante per tutti, in primis il matrimonio con il cameriere Fabrizio della padrona-imprenditrice.
Elena Pousché
C'è poco da ridere e molto da pensare e di cui inquietarsi ne La locandiera diretta e interpretata da Elena Bucci, messinscena intelligente che conferma la capacità delle Belle Bandiere di cogliere dai testi aspetti inediti od offrire letture mai banali. In quella locanda fiorentina si mette alla prova l'intelligenza delle donne, si gioca col fuoco, si rischia di anticipare il dramma borghese. La determinazione di Mirandolina nel voler sfidare la misoginia e misantropia del Cavalier di Ripafratta rischia di rendere infrequentabile il lieto fine della pièce che solo la cultura illuminista di Goldoni sa recuperare con scarto morale e rispetto della tradizione, lui che la tradizione innovò e rivoluzionò consegnando al passato la Commedia dell'Arte. La sfida della Locandiera è una sfida di donna, con tutta la determinazione delle donne nel conseguire i loro obiettivi, ma anche con il rischio di perdere il controllo, di farsi dominare dal gioco e caderne vittima. Elena Bucci dà vita ad una Locandiera sulfurea che non ha nulla di lezioso, le cui atmosfere a tratti cupe ma mai tristi ricordano i quadri del Longhi. La sua Mirandolina è donna che sa il fatto suo, è donna che gestisce una locanda e che non può concedersi a frivolezze, è donna che sfidata risponde alla sfida. E la sfida è quella del cavalier di Ripafratta disprezzator delle donne (Marco Sgrosso), cui si contrappongono le smancerie del Conte d'Albafiorita (Maurizio Cardillo) e del Marchese di Forlipopoli (Gaetano Colella), rispettivamente immagine dell'aristocrazia del danaro e di quella decaduta del sangue. A Elena Bucci interessa analizzare il lato nero del testo, il gioco portato all'estremo fino alla crudeltà che rischia di trasformarsi in dramma. Il rischio del dramma sta nell'innamoramento improvviso del cavaliere di Ripafratta, amore disperato proprio perché nuovo e inatteso. Il dramma sta anche nel rischio che Miarndolina corre di perdere la mano di Fabrizio, il cameriere, a lei destinato non per amore ma per omogeneità di estrazione sociale e poi perché alla fine una donna – pur avendo dimostrato la sua indipendenza – non può restar sola. Avvalendosi delle luci longhiane di Maurizio Viani e di una scenografia che ruota intorno ad un tavolo Elena Bucci costruisce uno spettacolo coerente e ricco di tensione, affidato ad una compagnia di attori ben assortita e completata da Daniela Alfonso (Dejanira) e Nicoletta Fabbri (Ortensia) e Roberto Marinelli (Fabrizio). Il cuore della vicenda vive di una tensione drammatica che non dà respiro e ha nella fisicità dinoccolata e nervosa di Elena Bucci l'immagine stessa di una Locandiera squisitamente novecentesca. Laddove il teatro goldoniano prende il sopravvento, nelle parti più di maniera del testo – come quella affidata alle commedianti o il gioco della boccetta – la messinscena vira verso un contesto metateatrale che stupisce e dimostra grande gusto e intelligenza. Laddove i personaggi perdono in consistenza e acquisiscono in funzione drammaturgica si fanno burattini, immagine stereotipata e assoluta del teatro e del suo gioco. La locandiera, riletta registicamente da Elena Bucci e sostenuta da una colonna sonora operistica di stampo ottocentesco, è uno spettacolo di stampo tradizionale, molto curato, una proposta di lettura del capolavoro goldoniano che non può lasciare indifferenti.
Nicola Arrigoni